Dantedì 2021. Cantare Dante, da Petrolini a De André, da Jovanotti a Fedez, tra rock e poesia

Magazine, 25/03/2021.

Oggi, 25 marzo, è il Dantedì. Il giorno in cui si immagina possa essere iniziato il viaggio ultraterreno raffigurato da Dante Alighieri nella Commedia (poi denominata Divina). La data (così battezzata dal Presidente emerito dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini e dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Di Stefano) cade, oltre a tutto, nel settecentesimo anniversario dalla morte (avvenuta a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321) del Sommo Poeta. Per l’occasione, è stato previsto un numero straordinario (oltre 500!, ma cresceranno) di eventi, in presenza e da remoto, in Italia e all’estero (un elenco parziale sul sito del Mibact), tra iniziative accademiche, mostre, convegni, lezioni, letture, celebrazioni omaggi, prodotti editoriali, gadgets e via danteggiando.

Sarà al di là delle possibilità umane seguire tutto, ma tutto questo fervore testimonia tra l’altro della persistente fortuna (iniziata già con i contemporanei) di Dante nella cultura alta (arti figurative, cinema, teatro, musica), ma anche popolare (si pensi all’abitudine, testimoniata sino a poco tempo fa, di mandare a memoria i 14.233 versi della Commedia; ma anche ai fumetti, al graphic novel ai giochi tradizionali, ai videogame, alle applicazioni web), che negli anni hanno fatto del poeta fiorentino una vera e propria icona pop. A partire dalla sua immagine più abusata (abito e copricapo rosso, corona di poeta laureato, nasone importante): un marchio (oggi, Dante consenziente, si direbbe un brand) usato per promuovere i generi più diversi di mercanzia (dall’olio ai fiammiferi, dai sigari al brodo Liebig con le famose figurine, dalla carta igienica all’acqua purgativa –I’ sono Beatrice che ti faccio andare, sino - il caso è recentissimo - al gelato confezionato di una nota industria dolciaria declinato in tre varianti, quante sono le Cantiche del poema. Accostamenti non sempre rispettosi, ma che hanno avuto il merito di rendere familiare la sua figura. Uno di noi.

Una prima anticipazione di una mostra su Dante. Un’epopea pop, a cura di Giuseppe Antonelli, che si terrà a Ravenna in autunno, è stata appena pubblicata come Speciale del portale Lingua italiana dellaTreccani.

Non poteva mancare, in tanta dantemania, una riflessione (che infatti sarà un capitolo del volume dantesco dell’Accademia della Crusca in pubblicazione in autunno per la Settimana della lingua italiana nel mondo) sulla presenza di Dante nelle canzoni. Non solo per lo strettissimo rapporto tra versi e musica che caratterizzava la poesia romanza delle origini (nel secondo canto del Purgatorio Dante incontra il musico fiorentino Casella, che intona dolcemente la sua canzone Amor che ne la mente mi ragiona: -un Dante paroliere, insomma-; ed è nota l’abitudine di cantare il Dante (recitarlo a memoria o accompagnarlo con note?) come è testimoniato da due novelle del quasi contemporaneo Franco Sacchetti), ma anche perché la memorabilità e la musicalità della terzina dantesca portano naturalmente a immaginarla come parola per musica.

Così, non si contano le presenze di Dante nelle canzoni italiane (ma non solo), presenza che va da un fugace omaggio o citazione, più o meno letterale (di solito il riferimento è all’Inferno, e agli episodi più noti: Paolo e Francesca, Ulisse) a un più sostanzioso rifacimento o confronto, quasi in gara con l’orginale.

Tanto gentile e tant’onesta pare / la donna mia, mentr’ella altrui saluta, / che al vederla così bene vestuta, / quindici lire le si posson dare: l’irriverente travestimento della famosa canzone dantesca (oggetto anche di un divertente qui pro quo in uno sketch di Carosello con Walter Chiari e Sylva Koscina) è di Ettore Petrolini (1922): uno dei più antichi episodi del ricco filone parodistico. Ma moltissimi echi danteschi si colgono poi nella canzonetta “ancien régime”, pre-Modugno, da Addio tabarin (1922) a Il cappello di paglia di Firenze (1935), da Canta se la vuoi cantar (1947) a Non ti fidar di un bacio a mezzanotte (1952), in cui il bacio è ovviamente galeotto.

E poi vennero i cantautori. Qui l’elenco si fa fittissimo, come è ovvio per un genere con testi a più alto tasso di letterarietà, con aspirazioni più o meno poetiche. Non c’è, si può dire, esponente del periodo d’oro della canzone d’autore, dagli anni Sessanta in poi, che non abbia fatto il suo omaggio, a volte plurimo, a Dante: come De André (Al ballo mascherato), Venditti (con i notissimi Compagno di scuola, 1975 e Notte prima degli esami, 1984), il cantautore-professore Vecchioni (che spiega ai suoi allievi i canti di Cacciaguida in Alighieri, 1975), Guccini (Odysseus, 2004), Branduardi (il Canto XI del Purgatorio), Capossela (ancora il canto di Ulisse), Battiato, Bennato e tanti altri. E Francesco De Gregori, non pago del tributo dantesco nell’album Pezzi (2005), in quello stesso anno intona, nell’ipnotica Notte della Taranta di Melpignano, l’incipit del poema (trasformando però il ritmo ternario dell’originale nei quattro tempi della danza salentina: esperimento riuscito, a onore del Principe – e del Sommo).

Non solo canzone d’autore. Suggestioni dantesche non sono rimaste estranee alla canzone pop, come in Montagne verdi di Marcella Bella o Ricominciamo di Adriano Pappalardo. E chi può dimenticare le spassose parodie musicali del Quartetto Cetra, rivisitate dagli Oblivion (Inferno in sei minuti)? Si è sentito un Dante dei piccoli persino allo Zecchino d’Oro, quando Andrea Amelio e Chiara Casolari nell’edizione 2015 del Festival dell’Antoniano hanno presentato una versione ridottissima della Commedia Divina.

Un Dante rock è quello che riecheggia nei versi di Dolente Pia (2007) dedicati alla concittadina Pia de’ Tolomei dalla contradaiola Gianna Nannini, nella Beatrice dei Marlene Kuntz (Nella tua luce, 2013), o nei primi New Trolls (Paolo e Francesca). Molto ambizioso il progetto della band di progressive rock Metamorfosi di dare sonorità elettriche tutte e tre le Cantiche.

Ma anche il rap, con la sua prosodia martellante, ha saputo ricavare dai versi danteschi (e specialmente, ancora una volta, dall’Inferno) la sottolineatura della fisicità nuda e cruda della parola, libera dagli impacci della mascherina musicale: ecco, dal capostipite Jovanotti con il suo détournement citatissimo (Amor che a nullo amato amar perdona porco cane, Serenata rap, 1994), a Caparezza (che ritrae l’iracondo Filippo Argenti, 2014) i protagonisti della nuova scena hip-hop: Fedez, J-Ax, Ghali, Ghemon, il ligure Tedua [Mario Molinari] che annuncia il suo progetto dantesco nel mixtape Vita vera. Aspettando la Divina Commedia. Musica che gira intorno ancora nel nome di Dante.

[Questo pezzo è stato digitato con il font “Dante”]

Di Lorenzo Coveri

Argomenti trattati

Newsletter EventiResta aggiornato su tutti gli eventi della tua città, iscriviti gratis alla newsletter