Torino, 24/10/2019.
Leggenda vuole che fosse scontrosa, con un brutto carattere, una persona considerata «strana» dalla quale alcuni si tenevano alla larga. Più semplicemente, invece, Carol Rama era una ribelle, che rifiutava gli schemi imposti dalla Torino borghese degli anni ’70 e che amava essere se stessa, e fu questa la vera colpa di cui si macchiò. Ma nella sua casa studio di via Napione 15, dove il quartiere Vanchiglia si prepara ad affacciarsi sul Po, ha vissuto e lavorato per quasi 70 anni, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2015. A distanza di quattro anni, e grazie all’intervento della Fondazione Sardi per l’arte, quella casa è pronta a diventare un museo e ad aprire al pubblico.
Dal 5 novembre, solo su prenotazione e per gruppi di 4 persone, il pubblico potrà visitarla con delle guide, per entrare, in punta di piedi, nel buio creativo che ha mosso le mani di Carol Rama per tutta la sua vita. E si scopre così che quell’apparente montagna di disordine non è altro che un preciso ordine geometrico in cui ogni cosa trova il proprio posto e, dopo averlo conquistato, non lo lascia più. Ad esempio è accaduto con cinque gambe di alcune statuette acquistate a Napoli da Cristina Mundici, direttrice scientifica dell’Archivio Carol Rama, e regalate alla pittrice. Sono state posizionate su un fazzoletto e appoggiate su un mobile del soggiorno. Da lì non si sono mai più spostate.
Ciò che colpisce è soprattutto il buio, creato con grandi tendoni neri che coprono le ampie finestre ed eliminano la vista, «troppo bella» per Carol Rama, che intendeva non distrarsi e non lasciarsi influenzare durante il suo lavoro. Si passa così, in una sottile penombra, dal soggiorno-studio alla camera da letto-studio, entrambi luoghi di vita e di lavoro, fino ad arrivare alla cucina trasformata in una sorta di quadreria piena di fotografie che ne raccontano incontri e lavoro. E via lungo mappe, un drappo ricoperto di orme di piedi di personaggi importanti, da Casorati a Fuchs, fino a una maschera di Man Ray o a un’opera di Carlo Mollino. Persone che hanno influenzato Carol Rama, hanno avuto con lei rapporti professionali o di amicizia, che hanno frequentato quella casa e che hanno contribuito, in un modo o nell’altro, allo sviluppo della sua arte.
In oltre settant’anni, quel «semplice» appartamento all’ultimo piano è diventato uno spazio d’arte. Un anno dopo la scomparsa dell’artista, poi, la Soprintendenza ha posto un vincolo su tutto quello che contiene. Ed è lì che iniziata una lunga trattativa per rendere visitabile lo spazio, preso in gestione dall’Archivio Carol Rama, presieduto da Michele Carpano. La svolta è arrivata a inizio anno, con l’intervento della Fondazione Sardi per l’arte, che ha investito una somma cospicua per acquistare tutto il contenuto dell’appartamento dagli eredi dell’artista, per poi concederlo in comodato d’uso all’Archivio Carol Rama (i locali, invece, sono in affitto da un privato). «Questo – ha spiegato Pinuccia Sardi – è stato uno dei momenti di maggior impegno della fondazione stessa quanto a importanza del risultato. Confido che l’apertura al pubblico promuova ulteriormente la conoscenza della sua opera e la ricerca sul suo lavoro».
La casa studio sarà visitabile soltanto su prenotazione e in gruppi di massimo quattro persone, in giorni e orari precisi. Al martedì e al giovedì, i turni di visita saranno alle 15, alle 16.30 e alle 18. Il sabato (due al mese non consecutivi), ci saranno invece più possibilità, pensate anche per chi viene da fuori Torino: alle 10, alle 11.30, alle 15, alle 16.30 e alle 18.
Di Paolo Morelli