Dal 6 all'11 maggio 2025 (ore 20.30, tranne domenica ore 15.30) va in scena al Teatro Sociale di Brescia (via Cavallotti 20) lo spettacolo Moby Dick di Herman Melville (adattamento Micaela Miano), interpretato da Moni Ovadia e Giulio Corso, con Tommaso Cardarelli, Nicolò Giacalone, Pap Yeri Samb, Filippo Rusconi, Moreno Pio Mondì, Giuliano Bruzzese e Marco Delle Fratte; regia di Guglielmo Ferro.
A partire dalla sua pubblicazione nel 1851, il romanzo di Herman Melville, capolavoro della letteratura americana, ha ispirato e continua a ispirare registi, poeti e autori. L’epica storia della balena bianca e dei suoi inseguitori riprende vita in questa versione diretta da Gugliemo Ferro, con Moni Ovadia protagonista nelle vesti del Capitano Achab. La narrazione teatrale inizia sulla baleniera Pequod: qui, in un susseguirsi frenetico di tempeste, battute di caccia, avvistamenti, bonacce, canti, riti pagani e preghiere, si consuma la tragedia di tutti i personaggi: Queequeg, Pip, Ismaele, Lana caprina, Tashtego, Flask, Daggoo, Stubb, Fedallah.
Il Pequod è il vascello stregato che porta la ciurma verso la perdizione. Il doblone d’oro sul suo albero maestro e il patto di sangue dei marinai sono la chiamata mefistofelica verso gli abissi della non-conoscenza. Una particolare importanza, nel racconto, è assegnata al rapporto tra il Capitano Achab e il primo ufficiale Starbuck, reso sulla scena da Giulio Corso. Achab, ossessionato dalla vendetta, è l’uomo empio che disconosce Dio, l’uomo dell’oltre e della violazione. Starbuck, invece, è il suo alter ego, voce della coscienza e della prudenza, testimone di una visione teocentrica che si scaglia contro la blasfemia dell’odio di Achab verso la balena bianca. E se nella caccia maniacale a Moby Dick è la follia a guidare il capitano Achab, è sul piano del conflitto umano contro Starbuck che Achab conosce l’orrore: la parte recondita della sua stessa coscienza.
La malattia di Achab è Moby Dick, ma Starbuck ne è la manifestazione clinica. Moby Dick gli fa male con la sua assenza lì dove Starbuck lo fa con la sua presenza. Un conflitto posto sullo stesso piano, uno specchio dove galleggia il peccato originale: una balena bianca in un abisso nero. E poi lo specchio si crepa. Moby Dick non è una balena, è una condanna, una maledizione che diventa sfida tra uomini. È la storia di un’ossessione epica che ha la fisionomia di una tragedia shakesperiana, tale è il senso drammatico dei suoi personaggi. Non c’è redenzione sul Pequod, solo una fitta nebbia.