Il caso Zanfretta: la Fiat 127 senza controllo e le testimonianze dell'epoca. Il quinto episodio

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Genova, 12/08/2025.

Il caso Zanfretta, nel periodo in cui sarebbero accaduti i presunti incontri con gli esseri venuti dallo spazio, non ha coinvolto solo il metronotte in forze all'Istituto di vigilanza Valbisagno, Pier Fortunato, ma anche colleghi e famigliari. Senza contare i cinquantadue testimoni che affermarono di aver visto un oggetto misterioso volteggiare a bassa quota nel cielo sopra Torriglia, nella notte del primo avvenimento.

A proposito dell'Istituto Valbisagno, vediamo con l'aiuto di Rino Di Stefano, il giornalista che tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta si occupò del caso, le disposizioni che la ditta di vigilanza privata aveva posto in essere per controllare i mezzi utilizzati dal metronotte, come l'ormai famosa Fiat 127.

«Sulla macchina che Zanfretta utilizzava per servizio vennero fissati, tra il mozzo delle ruote e la carrozzeria, dei fili di acciaio: se l'auto fosse stata sollevata verso l'alto (come lui raccontava), l'assetto delle ruote avrebbe ruotato verso l'interno, spezzando questi cavi. In occasione del quinto presunto episodio, nella zona di Lumarzo, si era riscontrato che tutti e quattro i fili d'acciaio erano stati nettamente spezzati. Quindi la macchina, in qualche modo, era stata sollevata», racconta Di Stefano.

«Non è finita», continua Di Stefano, «perché inserirono all'interno della macchina anche un termometro a memoria. Questo strumento, ovviamente, misurava le oscillazioni di temperatura e le manteneva in archivio per un certo periodo, in modo che potessero essere analizzate a posteriori».

«Il quinto presunto incontro tra Zanfretta e gli alieni avvenne la notte fra il 14 e il 15 febbraio del 1980», racconta Enrico Pietra, esperto del caso del metronotte che ci accompagna in questa ricostruzione a episodi.

Qui potete leggere il primo, avvenuto nella zona di Marzano di Torriglia la notte tra il 6 e il 7 dicembre 1978. Il secondo ebbe luogo una ventina di giorni dopo e in qualche modo si ricollega alla presunta influenza che queste creature avevano sui mezzi di trasporto, visto che Zanfretta perse il controllo dell'auto mentre si trovava all'interno della Galleria della Scoffera, procedendo verso la frazione di Rossi. Un fatto simile avvenne durante il terzo episodio, che vide il metronotte raggiungere in pochi minuti e a bordo di una Vespa il parcheggio sotto la vetta del monte Fasce, quando, normalmente, quel tratto di strada richiede almeno mezz'ora per essere percorso da Viale Quartara, il punto in cui sarebbe stato prelevato (nel quartiere di Quarto). L'episodio successivo, forse il più inquietante, si svolse nuovamente nella zona di Torriglia, al bivio per Fallarosa, e fu teatro addirittura di una sparatoria da parte dei colleghi di Zanfretta verso alcune misteriose luci comparse all'improvviso nel cielo notturno, dall'interno di una nuvola

Torniamo ora sul luogo del quinto presunto incontro con alieni e Ufo, sempre nei pressi di Lumarzo: «I soccorritori, dopo i consueti messaggi radio di Zanfretta che comunicava alla centrale mal di testa fortissimi e la perdita di controllo dell'auto, arrivano dopo circa un quarto d'ora dagli ultimi contatti con il metronotte. Trovano la Fiat 127 aperta sul lato guida, ma di Zanfretta non c'è traccia. Viene ritrovato dopo qualche tempo, appeso al ramo di un albero nella boscaglia che circonda la zona, quasi assiderato e completamente incosciente».


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«I laccetti d'acciaio che vennero applicati tra la carrozzeria e gli assi dei mozzi ruota della Fiat 127 vennero ritrovati tutti spezzati. Il termometro a memoria che era stato collocato all'interno dell'automobile segnava 43 gradi (il periodo dell'anno di cui stiamo parlando è febbraio, nell'entroterra, ndr)», conclude Pietra. 

Lasciamo i luoghi dell'entroterra per raggiungere nuovamente Genova, dove abbiamo incontrato Fabio Zanfretta, figlio di Pier Fortunato.

Fabio all'epoca dei fatti era molto piccolo e condivideva i suoi giorni di bambino con i genitori e la sorellina. Qual è uno dei suoi primi ricordi di quel periodo surreale? «Mio padre affermava di sentire voci nella testa, ma non riusciva a decifrarle, inoltre continuava ad avvertire delle scosse qua dietro», racconta Fabio, toccandosi la base della nuca.

Sintomi che potrebbero indicare problemi fisici oppure di natura allucinatoria, patologia che forse negli anni Settanta era trattata in maniera diversa rispetto ai giorni nostri, in cui la consapevolezza, il rispetto e la delicatezza verso i disagi di natura psicologica o psichiatrica sono nettamente superiori: «Mio papà si è sottoposto a moltissime visite e il risultato era sempre lo stesso: sano, idoneo al suo mestiere e senza traccia di alcun disturbo». 

Non riusciva però a dare una spiegazione alla sua famiglia del terribile shock che aveva subito: «Sono convinto che si sentisse in imbarazzo, ma nonostante questo non ha mai smesso di proteggerci, ci teneva fuori da tutto, per tutelarci», conclude Fabio.

Altre testimonianze di Fabio Zanfretta nel prossimo episodio, il sesto e ultimo del caso Zanfretta

Di Paola Popa

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