Prima della Scala 2022: Boris Godunov, trama dell'opera, foto delle prove e dove vederla

Brescia/Amisano (Teatro alla Scala)
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Milano, 06/12/2022.

Mercoledì 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio 2022, come da tradizione inaugura la stagione del Teatro alla Scala di Milano. La prima della stagione 2022/2023 è l'opera Boris Godunov, dramma musicale popolare in quattro parti (sette quadri) di Modest Petrovič Musorgskij (dalla tragedia omonima di Aleksandr Puškin e dalla Storia dello Stato russo di Nikolaj Karamzin), diretto da Riccardo Chailly con la regia di Kasper Holten.

Le scene sono di Es Devlin, mentre Ida Marie Ellekilde firma i costumi e Luke Halls i video; le luci sono di Jonas Bǿgh. Interpreti delle parti principali sono Ildar Abdrazakov (Boris Godunov), Lilly Jørstad (Fëdor), Anna Denisova (Ksenija), Agnieszka Rehlis (la nutrice di Ksenija), Norbert Ernst (Vasilij Šujskij), Alexey Markov (Ščelkalov), Ain Anger (Pimen), Dmitry Golovnin (Grigorij Otrepev), Stanislav Trofimov (Varlaam), Alexander Kravets (Misail), Maria Barakova (l'ostessa della locanda), Yaroslav Abaimov (lo Jurodivyi), Oleg Budaratskiy (Pristav, capo delle guardie) e Roman Astakhov (Mitjucha, uomo del popolo). Il Coro del Teatro alla Scala è diretto da Alberto Malazzi.

Riccardo Chailly, alla sua nona inaugurazione di stagione, ha scelto di portare alla ribalta del 7 dicembre 2022 un titolo ricorrente delle stagioni scaligere, fin dalla prima italiana del 1909 voluta da Toscanini (ma diretta da Edoardo Vitale), diretto tra gli altri dallo stesso Toscanini ma anche da Guarnieri, Votto, Gavazzeni e Gergiev, Boris Godunov apre la stagione scaligera per la seconda volta dopo la memorabile edizione diretta da Claudio Abbado nel 1979 con la regia di Jurij Ljubimov. La versione scelta è quella primigenia del 1869, che sgomentò i contemporanei per i tratti innovativi e realistici tanto dal punto di vista drammaturgico quanto da quello musicale, e si concentra sul tema della colpa individuale e sulle sue inevitabili conseguenze.

La vicenda è cupa e attuale e riecheggia l’argomento del Macbeth verdiano con cui il Teatro alla Scala ha inaugurato la stagione 2021/2022. Siamo nel 1598: morto lo zar Fëdor, guardie e sacerdoti esortano il popolo a pregare perché il boiaro Boris Godunov accetti di ascendere al trono. Infine l’incoronazione ha luogo nella piazza delle cattedrali del Cremlino con un’imponente cerimonia turbata però da alcuni disordini. In una cella del monastero di Čudov l’anziano monaco Pimen sta per terminare la sua cronaca delle vicende della Russia: la cronaca riporterà la verità sull’assassinio dello zarevič Dimitri, legittimo erede al trono, perpetrato su ordine di Boris. Pimen narra il delitto al novizio Grigorij, che avendo la stessa età dello zarevič risolve di farsi passare per lui e guidare una rivolta contro Boris per impossessarsi del trono. Grigorij ripara in Polonia evitando l’arresto attraversando la frontiera con la Lituania. Le ultime scene narrano fatti accaduti nel 1604: i figli di Boris, Xenia e Fëdor sono cresciuti; lo zar governa un paese ormai stremato dalla carestia in cui il malcontento serpeggia tra il popolo e si moltiplicano le voci sul regicidio commesso, mentre alle frontiere premono le forze ribelli guidate da Grigorij. Perseguitato dal fantasma dello zarevič, Boris Godunov perde il senno e muore dopo un’ultima esortazione al figlio Fëdor.

Lo spettacolo firmato da Kasper Holten e dal suo team creativo propone una lettura dell’opera incentrata sui temi della coscienza opposta al potere e della verità opposta alla censura. Alla radice della riflessione registica c’è l’origine del libretto, il dramma di Puškin, composto nel 1825 e pubblicato nel 1831. Affrontando l’epopea del periodo dei torbidi, Puškin si ispirava apertamente ai grandi drammi storici shakespeariani, non solo nella grandiosità dell’affresco ma anche nella profondità dei personaggi. La vicenda è, articolata in sette scene  divisa in due parti ben distinte, sottolineate dall’inserimento di un intervallo: nelle prime quattro scene si assiste alla cerimonia pubblica dell’incoronazione come mezzo propagandistico per trascinare il popolo, alla sovversiva testimonianza di verità di Pimen e alla decisione di Grigorij di stravolgere questa verità per usurpare il potere: in breve si assiste a ciò che accade a Boris guardandolo dall’esterno. Nelle restanti tre scene - che si svolgono quasi sette anni dopo - il pubblico osserva insieme a Boris come questi cerca di convivere con la sua colpa, sente la sua paura e il suo percorso verso la follia entrando nella sua mente

Preceduto dal fitto programma della Prima Diffusa 2022, l'appuntamento con la prima della Scala è dunque per le ore 18.00 di mercoledì 7 dicembre; le porte del Teatro alla Scala si aprono alle ore 16.30 e il pubblico è invitato a prendere posto entro le ore 17.30. I biglietti per la prima oscillano dai 100 euro della galleria ai 2500 euro della platea (esclusi diritti di prevendita); la tradizionale coda di Sant’Ambrogio per accaparrarsi uno degli ambitissimi 140 posti in seconda galleria in vendita l’ultimo giorno è iniziata martedì 6 dicembre con l’appello delle ore 7.00 (ma molti erano già presenti dalle ore 6.00 sotto i portici di via Filodrammatici): l’appello definitivo per i posti in lista è previsto per le ore 18.00, mentre la vendita è prevista per mercoledì 7 dicembre alle ore 13.30.

Non mancano comunque le occasioni di vedere gratis la prima della Scala: oltre alla diretta tv su Rai 1 (a partire dalle ore 17.45) e su Rai Play, sono ben 35 i luoghi di Milano dove è prevista la proiezione in diretta della prima di Boris Godunov. Dopo la prima, l'opera va in scena in altre 6 repliche fino a giovedì 29 dicembre 2022 (qui le date di tutte le repliche di Boris Godunov alla Scala e i prezzi dei biglietti).

Abbiamo accennato alla trama di Boris Godunov: ma per capire davvero di cosa parla vediamo, così come illustrata sul programma di sala del Teatro alla Scala, come si sviluppa la vicenda: di seguito il libretto in sintesi a cura di Claudio Toscani, mentre nella fotogallery a fondo pagina pubblichiamo le foto ufficiali delle prove di Boris Godunov.

Boris Godunov di Musorgskiji: la trama dell'opera

Parte primaCortile del monastero di Novodevič’i. Siamo nel 1598. Un ufficiale di polizia ordina alla folla di inginocchiarsi e di chiedere a Boris Godunov, ritiratosi nel monastero di Novodevič’i nei pressi di Mosca, di accettare il trono. La folla obbedisce, senza comprendere la cosa fino in fondo. Prende la parola il boiaro Andrej Ščelkalov, segretario della Duma: annuncia che Boris, per il momento, resterà sordo alle preghiere e non accetterà la corona. Solo un’illuminazione divina potrebbe persuaderlo. Da lontano viene un canto religioso: è un gruppo di pellegrini, che esortano il popolo a recarsi dal futuro zar portandogli le sacre icone, e mettono in guardia dalle forze sataniche che minacciano la Russia. Il popolo, pur impressionato, non comprende. L’ufficiale ordina a tutti di recarsi, il mattino seguente, al Cremlino. La folla si disperde, commentando cinicamente l’accaduto. Mosca, la piazza del Cremlino. Sono trascorsi alcuni mesi: Boris ha accettato di salire al trono. Suonano le campane del Cremlino, mentre il principe Vasilij Šujskij ordina al popolo di acclamare il nuovo zar. Boris fa la sua comparsa; è turbato da presentimenti sinistri e implora la benedizione del cielo. Si avvia all’incoronazione nella cattedrale dell’Arcangelo, invitando tutto il popolo a partecipare alla festa. Riprendono il suono delle campane e le acclamazioni della folla.

Parte secondaUna cella del monastero dei MiracoliSono trascorsi cinque anni. È notte; il vecchio monaco Pimen lavora all’ultima parte della cronaca che raccoglie gli eventi di cui è stato testimone in vita. Il giovane monaco Grigorij, che divide con lui la cella, si sveglia bruscamente da un incubo. Si tranquillizza alla vista del vecchio impegnato nel suo lavoro, e racconta il suo sogno ricorrente: si trovava in cima a un torrione che domina Mosca, dal quale vedeva il popolo che lo scherniva, sinché precipitava nel vuoto. Grigorij si lamenta della sua vita di recluso, ma Pimen lo tranquillizza, gli raccomanda digiuno e preghiera e gli ricorda che a volte gli stessi zar, stanchi del mondo, vengono a ritirarsi nei monasteri. Racconta poi al giovane l’assassinio dello zarevič Dmitrij, di cui è stato testimone: il bambino pugnalato, la disperazione della zarina, i sospetti presto caduti su Boris Godunov. Se lo zarevič fosse sopravvissuto, ora avrebbe circa vent’anni, l’età di Grigorij. Rimasto solo nella cella, il giovane monaco giura di vendicare l’assassinio: Boris non sfuggirà al giudizio di Dio né a quello degli uomini. Osteria presso il confine lituano. Due frati girovaghi, Misail e Varlaam, giungono insieme a Grigorij, che è fuggito dal monastero e ora ha fretta di passare il confine. Varlaam beve e intona una canzone che narra della presa di Kazan’ da parte di Ivan il Terribile. Mentre i due monaci si ubriacano, Grigorij interroga l’ostessa, che gli svela l’esistenza di un sentiero non sorvegliato grazie al quale potrà raggiungere la Lituania. Ma la polizia ha scoperto la fuga del giovane monaco: giungono infatti due guardie di frontiera con un mandato di cattura. Poiché nessuno dei due sa leggere, Grigorij fa cadere i sospetti su Varlaam e lo fa arrestare. Questi legge però il documento e smaschera Grigorij, che minacciando le guardie con un coltello riesce a fuggire dalla finestra.

Parte terzaMosca, appartamenti dello zar al Cremlino. I figli di Boris, Fëdor e Kšenija, sono con la nutrice. Kšenija piange il suo fidanzato perduto, Fëdor studia una carta della Russia. Entra Boris, consola Kšenija e la congeda; ascolta poi con interesse il figlio, che gli recita la sua lezione sulla geografia russa. Boris gli raccomanda di studiare con cura, perché un giorno quel regno gli apparterrà. Assorto nei suoi pensieri, Boris ripensa agli anni del suo regno, alle difficoltà e agli insuccessi, e soprattutto all’atto criminale il cui ricordo tormenta la sua coscienza. Un ciambellano annuncia che il principe Šujskij chiede udienza. Boris lo riceve ed è informato che in Lituania è comparso un pretendente al trono, sostenuto dal re, dalla nobiltà e dal papa, che afferma di essere lo zarevič Dmitrij. Boris, turbato, chiede se il fanciullo assassinato nella città di Uglič fosse realmente lo zarevič; riceve risposta affermativa da Šujskij, che gli racconta di essersi recato più volte a raccogliersi sul corpo dell’ucciso. Boris, sempre più sconvolto, congeda il principe e in preda a un’allucinazione crede di vedere lo spettro della sua vittima.

Parte quartaPiazza davanti alla cattedrale di San Basilio. Il popolo, misero e affamato, si accalca sulla piazza. Nella cattedrale si scaglia l’anatema contro l’usurpatore Grigorij e si celebra un requiem per lo zarevič Dmitrij; la folla commenta ironica, poiché si è già sparsa la voce che Dmitrij è vivo e che marcia su Mosca alla testa di un’armata. Avanza l’Innocente, inseguito da una banda di monelli che gli rubano l’unica moneta. In quel momento Boris esce dalla cattedrale. La folla chiede pane; l’Innocente, reclamando giustizia, gli chiede di far uccidere i monelli come ha fatto uccidere il piccolo zarevič. Šujskij vorrebbe arrestarlo, ma Boris s’interpone e chiede all’Innocente di pregare per lui. Il folle rifiuta, sostenendo di non avere il diritto di pregare per Erode, e lamenta il triste destino della Russia. Mosca, una sala del Cremlino. Davanti all’assemblea dei boiari Ščelkalov espone il caso dell’usurpatore Grigorij, che sostenendo di essere Dmitrij cerca di sollevare il popolo contro Boris, e invita tutti a manifestare la loro decisione. I boiari deliberano che il colpevole, catturato, sia giustiziato. Giunge, in ritardo, il principe Šujskij, e riferisce delle allucinazioni di Boris, di cui è stato testimone. Entra anche Boris, sempre in preda alle sue visioni, ed è informato che un vecchio monaco desidera parlargli. È Pimen, che narra allo zar una storia miracolosa riferitagli da un vecchio pastore. L’uomo, cieco dall’infanzia, sentì un giorno nel sonno la voce di un fanciullo, che gli si presentava come lo zarevič Dmitrij e gli raccomandava di recarsi a pregare sulla sua tomba; avendo obbedito, l’uomo aveva ritrovato la vista. Questa notizia, che prova la santità del martirio dello zarevič, assesta un colpo mortale a Boris. Lo zar fa chiamare suo figlio, si congeda da lui e, dopo averlo indicato come suo successore all’assemblea dei boiari, si accascia senza vita.

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