Magazine, 30/06/2025.
Il tema delle donne di conforto (in giapponese ianfu) rappresenta uno degli aspetti più controversi della storia del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale. Queste donne, provenienti principalmente dalla Corea, dalla Cina e da altri paesi asiatici, furono costrette a lavorare nei bordelli militari giapponesi, subendo abusi e violenze. Negli ultimi decenni, la questione ha suscitato un acceso dibattito, con studiosi come Ikuhiko Hata e J. Mark Ramseyer che hanno proposto interpretazioni revisioniste.
Per comprendere appieno la complessità del fenomeno, è fondamentale analizzare anche la storia della prostituzione in Giappone e l'influenza dello Shintoismo sul ruolo delle donne nella società giapponese.
Ikuhiko Hata e la reinterpretazione delle donne di conforto
Ikuhiko Hata, storico giapponese, è noto per le sue posizioni revisioniste riguardo alle donne di conforto. Nel suo libro Comfort Women and Sex in the Battle Zone, Hata sostiene che la maggior parte di queste donne fossero prostitute volontarie, reclutate attraverso contratti lavorativi e non costrette con la forza dall'esercito giapponese. Secondo Hata, molte donne provenivano dal Giappone stesso e accettarono il lavoro nei bordelli militari per motivi economici. Questa visione contrasta con la narrativa predominante, che descrive le donne di conforto come vittime di schiavitù sessuale imposta dall'esercito imperiale.
Le posizioni di Hata hanno suscitato critiche da parte di numerosi storici e attivisti, che le considerano una minimizzazione delle sofferenze subite dalle vittime. Tuttavia, il suo lavoro ha influenzato il dibattito pubblico in Giappone, contribuendo a una revisione della memoria storica nazionale.
J. Mark Ramseyer e la controversia accademica
J. Mark Ramseyer, professore di diritto alla Harvard Law School, è diventato il centro di una tempesta accademica e mediatica dopo la pubblicazione di un articolo nel 2021 intitolato Contracting for Sex in the Pacific War. In esso, sosteneva che molte delle cosiddette donne di conforto avessero firmato volontariamente contratti come prostitute, agendo da agenti economici razionali in cerca di stabilità economica. Le sue tesi si fondavano sull’analisi di contratti simili usati nel Giappone dell’epoca, ma non specificamente sui documenti riguardanti donne coreane.
La reazione non si è fatta attendere. Molti accademici, soprattutto nel campo degli studi giapponesi e della storia dell’Asia orientale, hanno criticato aspramente Ramseyer per la mancanza di fonti dirette e per l'approccio considerato revisionista e ideologico. Alcuni lo hanno accusato di riscrivere la storia in favore di una narrativa nazionalista giapponese, mentre altri hanno espresso preoccupazioni sull'etica accademica e sul possibile impatto delle sue dichiarazioni sulle vittime ancora in vita.
A rafforzare la sua posizione è intervenuto il libro The Comfort Women Hoax: The Memoirs of a Academic Outsider (2022) di R. Mason, un saggio/memoir che difende esplicitamente Ramseyer e lo presenta come una voce coraggiosa contro una narrativa imposta dalla politica e dall'attivismo internazionale. Il libro sostiene che l’intero dibattito sulle donne di conforto sia stato costruito su presupposti ideologici e falsificazioni, accusando i critici di censura e di intimidazione nei confronti degli studiosi dissidenti. Tuttavia, anche questo libro ha sollevato preoccupazioni per il suo tono aggressivo e il suo approccio selettivo alle fonti storiche. Recensioni come quella pubblicata da Japan Forward lo difendono come un contributo utile per riequilibrare un dibattito politicizzato, ma altre voci lo definiscono un esempio di revisionismo pericoloso, che rischia di silenziare le testimonianze delle vittime.
In sintesi, Ramseyer e i suoi sostenitori, come l'autore di The Comfort Women Hoax, sostengono che la questione sia stata manipolata per fini politici e ideologici, mentre i suoi critici lo accusano di distorcere gravemente la verità storica e di mancare di rispetto nei confronti delle sopravvissute.
La prostituzione in Giappone: un contesto storico
Per comprendere il fenomeno delle donne di conforto, è essenziale esaminare la storia della prostituzione in Giappone. Durante il periodo Edo (1603-1868), la prostituzione era regolamentata dallo Stato e confinata in quartieri specifici, come Yoshiwara a Edo (l'odierna Tokyo). Le prostitute, note come oiran, erano spesso donne vendute dalle loro famiglie per motivi economici e vivevano in condizioni di servitù. Nel periodo Meiji (1868-1912), il Giappone modernizzò le sue leggi, ma mantenne un sistema di prostituzione regolamentata. Fu solo nel 1956 che il governo giapponese approvò la Legge per la Prevenzione della Prostituzione, che vietava la prostituzione ma lasciava aperti molti spazi per l'industria del sesso, che continua a prosperare sotto varie forme.
Questo contesto storico evidenzia come la prostituzione fosse una pratica radicata nella società giapponese, spesso tollerata e regolamentata dalle autorità. Ciò ha influenzato la percezione delle donne di conforto, contribuendo a una narrazione che minimizza la coercizione e sottolinea la presunta volontarietà delle donne coinvolte.
L'influenza dello Shintoismo sul ruolo delle donne
Lo Shintoismo, religione indigena del Giappone, ha storicamente attribuito alle donne ruoli spirituali significativi. Le miko, o sacerdotesse, erano considerate intermediari tra gli dei e gli uomini. Tuttavia, con l'introduzione del Buddhismo e del Confucianesimo, il ruolo delle donne nella religione e nella società giapponese si è ridotto, portando a una maggiore subordinazione femminile.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il divieto per le donne di diventare sacerdotesse shintoiste fu revocato, ma la loro presenza rimane limitata. Oggi, circa il 10% dei sacerdoti shintoisti sono donne, e molte di loro sono mogli o figlie di sacerdoti maschi.
Questa evoluzione riflette le tensioni tra le tradizioni religiose e le dinamiche sociali, influenzando la percezione del ruolo delle donne nella società giapponese. La marginalizzazione delle donne nelle pratiche religiose ha contribuito a una visione patriarcale che ha facilitato la giustificazione di pratiche come il sistema delle donne di conforto.
Il dibattito sulle donne di conforto evidenzia la complessità della memoria storica e l'importanza di un'analisi critica delle fonti e delle narrazioni. Le interpretazioni di Hata e Ramseyer rappresentano tentativi di rivedere la storia, spesso minimizzando le sofferenze delle vittime. Tuttavia, è fondamentale riconoscere il contesto storico della prostituzione in Giappone e l'influenza dello Shintoismo sul ruolo delle donne per comprendere appieno le dinamiche che hanno portato alla creazione e alla perpetuazione del sistema delle donne di conforto.