Cracking Art all'Isola d'Elba. «Ho preso un granchio, ma ho acchiappato un sogno»

Da metà luglio la spiaggia del Cavo all'Isola d'Elba è stata invasa da coloratissimi granchi fucsia con l'obiettivo di far rinascere il cinema all'aperto locale. In questo articolo Elena Conenna (giornalista presso l'ufficio stampa del Comune di Milano) ci racconta l'origine e lo sviluppo di questa bella iniziativa.

Milano, 01/08/2017.

Come diavolo faccio? Come faccio a farmi regalare cinquantamila euro? È vero che ogni cinema che chiude è una fitta al cuore – senza contare l’ansia di trovare qualcosa da fare ogni sera in un paesino piccolo come il Cavo, all'Isola d'Elba – ma dove lo trovo io uno sponsor che, vittima della stessa fitta, si commuove al punto da darmi cinquantamila euro sull’unghia per riaprire il cinema all’aperto chiuso da anni, travolto dalla trasformazione digitale?

Era questa la domanda che, esattamente un anno fa, incastrata tra i sedili dell’Arzillibus (ma dico io, puoi chiamare così la linea di autobus che trasporta stressatissimi milanesi all’Elba e ritorno?), mi ronzava nella testa senza alcuna speranza di atterrare su una soluzione qualsiasi. Continuavo a pensare a come rispondere alla richiesta di aiuto che il gestore del cinema all’aperto del Cavo mi aveva fatto pochi giorni prima mentre io e altri amici, spiaggiati al Frugoso, cercavamo di scansare gli effetti delle superonde della nave gialla (incubo di tutti i cavesi) sui nostri asciugamani a rischio infradiciamento.

Si era tutti d’accordo su quanto sarebbe stato bello (sì dai, bello!) tornare al cinema la sera come tanti anni fa, con il golfino blu con lo scollo a V sulle spalle, le stelle (e che stelle!) a tetto, la brezza che entrava da un varco tra gli alberi, il cuscino a fiori da pescare nel cestone all’ingresso (inutile scegliere, erano tutti orrendi) per resistere sulle sedie molto poco ergonomiche, i cornetti Algida all’intervallo (è anche successo di dover fare la coda, sì la coda al Cavo!, per un gelato al cinema). Senza contare il ricordo dei primi baci di molti di noi, travolti da poderose cotte estive che raramente superavano l'equinozio successivo. Per non parlare del puro piacere di guardare i film, spesso persi in città per mancanza di tempo e di forze, di goderseli all’interno di un tempo lasco e rilassato, dello sceglierli in spiaggia, del trovarsi prima e del parlarne poi, seduti ai tavolini del bar in cima al molo.

Insomma, la tentazione di occuparmene mi ha presa subito, ma davvero brancolavo squadernando nella mia mente le ipotesi possibili, mentre il pensiero, allontanandomi da Piombino, correva lungo la linea delle colline toscane. Tornata a Milano, il frullatore della vita quotidiana mi ha allontanato dall’idea, finché un giorno di settembre, per una riunione qualsiasi, sono entrata nel cortile delle Armi al Castello Sforzesco, e alzando lo sguardo verso le merlate ho visto le ultime rondini che se ne filavano verso sud. E mi sono ricordata di qualche anno fa, quando avevamo organizzato con Cracking Art una raccolta fondi per restaurare un’opera del Museo d’arte antica, invadendo il Castello Sforzesco di gigantesche rondini colorate e vendendo al pubblico i multipli – piccole rondini in volo, anche loro in plastica colorata. Una di queste, fucsia, è tuttora appesa al lampadario della mia camera da letto.

Ci voleva un’idea così, qualcosa che accendesse sul Cavo un occhio di bue, che attirasse la stampa, che scioccasse un po’ la tranquilla vita di un paesino rimasto per molti versi agli anni Sessanta, dove nessuno mette i tacchi, va in discoteca, va a presentazioni di libri di cui sparlare senza averli mai letti, e nemmeno va al cinema, naturalmente.

Così al ritorno in ufficio ho recuperato il contatto dei ragazzi del collettivo di Cracking Art e li ho inviati a bere un caffè, per vedere se erano così pazzi da imbarcarsi con me nella missione di riaprire il cinema all’aperto del Cavo dopo aver partecipato a 3 (tre) Biennali d’arte a Venezia e aver realizzato installazioni in tutto il mondo, da Tel Aviv a Dubai. E ovviamente, senza un euro in cambio. 

Ci stanno – almeno a vedermi – e prendiamo appuntamento al caffè di Palazzo Reale, dove praticamente sono domiciliata. Coinvolgo un’amica, esperta anche lei in comunicazione e cavese d’adozione, con la quale – prese senza ragione apparente da un incontenibile entusiasmo – immaginiamo animali possibili da realizzare apposta per il Cavo, passando dal narvalo al polpo, dal delfino all’ippocampo, senza nemmeno porci il problema se i ragazzi di Cracking ci avrebbero minimamente prese in considerazione.

E invece sì. Dopo il primo istante di smarrimento (sì Ele, ma il Cavo dov’è?) abbiamo cominciato a prendere in rassegna gli animali possibili, concordando tutti immediatamente sulla loro proposta dei granchi visto che erano gli unici per cui esisteva già uno stampo e quindi potevano regalarceli, senza nessuna spesa (no ma se volete il polpo si può fare solo che realizzare uno stampo costa 20mila euro – il granchio ci piace tantissimo grazie). Da quel momento è partita una ridda incrociata di telefonate, mail, sms e whatsapp tra Milano (dove siamo e lavoriamo io e Alessandra), Genova (dove vive Guido), Roma (a casa di Elisabetta, Martina e mio fratello Andrea) e il Cavo per cercare di mettere insieme e registrare un Comitato  quanto di più eterogeneo possiate immaginare  che gestisse l'iniziativa nella maniera più semplice e trasparente possibile, senza alcun altro scopo sociale se non la riapertura del cinema. Non vi sto a dire come ci siamo riusciti a metterlo insieme, ma nel mezzo ci sta anche una surreale cena-riunione al Cavo il lunedì di Pasquetta, dove un manipolo misto di artisti, cavesi e villeggianti che al Cavo hanno imparato persino a camminare  come me e mio figlio  mi guardavano con gli occhi sbarrati mentre raccontavo la mia pazza idea.

Da allora la storia può proseguire placidamente lungo le righe di un comunicato stampa che negli ultimi 10 giorni è stato ripreso da molte testate, che ho scritto io e al quale ho solo una cosa da aggiungere: l’arrivo dei granchi al Cavo il 15 luglio scorso è stato un avvenimento come non se ne vedeva da anni, e ha suscitato in tante, tantissime persone un entusiasmo che mi ha commosso riuscendo a unire turisti, cavesi, villeggianti di lungo corso, avventori di bar, grandi e piccoli. Per questo vi dico che, comunque vada la raccolta fondi (i granchi di Cracking Art vengono donati a chi dà un contributo minimo di 20 euro), per me questa è già una vittoria. E comunque, in due settimane, sono stati raccolti 5000 euro. Mica male no? 

Di Elena Conenna

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