Genova, 20/06/2025.
La storia di Klainguti è una storia che inizia nell'Ottocento, quando quattro fratelli svizzeri, di passaggio a Genova forse per emigrare negli Stati Uniti, decisero di rimanere nella nostra città e aprirono una pasticceria, portando dai monti elvetici la loro tradizione culinaria, che è giunta ai nostri palati fino ad oggi, anche se con qualche interruzione.
Dopo quattro anni di stop, riapre finalmente in piazza Soziglia 98r la storica pasticceria Klainguti, fondata nel 1828, che si può considerare un vero e proprio gioiello, di pasticceria e di stile, visti gli arredi che ci catapultano immediatamente indietro nel tempo.
Al timone, ovviamente di legno pregiato, di questa nuova avventura fatta di pasticcini, brioche e torte ci sono i pasticceri Michel Paquier, già conisciuto per i suoi locali firmati Douce Pâtisserie Cafè e Marco Rinella, romano di nascita e guru dei corsi che sfornano, è proprio il caso di dirlo, nuovi giovani talenti.
La nuova era di Klainguti si apre all'insegna della tradizione, anche se può sembrare un ossimoro. Prendiamo il caso della celebre brioche Falstaff, amata addirittura da Giuseppe Verdi, che dedicò all'omonimo personaggio shakespeariano un'opera, la cui dedica all'allora staff della pasticceria è ancora visibile, dietro ad una teca. Grazie dei Falstaff, buonissimi! Molto migliori del mio!, fu la recensione ante litteram del grande compositore, che assaggiò questo croissant quando si trovava a passare per i vicoli di Genova.
«Abbiamo mantenuto la ricetta orginale, con farcitura di crema pasticciera alla nocciola e glassa di zucchero. Ci siamo solo permessi di aggiungere un tocco più contemporaneo, con delle nocciole caramellate per decorazione», ci racconta Michel. Chissà se Verdi avrebbe apprezzato questo dettaglio crunchy, come si dice nel Ventunesimo secolo?
Pensiamo di sì, ma anche Marco ci assicura che la tradizione verrà rispettata, forse cambierà solo qualche piccola sfumatura estetica, come nel caso della Torta Zena, un altro must di Klainguti: «È un prodotto che, come gli altri, abbiamo ripreso in mano, attenendoci al 100% alla ricetta originale perché era già modernissima. Si tratta di un prodotto fantastico, veramente centrato fin da quando è nato. Lo abbiamo reso solo un po' più adatto alle nostre esigenze di esposizione e di produzione, quindi abbiamo spostato qualche elemento come la pasta di mandorla, che originariamente era sul bordo, l'abbiamo lasciata soltanto in superficie. Il Pan di Spagna è bagnato con il Marsala e ovviamente la farcitura è di crema Zena».
Abbiamo chiesto a Michel e Marco di rivelarci il loro dolce preferito, ovviamente del repertorio Klainguti e perchè. Partiamo da Michel: «Per me è il Portantour, sembra un Bacio di Dama, ma le labbra sono fatte di Amaretto alla mandorla e la farcitura è la crema allo zabaione della Torta Zena. È uno dei dolci sui quali non abbiamo praticamente fatto nessuna pochissima modifica. Quando ho letto la ricetta per la prima volta sono rimasto stupito! Ancora prima di pensare di prepararlo ero già sicuro che sarebbe stato buonissimo, forse meno dolce del Macaron, con cui credo che entrerà in competizione!»

«Per me si ttratta di un dolce che abbiamo leggermente modificato, pur rispettando l'essenza della ricetta originale. È il Tortino K», ci dice Marco. «Una frolla alla nocciola, che in passato era preparato invece con la farina di frutta secca. Sopra la frolla c'è un cremino, poi il tutto viene glassato con il cioccolato e la lettera K viene stampata, come fosse un timbro in cera lacca».
Il processo che ha portato alla riapertura di Klainguti è stato lungo e difficile: la storicità degli ambienti e degli arredi sono vincolati dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e ciò ha comportato una particolare attenzione nelle procedure di ristrutturazione, di cui ci raccontano le architette Alba Gadeddu, Gloria Donegà e Simona Martini: «È stato fatto un importante lavoro di restauro per quanto riguarda le parti interne, le boiserie, gli arredi e anche per quanto riguarda la parte esterna, quindi i marmi. Abbiamo cercato di recuperare quello che che era ancora possibile recuperare e - laddove non è stato possibile - abbiamo cercato di ricostruire sulla base degli antichi prospetti. Inoltre, anche i legni del bancone sono stati ripuliti e sono praticamente rinati, perché erano caratterizzati da una grande macchia scura. Oggi possiamo vedere la differenza dei due legni, con le partiture centrali in radica».
«Una nuova luce a quello che già esisteva, per un luogo unico nel suo genere», conclude Andrea Semeria, restauratore. «L'altissima qualità dei legni che sono stati usati, il fine lavoro di ebanisteria che è stato effettuato questo locale una perla, non solo a Genova, ma anche oltre».

Di Paola Popa