Push the Limits 2025 alla Fondazione Merz: la mostra che svela i conflitti attraverso l’arte contemporanea

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DA Lunedì27Ottobre2025
A Domenica01Febbraio2026

Dal 27 ottobre 2025 al 1° febbraio 2026, la Fondazione Merz di Torino ospita la seconda edizione di PUSH THE LIMITS, progetto espositivo che mette al centro la trasformazione del linguaggio artistico e la sfida costante ai limiti – imposti, interiorizzati o imposti dalla narrazione dominante.

Intitolata PUSH THE LIMITS – la cultura si sveste e fa apparire la guerra, la mostra è curata da Claudia Gioia e Beatrice Merz, e presenta opere – inedite, già esistenti o ricontestualizzate – di 19 artiste internazionali di generazioni e provenienze diverse: Heba Y. Amin, Maja Bajević, Mirna Bamieh, Fiona Banner, Rossella Biscotti, Monica Bonvicini, Latifa Echakhch, yasmine eid-sabbagh, Cécile B. Evans, Dominique Gonzalez-Foerster, Mona Hatoum, Emily Jacir, Jasleen Kaur, Katerina Kovaleva, Teresa Margolles, Helina Metaferia, Janis Rafa, Zineb Sedira, Nora Turato.

Al centro della mostra c’è l’idea dell’arte come atto rigenerativo, capace di rompere la ripetizione e lo stallo della narrazione dominante per aprire nuovi spazi di parola, immaginazione e critica. L’arte si pone “al limite” non per provocare, ma per spostare l’asse della percezione e generare nuove letture del presente, in risposta a un contesto segnato da conflitti, mutismi politici e tentativi di normalizzazione della distruzione.

Il titolo stesso della mostra richiama questa tensione: la cultura si sveste e fa apparire la guerra indica un’arte che toglie i veli alla realtà e mette a nudo le contraddizioni del nostro tempo. In questa direzione, le opere si fanno dispositivo narrativo e collettivo, raccogliendo le urgenze contemporanee e traducendole in forme nuove, radicali e necessarie.

Ispirandosi anche a una maledizione shakespeariana – pronunciata da Riccardo III – le curatrici riflettono su come, ancora oggi, il linguaggio non sia riuscito a sostituire quella formula con qualcosa di più giusto, costruttivo e trasformativo. La sostanza, sotto forme più sofisticate, resta la stessa.

Una riflessione, questa, che si riallaccia alla visione di Hannah Arendt sull’azione collettiva come atto estetico e politico: ogni parola, ogni forma, ogni gesto in mostra parte da un’urgenza e costruisce una relazione. Come ricordava anche Barbara Kruger nella prima edizione del progetto, è nella relazionalità che nasce la libertà creativa, politica, umana.

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