Maradona è morto, viva il dio del calcio

Flickr.com / Eduardo Meneghel

Magazine, 25/11/2020.

È stato probabilmente il più grande di tutti. Il simbolo di un'epoca, per molti addirittura una divinità scesa in terra. Diego Armando Maradona è morto mercoledì 25 novembre 2020, l'annuncio è arrivato improvviso dai media argentini: sarebbe stato un attacco di cuore, nella sua casa di Tigre, vicino a Buenos Aires, a stroncare la vita del grande calciatore. Maradona aveva da poco compiuto 60 anni ed era reduce da un intervento chirurgico al cervello.

Chi non ha mai visto giocare Maradona, chi non ha vissuto gli anni della sua ascesa e del suo declino difficilmente può comprendere fino in fondo cosa abbia significato per il mondo del calcio, e non solo. Forse basterebbe guardare il celebre video del riscaldamento prima della partita tra Bayern Monaco e Napoli nell'aprile del 1989, sulle note di Live is Life, per comprendere come lui e il calcio fossero una cosa sola. Un palleggio che sembra una danza, o viceversa. Una delizia per gli occhi e per l'anima.

La parabola sportiva e umana di Maradona ha illuminato un decennio, tra gli anni Ottanta e i primi Novanta. Tocco di palla sopraffino, visione di gioco senza eguali, dribbling prodigioso e personalità battagliera ed estrosa sono tra le caratteristiche che lo hanno portato a condurre le sue squadre a trionfi epici, come la vittoria dei Mondiali con l'Argentina nel 1986 (memorabile la sua doppietta contro l'Inghilterra, prima con la mano de dios, poi mettendo a segno quello che è unanimemente considerato il gol più bello di tutti i tempi) e i due Scudetti con il Napoli, nel 1987 e nel 1990.

Tante luci nella carriera di Maradona, ma anche parecchie ombre - gli eccessi, l'alcol, il cibo, la droga, i problemi con la giustizia - che lo hanno portato ad un lento declino: dopo la fuga da Napoli del 1992 in seguito a un controllo antidoping che lo aveva decretato positivo alla cocaina, l'ultimo vero guizzo del Pibe de Oro (ovvero ragazzo d'oro, il suo storico soprannome) risale ai Mondiali americani del 1994, con l'iconico urlo liberatorio in seguito a un gran gol segnato contro la Grecia.

Maradona ha appeso gli scarpini al chiodo nel 1997, dopo un paio di stagioni al Boca Juniors, la squadra che lo aveva lanciato 16 anni prima. In seguito al ritiro dal calcio giocato ha tentato la carriera di allenatore, prima della Nazionale albiceleste, poi di squadre emiratine, messicane e argentine, senza mai neanche lontanamente replicare i successi ottenuti da calciatore. A poche ore dalla sua morte, a Napoli - la città a cui ha regalato il sogno più grande - si sta già parlando della possibilità di intitolargli lo stadio San Paolo; e l'Argentina ha proclamato tre giorni di lutto nazionale.

Di Luca Giarola

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