Ricci e Forte all'Archivolto con Still life: bullismo, omologazione, fantasia

D. e V. Antonelli
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Genova, 28/02/2017.

C'è violenza e violenza. Ci sono discriminazioni quotidiane che le persone vivono a vari livelli. Razzismo, bullismo, xenofobia sono le manifestazioni più accese, ma c'è poi la diffidenza e la paura dell'altro/a, chiunque questa persona sia, per qualche elemento che la rende non riconoscibile.

Sollecitati da una commessa per il ventennale del Festival Garofano Verde, rassegna dedicata ai temi cari alla cultura Lgbt e in generale dedicata alle differenze, nel giugno 2013 al Teatro Argentina di Roma presentano una produzione-performance che vuole smuovere il discorso intorno a un adolescente che si è tolto la vita. Lo definiscono un omaggio per ricordare l'adolescente romano, uno dei tantissimi, che si è impiccato con la sua sciarpa rosa. Lo chiamano anche Massacro a cinque voci per una vittima. L'intento è quello di porsi delle domande, indagando i fenomeni di omologazione tra gli adolescenti che possono essere radici subdole per forme (auto)repressive e auto-distruttive.

Still life riporta ricci/forte al Teatro dell'Archivolto, che varie volte ha ospitato la compagnia e il suo lavoro - unica data venerdì 3 marzo; sul palco Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Liliana Laera, Fabio Gomiero, Simon Waldvogel guidati nei movimenti da Marco Angelilli su una drammaturgia originale di ricci/forte (regia di Stefano Ricci).

Gli interpreti/performer intersecano il tema dell'esclusione o auto-esclusione con un linguaggio che celebra come sempre la fantasia, la cultura pop, l'associazione libera e la giustapposizione di mondi opposti. ricci/forte descrivono questo lavoro come una conferenza emotiva più che uno spettacolo in cui si vuole recuperare il senso della responsabilità, ma anche riportare in primo piano uno dei più importanti ma oggi anche più svenduti tra i valori umani: la dignità.

«Il teatro è un mezzo potentissimo - affermano ricci/forte - con cui esaltare il potenziale che c’è nelle differenze tra esseri umani. È un’arena di confronto, in cui raccontare l’indignazione nostra e di altri. L’ignoranza non è mai un’attenuante: siamo tutti colpevoli. Per sconfiggere la spinta all’omologazione, dobbiamo crescere nel valore della differenza. Anche per quei nomi che non potranno più».

Di Laura Santini

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