Le Nuove Proposte @Ufficio Stampa Rai
Magazine, 15/12/2025.
E dopo l’annuncio, da parte di Carlo Conti, dei nomi (e pseudonimi) dei 30 cantanti del Festival di Sanremo 2026, qui analizzati nella prima puntata di questa “onomastica sanremese”, è ora la volta degli abbinamenti con i titoli delle canzoni, rivelati domenica 14 dicembre nella serata finale di Sarà Sanremo, che ha decretato i 4 giovani in competizione separata, con brani editi, delle Nuove Proposte: vale a dire Angelica Bove e Nicolò Filippucci (selezionati da Sanremo Giovani) e Mazzariello e il trio formato da Blind, El Ma & Soniko (provenienti da Area Sanremo). Ne riparleremo presto.
Per ciò che riguarda i titoli dei Big, e in particolare la loro frequenza rispetto a un corpus di 2162 testi di canzoni (per un totale di circa 300.000 parole!) presentate nelle 75 edizioni precedenti della kermesse, anche quest’anno ci si servirà del prezioso aiuto della banca dati Le parole di Sanremo, escogitata dal linguista Massimo Arcangeli con la collaborazione di Luca Pirodda, che indica non la frequenza assoluta (cioè tutte le occorrenze delle parole o dei gruppi di parole cercati), ma ci dice in quante e quali canzoni sanremesi (titoli compresi, appunto) si trova una data parola (o gruppo di parole). Si tratta di una frequenza relativa, che non tiene conto delle ripetizioni della parola nel medesimo testo. Ma è comunque un dato probante. Tra l’altro, per la prima volta l’anno scorso il sito Le parole di Sanremo ha premiato, in base a un sondaggio, con uno zecchino d’oro la canzone più bella di Sanremo 2025 (per la cronaca, Volevo essere un duro di Lucio Corsi ha prevalso, con il 25% dei voti, su L’albero delle noci di Brunori sas, al 19% e Quando sarai piccola di Simone Cristicchi, 14%); mentre il poco invidiabile trofeo (uno zucchino d’oro) della canzone più brutta è andato a Damme ‘na mano di Tony Effe (18%), seguito da Dimenticarsi alle 7 di Elodie (17%) e Pelle diamante di Marcella Bella (8%). Risultati non troppo lontani da quelli delle giurie.
Ma veniamo a questa seconda puntata di “onomastica sanremese”. Confrontando i titoli delle canzoni del Festival 2026 con la banca dati, emerge che nessun titolo replica con esattezza nomi di canzoni sanremesi precedenti: tutti i titoli di questa edizione sono cioè inediti. A voler essere sottili, si noterà solo che il titolo del gruppo punk rock al femminile delle Bambole di pezza, Resta con me (che è anche un film del 2018) ricalca Resta cu’ mme di Pino Daniele (1995: stesso titolo, ma parole diverse, di un classico del 1957 di Domenico Modugno): un tributo? A differenza degli anni scorsi, quest’anno non ci sono titoli in dialetto (ammesso dal regolamento del Festival solo come citazione o inserto, non in forma integrale). Spiccano solo due forestierismi, l’inglese in Italia [presente in 22 canzoni] starter pack (ossia fornitura, specialmente informatica, di primo impiego), di J-Ax e il francese (molto ben acclimatato in italiano, dal 1915) Voilà di Elettra Lamborghini.
La grande maggioranza dei titoli, soprattutto in forma di sintagmi o intere frasi, riproduce peraltro il repertorio lessicale generale ad alta frequenza dell’italiano, con molte forme preposizionali e avverbiali: così Ora e per sempre di Raf (che sembra riecheggiare un titolo di Francesco De Gregori), Uomo che cade di Tredici Pietro, Qui con me (ben 563+1133 occorrenze) di Serena Brancale, l’autoriale Ogni volta che non so volare (volare è forse il più sanremese dei verbi: 111 volte) di Enrico Nigiotti, Le cose che non sai di me di Mara Sattei, Tu mi piaci tanto di Sayf, Sei tu di Levante, Prima che (frase sospesa) di Nayt, Per sempre sì (sempre torna per ben 3 volte nei soli titoli di quest’anno, con un numero di occorrenze alto nell’intero corpus, ben 702 canzoni) di Sal Da Vinci, La felicità [in 126 canzoni, Al Bano e Romina compresi] e basta del duo Maria Antonietta e Colombre, Prima o poi di Michele Bravi, Ti penso sempre di Chiello, Il meglio di me (echi baglioniani?) di Francesco Renga. Come si vede da questi titoli, un grado basso di connotatività, che forse riflette un livello medio e prudente delle scelte del cast di quest’anno, come hanno notato in molti.
Per trovare un po’ di originalità, dobbiamo forse ricorrere a forme nominali, con ellissi del verbo, come l’esclamazione Che fastidio! di Ditonellapiaga o le coppie aggettivo-sostantivo in Stupida [26 volte] sfortuna [4 volte] di Fulminacci, Magica [15] favola [32] di Arisa, Poesie [9; al singolare, 76] clandestine [solo 4 occorrenze] di LDA e Aka 7even, Animali [11] notturni [notturno, anche sostantivo, si trova 2 volte, è anche un film thriller di Tom Ford, 2016] di Malika Ayane, Male [alta frequenza: 374] necessario [1 sola volta] di Fedez e Marco Masini.
Se poi prendiamo in considerazione i titoli costituiti da una sola parola (al netto di “parole vuote”: articoli, congiunzioni), con l’abbassarsi della frequenza nel repertorio sanremese si alza il livello di inedito (o inaudito): I romantici di Tommaso Paradiso lo si trova 3 volte (13 romantico, 5 romantica, come la canzone vincitrice di un lontanissimo Festival, 1960); Ossessione (anche il titolo di un celebre film di Visconti: difficile che si tratti di una citazione intertestuale) di Samurai Jay 5 volte; Labirinto di Luchè 4 volte; Avvoltoi di Eddie Brock (da escludere che si tratti di un’eco di Dove vola l’avvoltoio scritto da Italo Calvino per Cantacronache) 2 volte. A parte va considerato l’inatteso titolo della canzone di Ermal Meta, Stella stellina, che si configura come la reduplicazione del sostantivo con la variazione di un suffisso diminutivo-affettivo tipico delle filastrocche popolari (“fiorin fiorello”) e/o infantili.
Si può forse concludere che, in questa rassegna dedicata ai titoli delle canzoni dell’edizione 2026, il primato di novità spetterebbe a due artisti che più lontani non potrebbero essere: la decana del Festival Patty Pravo, il cui titolo, stringato, Opera, è un quasi-hapax (ossia presente una sola volta: lo si ritrova soltanto, con altra accezione semantica, nella canzone Ladro di te, 2004, di Tommaso Zanello alias “Er Piotta”); e l’estroso Dargen D’Amico, che con AI AI gioca sull’assonanza tra una interiezione di dolore e la sigla (in versione anglosassone) della pervasiva (o famigerata) intelligenza artificiale (artificienza, l’ha ribattezzata il cantante, con azzeccato neologismo).
*Lorenzo Coveri ha insegnato come professore ordinario Linguistica italiana all'Università di Genova ed è accademico corrispondente dell'Accademia della Crusca. I suoi temi principali di ricerca riguardano la dialettologia ligure e la sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, con particolare attenzione alla comunicazione giovanile e alla linguistica dei media (cinema, radiotelevisione, canzone). Da anni si occupa dell'analisi linguistica dei testi delle canzoni del Festival di Sanremo.
Di Lorenzo Coveri