Forgive me, distant wars, for bringing flowers home: alle Ogr la mostra del trio iraniano

Andrea Rossetti

Torino, 12/07/2018.

Dal 12 luglio al 30 settembre 2018 le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino presentano Forgive me, distant wars, for bringing flowers home, la prima mostra personale in un’istituzione italiana del trio di artisti Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian – artisti di origine iraniana residenti negli Emirati Arabi –, a cura di Abaseh Mirvali.

La mostra nasce come sviluppo del Premio OGR assegnato a Rokni Haerizadeh durante l’edizione 2017 di Artissima. Negli ultimi decenni Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian hanno condiviso una filosofia di vita incentrata sulla collaborazione creativa, grazie alla quale le loro pratiche individuali interagiscono e si arricchiscono reciprocamente sia dal punto di vista tecnico che linguistico ed espressivo. Da queste forme di dialogo intessute tra loro e con altri artisti, amici e collaboratori, i tre artisti hanno dato vita a un linguaggio personale che gli permette di lavorare su livelli diversi e stratificati sia dal punto di vista estetico che del contenuto.

Consapevoli che la loro pratica non comprende solo ciò che producono direttamente, ma anche i contributi di altre persone – artisti, falegnami, allestitori, tecnici e light designer, per citare alcuni esempi – Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian rifiutano il concetto di “autorialità”, includendo nelle loro opere tutti coloro che diventano parte del loro processo creativo e produttivo: ognuno partecipa singolarmente alla realizzazione delle loro opere, condividendo con i tre artisti il proprio universo, il modo di pensare e il metodo di lavoro e dando vita in ogni occasione alla creazione di qualcosa di veramente nuovo sotto tutti i punti di vista.

Per questo, con attitudine simile ai membri del gruppo Fluxus, Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian non considerano i loro lavori come opere d'arte vere e proprie: il senso del lavoro non sta nel risultato finale – abbia esso la forma di un oggetto, un disegno o di una performance video – ma nell'intero processo di esplorazione, evanescente ed effimero, che porta a quel risultato.

Forgive me, distant wars, for bringing flowers home si concentra dunque su questo aspetto processuale e inclusivo della pratica artistica del trio, svelandone in qualche modo il dietro le quinte. Parte integrante della loro pratica collaborativa è infatti la creazione di una serie di alter ego che permettono ai tre artisti di giocare con le loro identità individuali, lavorando su temi legati al linguaggio, allo spazio vuoto, al potere, alla trasformazione, all'appartenenza, al dislocamento, all'esilio, al dolore e alla distruzione. Le loro “creature” – come le definiscono – vivono in video documentari ma anche in performance video che costituiscono opere d'arte in sé: sono personaggi antropomorfi, fitomorfi o zoomorfi, con qualche tipo di limitazione sensoriale o motoria che, secondo gli artisti, permette loro di affinare gli altri sensi.

Così, piccole persone con naso e orecchie da roditore, code di pesce o teste di lattuga diventano protagoniste in un mondo irreale che entra nel regno dello spettatore attraverso performance dal vivo o la presentazione fisica delle opere da loro realizzate. L'idea alla base della creazione di questi alter ego è quella di presentare i corpi degli artisti come ospiti di creature dal regno delle immagini, combinando le reciproche identità in un processo di fusione che permette alle creature di agire secondo i loro specifici bisogni. Reinterpretando la pratica dell'objet trouvé, quando sono creature, gli artisti selezionano, infatti, una serie di oggetti della vita quotidiana per raccontare la loro storia: oggetti logori, malconci o dimenticati vengono reinventati in un mondo parallelo dove acquisiscono nuovi significati, fornendo letture sottili, a volte opache, delle nostre società contemporanee.

Sebbene vogliano attirare l'attenzione sui grandi temi sociali che affliggono la contemporaneità (alcuni dei quali con conseguenze umane devastanti), Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian non cercano di trasmettere alcun messaggio morale allo spettatore: usando il meccanismo della citazione e della decontestualizzazione parlano dunque con apparente leggerezza di contenuti specifici, dal potenziale anche fortemente drammatico, costringendoci a rileggere e reinterpretare la realtà con nuovi occhi e una nuova consapevolezza.

Nella serie di opere su carta Where is Waldo? e nei moving paintings From Sea To Dawn e Big Rock Candy Mountain, ad esempio, gli artisti costruiscono complessi racconti visivi appropriandosi di immagini tratte dai mass media: dopo aver scaricato e stampato migliaia di fotogrammi tratti da video di YouTube o da varie trasmissioni televisive – come documentari e immagini di quotidiani e riviste sulla crisi dei migranti e il conflitto siriano – gli artisti intervengono sulle immagini per trasformare i loro protagonisti in creature ibride, incroci di animali ed esseri umani. Da questi disegni emerge un’immagine dell’umanità violenta e mostruosa. Ciò che nasce come filmato documentario o di reportage si trasforma in una complessa allegoria dell’universalità della violenza, coinvolgendo lo spettatore e risvegliandolo dallo stato di assuefazione causato dalla comunicazione di massa. Qualcosa di simile si verifica anche nella performance video Black Hair, che riflette sulle nozioni di tempo, vita e morte, e negli altri lavori site-specific che verranno prodotti per la mostra, arricchendo il florido e variopinto immaginario del trio di nuovi straordinari abitanti.

Forgive me, distant wars, for bringing flowers home non vuole dunque essere una mostra retrospettiva o un'indagine sull'opera degli artisti, ma piuttosto un’esplorazione empatica della loro pratica collaborativa, nel tentativo di mostrare il lavoro di Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian da una prospettiva di osservazione partecipante dei meccanismi che alimentano il loro processo creativo, di condivisione e inclusione di persone e processi.

La mostra sarà visitabile dal 12 luglio al 30 settembre, giovedì dalle 11.00 alle 19.00, venerdì dalle 11.00 alle 20.00, sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00. Biglietto intero: 8 euro. Maggiori informazioni sul sito delle Ogr.

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