Elisa Serafini, assessora rap: «Genova? È una città autentica»

Genova, 28/07/2017.

«Credo che i rapper siano i nuovi cantautori; raccontano storie, no?». Ecco perché sarà il Festival di musica Rap e Trap, in preparazione per il prossimo gennaio 2018, il primo atto tangibile di Elisa Serafini, neo-assessora under 30 del Comune di Genova al marketing territoriale, cultura e politiche giovanili: «Genova è la città che sta esprimendo i più importanti artisti di musica rap e trap, all'interno di una tradizione già forte fatta di associazioni musicali e persone che producono musica. Il rap con le sue storie porta all'introspezione e alla riflessione e quindi si lega bene con la vivacità intellettuale tipicamente genovese. È il momento di rivolgersi ai giovanissimi. La produzione musicale attuale a Genova è nelle mani di ragazzi che hanno dedicato il loro tempo libero a fare musica, spesso anche provenendo da contesti sociali difficili; hanno rivolto alla musica le loro energie trovando un mezzo espressivo, imparando una professione e cogliendo tra le note un'occasione di riscatto. Nel Festival di musica Rap e Trap non ci saranno solo concerti, ma anche una battaglia di rime, performance di danza e arte contemporanea».

E il Conservatorio? «Un grande patrimonio della città e per la città, perché è anche un polo educativo e di preparazione professionale che attrae talenti da tutto il mondo - conosco personalmente violinisti e pianisti dal Giappone e dalla Russia che sono venuti qui a studiare e poi si sono innamorati della città e sono restati. E sono già molti i giovani musicisti inclusi tra i nomi del Festival».

Il lavoro quotidiano di Elisa Serafini al momento è concentrato sul gestire la transizione, il passaggio di pratiche, incontrare associazioni e compagnie, «dando priorità a chi ha iniziative imminenti. Ho già incontrato varie associazioni e realtà creative. Piano piano conto di incontrare tutti. La mia intenzione è creare massima sinergia, integrare e promuovere le tante attività. Genova è una città dove esprimersi è normale: nella musica, nella moda, nella politica».

Qual è, dal punto di vista di Elisa Serafini, la forza particolare che Genova esprime in ambito culturale rispetto ad altre città? «È autentica e ancora non eccessivamente turistica, anche se ha conosciuto un aumento del turismo e una crescita nell'attenzione mediatica. Milano, per esempio, è più commerciale. Venezia più turistica. Genova è caratterizzata da realtà nascoste, come le botteghe storiche e tutti quei contesti legati alla storia della città. Ho sempre pensato che Genova abbia una vivacità e un'identità intellettuale legata a una controcultura. Milano è la città dell'ordine nel business e nell'architettura; è la città della moda e della sofisticatezza. Genova è più disordinata, seppure abbia un suo ordine. È capace di lasciarti a bocca aperta, mentre Milano è più riconoscibile. Genova ti sorprende continuamente, potresti trovare una piazzetta del 1500 dietro l'angolo o le palazzine dei marinai sbucando da un vicolo».

La musica è decisamente l'ambito artistico che attrae maggiormente l'attenzione di Elisa Serafini. Nella prima comunicazione ufficiale, in cui hai indicato le linee guida del tuo programma l'assessora ha parlato del progetto della Casa dei cantautori, sposando un'iniziativa regionale: «Sì, credo sia una buona opportunità per creare un polo museale in corso Italia, in una zona ancora tagliata fuori dai percorsi turistici che ruotano piuttosto su Porto Antico e il centro storico. Il polo lo immagino come una struttura multimediale che si apra alle nuove tecnologie e attiri i giovani attraverso soluzioni creative digitali e AR (realtà aumentata). Dovrebbe anche esserci una parte dedicata alle professioni della musica, tutte. Attorno al museo, che dovrebbe sorgere all'interno dell'Abbazia di San Giuliano, immagino tante altre attività collaterali, ma non sarò io a decidere i contenuti».

Musica e danza? «Certo, danzatori, performer ed eventi artistici di vario genere». Tra le parole chiave emerse dalle dichiarazioni di Elisa Serafini non trovo però la parola teatro: «Sui teatri stiamo facendo un lavoro di facilitazione organizzativa per ridurre i costi fissi. Anche se io sono brava sul marketing, non sul controllo di gestione, per cui mi occuperò meglio della promozione. Cercheremo di creare azioni facilitanti per attrarre investimenti, facendo vedere che il teatro si sta efficientando, così da attrarre fondazioni, privati e filantropi».

Per essere attrattivo il settore culturale deve consentire a chi investe di intervenire nella progettualità? «No, assolutamente no. Quello di cui chi investe ha bisogno è un report chiaro e puntuale sull'impatto del lavoro/performance sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo». Arriviamo al tema più penosamente attuale: il budget dell'ente e quanto viene destinato alla cultura e ai giovani: «Tutti i Comuni italiani sono in difficoltà sulla cultura. Stiamo cercando di creare vie d'accesso per il contatto con i privati - sono tanti gli interessati. Il privato deve solo finanziare, ma deve poter ricevere una reportistica che racconti l'impatto, che è poi un ritorno di immagine, ma che si misura attraverso informazioni non convenzionali, per esempio, quanto un evento incida sulla sicurezza percepita, sull'indotto commerciale prodotto, sull'eventuale incremento sul valore degli immobili nella zona di intervento, ecc.».

Ci sono tanti teatri a Genova, ma esiste anche l'annosa questione di chi da anni reclama uno spazio, senza contare che emergono di continuo nuovi artisti e compagnie che sono alla ricerca di una casa. È necessario rivedere la situazione degli spazi attivi in città e degli affidamenti? «Certo, credo che dovremmo lavorare a una maggiore trasparenza, per esempio mappando gli immobili e rendendo queste informazioni accessibili online, inclusi i termini degli affidamenti e le varie scadenze sulle gestioni. C'è bisogno di rinnovamento e ci sono gruppi che sono stati tagliati fuori; alcuni li ho già conosciuti. Attraverso la trasparenza penso si possano fare dei passi avanti in questo senso. Io sono dell'idea che più elementi sono online più è democratico l'accesso. Bisogna lavorare molto con l'informatica». 

Annunciando la sua visione sulla gestione dell'assessorato, Elisa Serafini ha sottolineato la nuova combinazione cultura-giovani e ha indicato nella Consulta dei giovani creativi lo strumento di cui si doterà. Chi ne farà parte e come lavorerà? «Le due deleghe insieme credo rappresentino una grande occasione, fin'ora inesplorata. La Consulta sarà un organo trasversale, a cui saranno chiamati a partecipare designer, dalle arti visive, dalla fotografia, dall'arte 3D; ci saranno performerproducer musicali e figure da tutti gli ambiti artistici. Partirà dall'autunno e si attuerà attraverso un programma di eventi mensili all'interno dell'assessorato. Sarà un gruppo dedicato a dare spunti, mettere sul tavolo idee e progetti perché Genova sia democratica nel processo di progettazione. Un luogo di contaminazione».

Come si tradurrà questo brain-storming in pratica? «Devo studiare la formula per trasformare la parte ideativa in azione operativa. Parto dal concetto che per me le strutture sociali sono e devono restare agerarchiche, quindi credo nel confronto e nella discussione, perché se emergeranno delle buone idee da un creativo della Consulta avranno la stessa attenzione tanto quanto se mi arrivassero da un dirigente». Interessante questo approccio inclusivo: «Gli under 30 sono cresciuti con la sharing economy; permettere loro di condividere le idee credo sia il minimo».

Delle attività e programmazioni culturali espresse dalla città fino ad oggi che cosa sarebbe da tenere e cosa no? «Mi ha convinto la valorizzazione dei Rolli: una perfetta sinergia fra cultura, marketing territoriale e turismo. Un progetto che ha dato ottimi risultati. Un altro esempio positivo è quello di Genova2004, che ha coinvolto le scuole nelle iniziative culturali della città; quello è un buon modello: far sì che i giovani si avvicinino alla cultura, ai teatri, all'arte anche facendo i volontari. Per me personalmente è stata un'esperienza importantissima».

Centro o decentramento? «Decisamente decentramento. Occorre cambiare e aprirsi alle altre delegazioni. Quindi decentramento e attenzione alle politiche per i giovani. Per esempio Carignano è un quartiere vicino, ma non abbastanza conosciuto dal punto di vista turistico: il museo di Villa Croce non è così facilmente individuabile da un turista. Le attività delle delegazioni non sono ancora integrate bene nella promozione cittadina: si può dare maggiore visibilità. Pegli ha un parco bellissimo: occorre che la gente lo sappia. Occorre impegnarsi su promozione e integrazione. E spiegare che la città è collegata dal treno, piuttosto che dagli autobus, sia per raggiungere Nervi che per raggiungere Pegli con solo 15/20 minuti di viaggio invece che 40/50».

Quale strategia per le nuove cariche, di direttore e presidente, della Fondazione Palazzo Ducale? «Ci sarà un confronto tra assessorato e sindaco e in autunno uscirà il bando per il direttore. L'idea è avere un presidente istituzionale, una carica non operativa, anche perché è una posizione pro bono e quindi non si può chiedere a qualcuno di lavorare senza essere pagato. Sarà una figura super partes, indipendente. Il direttore invece seguirà sia l'indirizzo artistico che i processi di gestione e il personale della Fondazione. La nomina del presidente dipende dal sindaco; ci sarà certo un confronto, ma nessun concorso».

Si dice sempre che l'Italia è un paese per vecchi e quindi un'assessora giovane sembra una decisa svolta. Ma si potrebbe anche mettere in discussione l'idea che i giovani siano in grado di ascoltare e pensare per i giovani? «Credo che non si tratti di età anagrafica, ma di esperienza. Quando ho incontrato i ventenni ho colto problematiche e stimoli nuovi, mi sono resa conto che quello che per loro è prioritario è diverso rispetto a quello che vivo io. Nel range di sei/sette anni ci sono altre esigenze, l'alternarsi generazionale è incalzante, ed è più rapido, oggi, il salto tra l'una e l'altra classe d'età. Credo però che siamo capaci di avere un occhio non condizionato e in questo aiutano le diverse esperienze già maturate».

Scuola, università e cultura: qualche progetto? «Scuola e università non sono tra le mie deleghe. Quello che farò sarà intervenire sulle politiche giovanili per creare punti di incontro sulle opportunità di impiego e promuovere l'auto-imprenditorialità».

Di Laura Santini

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