Roberto Recchioni con Ringo. Chiamata alle Armi. Il primo romanzo di Orfani

Magazine, 07/06/2017.

Una confezione curiosa, un libro dentro una confezione ad hoc che riporta sul lato il disegno delle Bastarde, le armi del PistoleroUn abito che all’interno nasconde un bandana rossa, indumento iconografico del Pistolero.

Packaging curato, divertente, una trovata capace di trasformare il volume in un oggetto di merchandising, e che mette in risalto il contenitore prima di arrivare al contenuto, come la buccia colorata di una pesca.

Un romanzo, Ringo – Chiamata alle Armi (Multiplayer Edizioni – 224 pp – Eur 25), che permette a Roberto Recchioni di tornare su uno dei protagonisti di Orfani, uno dei prediletti, con una storia che restituisce ai lettori uno dei personaggi più intensi che l’universo Bonelli abbia prodotto in questi anni.

Il romanzo raccoglie e rilascia per mano dei creatori di Orfani – Roberto Recchioni e Emiliano Mamucari - la sfida fatta di livelli di crossmedialità che Orfani ha lanciato dalle origini. Dall’edicola alle librerie fumetterie, portando le vicende del fumetto su un nuovo livello,  gettando allo stesso modo le basi per qualcosa che potrebbe rappresentare un'ottima occasione per la letteratura di genere e per i lettori

Quel he colpisce del volume, subito dopo aver aperto la peculiare confezione, è il ritmo che l’autore ha dato alla storia e che lo pone in continuità stilistica con la serie di fumetti che porta il nome del protagonista.

Scrittura decisa ma non superficiale, con concessioni al dettaglio per la preparazione all’azione in stile King, capace di tratteggiare situazioni limite nelle quali immergere il protagonista, che reagisce assecondando i lettori: facendo cadaveri, non arte. Cronologicamente il romanzo dedicato a Ringo si pone a ridosso delle prime due stagioni di Orfani: il mondo è finito, chi lo vuol salvare, la Presidente Juric, è essenza di cinismo e disumanità. In questo contesto Ringo è come il Rorschach di Watchmen, tanto da fare proprio il motto: «Nessun compromesso, neanche di fronte all’Apocalisse».

Un personaggio dotato di grande carisma, disilluso eppure idealista, uno di quelli che un editore vorrebbe non morissero mai, e i lettori con lui; perché il narrato è sempre meno di quello che il personaggio racconta. Un eroe da epopea western, di quelle nelle quali il campione non è immacolato ma inamovibile, e dotato del senso di giustizia proprio di Tex, ma con tutto il peso del male che ha dovuto fare a se stesso, alle persone che ha amato e a chi ha la sfortuna di incrociare la sua strada.  Un eroe che sceglie e paga per ogni scelta, perché nessuna buona azione – si ripete come un mantra – resta impunita.

Il romanzo ha scrittura asciutta ma affatto superficiale, dando l’idea di un autore che abbia consapevolmente voluto alleggerirlo a vantaggio del ritmo. Per tutta la durata del romanzo è forte la sensazione che ciascuna parola abbia una collocazione precisa, nessuna sia sprecata,  ma che sia anche capace di andare oltre la loro somma grazie al sapiente uso di rimandi e richiami derivati dal linguaggio proprio del fumetto.

Il risultato finale è un racconto dal ritmo forsennato, che deve molto all’ultimo Mad Max – Fury Road di George Miller, ma anche ai capitoli antecedenti. Ringo ha la stessa rassegnazione del protagonista incarnato da Mel Gibson e Tom Hardy, e il potere per raddrizzare i torti proprio di Ken il Guerriero, diventando punto di incontro tra i due personaggi iconici di cinema prima e poi del manga.

Per l’apertura Roberto sceglie di scomodare un mostro sacro con deferenza, vero, ma anche con gusto iconoclasta. Le prime pagine sono infatti un arrangiamento rock – in prosa - de Il Pescatore di De André, autore la cui arte è evocata in diversi momenti.

Chiamata alle Armi è soprattutto un romanzo on the road, che racconta di un eroe che viaggia malinconico alla ricerca di una tranquillità che è rassegnato a non trovare mai. Attorno a lui ruotano personaggi tratteggiati attraverso passaggi rapidi, e che vengono raccontati non per metafore ma per gesti; colpisce ad esempio il modo in cui vengono mostrati i passeggeri di un autobus che attraversa il deserto.

Al centro del racconto, ad aprirlo e chiuderlo due ragazze mai state baciate, che inducono Ringo a mostrare quella vocazione paterna al centro del racconto che lo accompagna e caratterizza lungo tutta la seconda stagione di Orfani. Tornando al motto di Orfani, se è vero che Recchioni con la sua scrittura fa cadaveri – tanti – è altrettanto vero che ha la capacità di lavorare con persone che fanno arte.

Le illustrazioni che accompagnano il romanzo realizzate da Emiliano Mammucari, sono un’esperienza visiva intensa. Tratto pulito e colori naturali assieme a forme decise e ricche di dinamica potenza. Se la prosa di Recchioni racconta, il tratto di Mammucari arricchisce, secondo uno schema che, collaudato nel fumetto, trova una sua appagante dimensione nel romanzo.

Un romanzo su cui avventarsi se appassionati lettori della serie – aspettandone le prossime inevitabili declinazioni – ma che è anche ottimo momento di svago per chi il fumetto non lo conosce ancora e che resta comunque destinato a farsene coinvolgere.

Di Francesco Cascione

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