Leo Bassi, l'ultimo clown: «Il mio lavoro è una missione. Esalto l'imperfezione contro la dittatura della perfezione»

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Genova, 20/09/2023.

Leo Bassi, clown dal lignaggio internazionale, geniale e dissacrante, burlesco solo all’apparenza (in realtà terribilmente serio), ha dato spettacolo venerdì sera 15 settembre 2023 al PalaCep dell’Area Pianacci di Prà. Un’ora e mezza di provocazioni intelligenti, acutissime, offerta gratuitamente dall’Associazione Sarabanda ai circa trecento presenti nell’ambito della rassegna Cantieri Creativi, tra ipnosi indotte, inviti al pensiero critico ed elogi dell’imperfezione. Non sono mancati i consueti folgori contro l’industria e un mercato sempre più pervasivo, in grado di assoggettare anche le coscienze. Sul finale la toccante dedica all’amico e musicista genovese Mauro Sabbione, scomparso di recente.

«Il clown e la gente della mia stirpe sono custodi delle vere emozioni – ci racconta Leo Bassi - Il clown non sta dentro a uno schermo, può interagire con un bambino, far piangere o ridere. Per questo il mio lavoro è come una missione: mantenere il rapporto umano, mantenere vivi i sensi». Forse il mondo che si profila da qui ai prossimi anni non piace a uno che sale sul palco e utilizza l’arte circense per svegliare il pubblico, narcotizzato come non mai da una realtà sempre più virtuale. «Amo i cambiamenti ma quello che sta succedendo oggi è qualcosa che non si è mai visto nella storia», ribadisce Bassi. «Io esalto l’imperfezione perché l’imperfezione è il contrario della dittatura, la dittatura della perfezione. Nell’imperfezione risiede il dubbio e nel dubbio stanno altre possibilità. Certo domani prenderò l’aereo per tornare in Spagna e spero che il pilota volerà perfettamente (ride, ndr). Però occorre mantenere la mente aperta verso l’idea dell’imperfezione, che tra l’altro è forse il modo con cui possiamo fregare l’intelligenza artificiale, che è fatta per andare sempre più verso una perfezione che non appartiene alla natura dell’essere umano».

Tutta questa tecnologia che ci pervade all’apparenza sembra molto democratica, ma quando si violano le regole della community sono dolori. Qualunque esse siano. Anche su un artista del calibro di Leo Bassi è scesa la scure della censura. «Due anni fa, in pieno Covid, ho aperto un account TikTok, mi sono messo il vestito di Mussolini e sbeffeggiavo il fascismo, inscenavo un Mussolini completamente imperfetto, ridicolo. In sei giorni sono arrivato a 120.000 followers, ho fatto otto video, alcuni sono arrivati a milioni di visualizzazioni. Al settimo giorno mi hanno chiuso l’account TikTok con la motivazione di istigazione all’odio. Ho pensato che magari l’algoritmo non aveva capito che si trattava di scherzi, mentre il pubblico lo aveva compreso perfettamente. Ma non mi hanno più restituito l’account. È facile dire che la colpa è dell’algoritmo: io credo che dietro a queste piattaforme ci siano individui che non accettano che qualcuno abbia successo promulgando una visione antifascista e anticapitalistica. Non siamo affatto in democrazia, anche se apparentemente sembra il contrario».

Nulla di nuovo sotto il sole, peraltro. Basti pensare a Charlie Chaplin e al suo Il Grande Dittatore: «dopo quel film – ricorda Bassi – Chaplin è stato cacciato dagli Stati Uniti con l’accusa di comunismo». L’arte stessa nel tempo si è fatta più smussata in tutte le sue propaggini, più edulcorata, perdendo il suo portato eversivo. «Quando l’arte si trasforma in industria è morta. Anche per questo io non mi faccio aiutare da nessuno, non prendo sovvenzioni, e malgrado tutto faccio un sacco di spettacoli, lavoro da tutte le parti e questo mi dà la possibilità di dire ciò che voglio. Come questa sera: nessuno mi ha approvato il testo, nessuno sul palco mi ha impedito di dire alcunché, non c’era nessun algoritmo, ho detto tutto quello che volevo dire, per 300 persone che hanno assistito a un momento di libertà: piaccia o non piaccia è così».

Il ricordo di Mauro Sabbione, l’uomo dietro la svolta elettropop dei Matia Bazar, dietro Vacanze Romane e il capolavoro Tango del 1983, ma anche deus ex machina di El Diablo dei Litfiba, ha chiuso lo show con la lacrima. Qualcosa che a un clown non capita spesso. «Un amico da tutta la vita, da quando militava nei Matia Bazar e stava in strada con me e poi la sera suonava sul palco Vacanze Romane. Un uomo che amava l’arte, che non si era venduto all’industria, che ha sempre mantenuto la sua libertà: per questo siamo stati amici quarant’anni, abbiamo lavorato insieme. Oggi era la prima volta che facevo uno spettacolo nella sua Genova senza di lui, e per me è stata molto dura. Ciao Mauro». Lunga vita a Leo Bassi: abbiamo bisogno di emozioni.

Di Enrico Pietra

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