Magazine, 24/03/2017.
Dopo
l’esperienza estemporanea milanese, eccomi a
Napoli, questa volta in vacanza! Tralascio, solo
per il momento, le bellezze mozzafiato di questa città, per cui non
posso che chiedere umilmente scusa per non essere venuta prima.
Roma e Firenze certo, ma credetemi: Napoli non è da meno. Quello
però che più di ogni altra cosa mi ha colpito è l’assoluta
gentilezza e cortesia dei napoletani, del tutto spontanea
e mai stucchevole. Qui di seguito un breve elenco (e neppure
completo) della squisita ospitalità partenopea.
- Pizzeria
Donna Sofia – via dei Tribunal 89. La cameriera che ci
serve, giovane e di una delicata bellezza mediterranea, al nostro
goffo tentativo di ordinare come antipasto pre-pizza un tris a
testa (arancino, crocchè e frittatina di pasta) all’iperbolica
cifra di 1,5 euro, ci fa notare che forse è un po’ troppo e che
anche soltanto 2 porzioni in 4 sono più che sufficienti. Non che da
un punto di vista economico la spesa di 3 euro in più ci avrebbe
rovinato la serata (anche se siamo pur sempre genovesi), ma la
cortesia del suo suggerimento ci è sembrata delicatissima. E
ovviamente aveva perfettamente ragione!
-
Bar-Pizzeria Carlo Alberto – via Carlo Albero 15 -
Pompei. Qui abbiamo toccato la commozione. Arrivati nella
cittadina decidiamo di prendere dei panini da mangiare poi con
calma durante la visita agli scavi archeologici. Come sempre il
pane è fresco di forno e viene farcito al momento con quello che
più si desidera. Il bar dista circa 500 mt dal sito. Mentre stiamo
per varcare l’ingresso ci raggiunge il cameriere portandoci uno dei
panini ordinati che avevamo dimenticato. Questo ragazzo si è fatto
di corsa mezzo chilometro per portare un panino, già pagato, ad
alcuni turisti che non avrebbe mai più rivisto. Non ci sono parole.
Se passate da Pompei fermatevi da loro.
- Dama Caffè
del professore – via Maddaloni 5. Colazione
tradizionale, che non abbiamo fatto fatica ad assimilare: caffè,
cappuccino, l’immancabile bicchiere d’acqua, zeppole e sfogliatelle
in varie declinazioni. Il cameriere scherza con noi parlando di
calcio, uno di noi è juventino, il che a Napoli può essere a dir
poco imbarazzante. Finita la colazione ci dirigiamo verso il
Convento di Santa Chiara, ma appena arrivati là, Marco si accorge
di avere dimenticato la sua borsa al tavolino del dehor. Corsa
disperata, dove però la borsa era già stata recuperata dal
cameriere e messa da parte. Anche in questo caso gratitudine
assoluta.
-
Bar-pasticceria Il ciottolo - piazza Garibaldi 114.
Appena scesi dalla Circumvesuviana attraversiamo la piazza e
veniamo colpiti dalla profusione di bontà che fanno bella mostra in
una vetrinetta mobile all’esterno di un bar (questa delle
vetrinette piazzate in mezzo ai marciapiedi è una subdola usanza
cittadina che mira a corrompere anche gli animi più resistenti). Ci
fermiamo soltanto per scattare una foto, fermamente decisi a
resistere alla tentazione. Si avvicina il cameriere e ci spiega che
all’interno del bar le paste sono ancora più belle e ci terrebbe
molto che facessimo le foto a quelle. Come non accontentarlo? Ma
una volta entrati la tentazione ci vince e decidiamo di prendere
una zeppola (si, una sola). Il cameriere ce la divide in 4 parti e
poi ci invita a sederci nei tavolini esterni per gustarcela con
calma. Spesa finale 2 euro. Gentilezza senza prezzo.
- Tandem
d’asporto - E. De Marinis 1 (angolo via Mezzocannone).
La nostra padrona di casa ci suggerisce questo piccolo localino
takeaway vicino al nostro appartamento: dobbiamo assolutamente
provare le polpette col ragù! In quanto nordici non siamo in grado
di elaborare un’ordinazione corretta e veloce e in pochi istanti
diventiamo la barzelletta del locale. Fortunatamente la ragazza
alla cassa, tra tanta pazienza e qualche risolino, ci sopporta e
supporta fino alla fine dell’ordinazione. Usciamo trionfanti con
varie porzioni di manfredi al ragù e ricotta, polpette al ragù,
pane cafone e una bottiglia di vino. Qualche sera dopo ripeteremo
l’esperienza culinaria, ma stavolta più preparati.
-
Antico tarallificio da Poppella (padre) –
via Sanità 148/149.
Non è proprio facile, ma usciti dalle Catacombe di San Gennaro,
decidiamo di raggiungere il Cimitero delle Fontanelle. Per
arrivarci dobbiamo attraversare a piedi il Rione Sanità, là dove il
turista non arriva e tutto è più vero. Sulla strada del ritorno
l’ennesima vetrinetta sul marciapiede cattura la nostra attenzione,
sono le 3 del pomeriggio e non abbiamo ancora mangiato. Un
simpatico signore con i capelli bianchi ci chiede se abbiamo fame…
e ce lo chiede con quel modo tutto napoletano di quello che tanto
già sa la risposta. Da sotto alcuni fogli di carta estrae dei
panini appena sfornati e ce li imbottisce con quello che lui
ritiene (a ragione) essere una specialità deliziosa a base di carne
e verdure. Nel frattempo ci racconta la sua storia e ci fa vedere
vecchi articoli di giornale appesi alle pareti della bottega. Nel
salutarci ci raccomanda di passare dalla pasticceria del
figlio che si chiama Fiocco di
neve, più avanti lungo la strada. E come avremmo
potuto esimerci da questa ulteriore sosta per provare la specialità
della casa??
-
Ristorante La Campagnola - via Tribunali 47. Il nostro
ultimo vero pranzo a Napoli. Sempre suggerito dalla nostra
fantastica padrona di casa, lasciamo il nostro nome in lista
d’attesa e aspettiamo fuori di essere chiamati: è una prassi
normale in città ed è il motivo per cui vedrete spesso capannelli
di persone davanti a pizzerie e ristoranti. Una volta seduti
ordiniamo e mangiamo, molto bene, come sempre. Sto giusto dicendo
ai miei compagni di viaggio che non potrei mangiare neppure un
altro boccone, quando il cameriere si avvicina a me e mi chiede se
prendiamo il dolce. Gli domando perché lo ha chiesto proprio a me e
lui mi risponde con un sorrisetto canzonatorio Ho intuito che
lei è l’anello debole della catena! Ecco….! Ovviamente abbiamo
ordinato il dolce. Però mi sono presa la mia piccola rivalsa perché
quando gli ho chiesto l’origine della tradizione delle zeppole a
San Giuseppe non me l’ha saputo dire. Ho gongolato assaporando
voluttuosamente la crema e le amarene.
P.S. Per chi fosse interessato all’origine della zeppola, il
dolce ha origini antichissime, quando intorno al 500 a.C. si
celebravano a Roma le Liberalia, che
erano le feste delle divinità dispensatrici del vino e del grano
nel giorno del 17 marzo. In onore di Sileno,
compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano
fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano nello
strutto bollente profumate frittelle di frumento. La tipica forma a
ciambella della zeppola rammenta la forma di un
serpentello (serpula) quando si
attorciglia su se stesso da ciò è quasi certo che sia derivato il
nome di zeppola.
Di Cristina Torriano