Genova. Elezioni Comunali 2017. Paolo Putti candidato sindaco con Chiamami Genova. L'intervista

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Genova avrà presto il suo nuovo sindaco. Le elezioni comunali 2017 sono domenica 11 giugno, con eventuale turno di ballottaggio, se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta, ossia il 50% più uno dei volti validamente espressi, in programma domenica 25 giugno tra i due più votati. Alle elezioni amministrative 2017, sono nove i candidati sindaco a Genova, e per la lista civica Chiamami Genova si presenta Paolo PuttiChi prenderà il posto di Marco Doria?

Mercoledì 31 maggio, ore 17.15, mentelocale, insieme al Teatro della Tosse, ha organizzato un incontro-dibattito alle 17.15 alla Claque (via san Donato 9, angolo vico Biscotti, Genova) con i candidati sindaco: Centro storico, quale futuro? Moderano Laura Guglielmi, direttore della testata, e Emanuele Conte, presidente del Teatro della Tosse.

Genova, 26/05/2017.

Pubblichiamo l'intervista al candidato sindaco per la Superba Paolo Putti, che corre con la lista civica Chiamami Genova. Paolo Putti, ex MoVimento 5 Stelle, vive a Murta. Classe 1969, diploma di maturità scientifica, ha lavorato come impiegato in un'azienda che si occupa di produzione e vendita di materiali per la pulizia, passando successivamente nel campo delle cooperative sociali con il ruolo di educatore. Sotto il profilo politico, ha ricoperto e ricopre tuttora la carica di consigliere comunale.

Per queste elezioni comunali sono nove i candidati in corsa per Tursi. Perché i cittadini dovrebbero votarla e in cosa si differenzia dagli altri?
Paolo Putti: Non mi permetto di esprimere valutazioni sulle altre persone candidate a sindaco, anche se spero sempre che i cittadini e le cittadine si abituino nella vita a cogliere le differenze tra persone coerenti e non coerenti, tra persone che si sacrificano e persone che speculano, tra persone che servono i poteri e persone che si mettono a servizio della gente. I cittadini/e dovrebbero votarmi e votare Chiamami Genova perché rappresenta il primo o, quantomeno, tra i pochi progetti di lista civica nella storia amministrativa genovese. Una lista che vuole essere civica per dare garanzie che l’unico interesse è occuparsi della città e di chi ci vive, e non degli interessi delle organizzazioni partitiche, movimentistiche o altro che siano, la cui conservazione diventa spesso il principale obiettivo. Il nostro progetto ambisce e prova a unire alcune competenze maturate in questi anni grazie alle battaglie in Consiglio Comunale a quelle maturate nei diversi ambiti del lavoro, dell’associazionismo, del volontariato, della cittadinanza attiva, della ricerca unite all’ascolto costante dei territori.

Qual è la prima cosa che farebbe se diventasse sindaco? Quali sono le urgenze della città?
Paolo Putti: Temo che il sindaco dovrà per prima cosa occuparsi della crisi Amiu, poiché c’è un termine ultimo nel 31 luglio sulla definizione della strada per risolvere i problemi della società partecipata in oggetto e della raccolta e trattamento dei rifiuti. In realtà, da sindaco, mi piacerebbe prendere in mano subito il bilancio previsionale 2018 per lavorarci immediatamente, potendo così fare una corretta e avveduta destinazione delle risorse e pianificazione strategica, visto che sarà il documento fondamentale per trasformare i progetti in realtà.

Questa città ha una forte vocazione culturale ed è sempre più votata al turismo. I numeri delle visite, come testimoniano gli ultimi ponti di primavera, sono in crescita. Cosa fare in questo settore?
Paolo Putti: Crediamo che l’impresa turistica sia fondamentale per il futuro di Genova. Per questo bisogna investire su di una parallela crescita della qualità dei servizi turistici. Inoltre si deve riuscire a raggiungere in tempi medio brevi due grandi obiettivi: il decentramento del turismo sia dai percorsi canonici in centro storico che verso le ville e i percorsi presenti nelle periferie; il secondo obiettivo è quello di raggiungere un accordo con i grandi operatori delle crociere affinché i crocieristi si fermino anche a Genova, e non vadano direttamente in basso Piemonte. Altra parte importante per l’accoglienza turistica è la manutenzione programmata e diffusa della città, che si conferma la prima scelta turistica. E poi, curare i trasporti e la comunicazione; far sì che chi viene abbia voglia di tornare. Inoltre, di Genova, si dice che abbia una popolazione vecchia ed è vero ma, mentre ci attrezziamo per cambiare passo, proviamo a vivere questa come un'occasione, lavorando perché diventi un polo, un laboratorio europeo per la sperimentazione di politiche innovative per l’invecchiamento sano e attivo. Sembra esserci interesse da parte della Comunità Europea su Genova per questo. Abbiamo tanto da fare, senza dubbio.

In tutta Italia aumentano i giovani senza lavoro, e in molti scappano da Genova perché non lo trovano. Come fare per rilanciare l'occupazione giovanile?
Paolo Putti: Il Comune non ha possibilità dirette di creare posti di lavoro, ma può fare moltissimo per favorire e sostenere nuove e più stabili direzioni di impresa. Abbiamo individuato quattro aree di possibile sviluppo nel medio periodo: la prima è Genova, città della ricerca e universitaria per conformazione, per disponibilità del patrimonio abitativo (40mila case sfitte), per la presenza di importanti centri di ricerca (Università, Cnr e Iit, tra gli altri); la seconda è Genova città-porto: mettere insieme il Porto e la sua città per diventare interessante come rotta commerciale e vivibile per chi la abita, provando anche a ipotizzare un district park dove aprire i container ed effettuare lavorazioni in due o tre filiere commerciali; poi turismo e cultura, come detto prima; infine dare spazio, gambe e supporto a tante piccole-medie aziende spin off della ricerca o collegate a settori delle tecnologie, creando in sinergia con le imprese condizioni favorevoli alla nascita e sviluppo di queste imprese.

Il Centro Storico sta tornando a vivere. Ma negli ultimi tempi i sintomi di degrado stanno aumentando. Ci sono i problemi legati a pulizia, negozi che chiudono (soprattutto alla Maddalena e Prè) e sicurezza. Ha pensato a un piano per renderlo più pulito? Come favorire la riapertura delle piccole attività? E come regolamentare la movida, favorendo le attività virtuose? In sintesi, qual è il suo progetto per il centro storico?
Paolo Putti: Provate a chiudere gli occhi e immaginarvi il centro storico come un fiorire di luci, colori, vetrine allestite di botteghe artigiane e commerciali: un vero centro commerciale diffuso fatto però di relazioni, con il tuo giornalaio con cui scambi le prime impressioni di giornata, il barista che ti coccola con il caffè, il laboratorio artigiano che fa quei dolci che sono nei dépliant del Comune di Genova sul turismo gastronomico perché sono così buoni. E poi spazi per la vita di quartiere, dove i bambini possano giocare a palla e correre come nei cortili di una volta, e altri spazi pieni di luci e atmosfera la sera per chi vuole, chiacchierando, sorseggiare un'orzata (scherzo, così la Asl non mi sgrida). Quest'idea di centro storico non è poi così lontana. Bisogna mettere insieme i portatori di interesse (abitanti, commercianti, giovani, artigiani, tour operator, amministrazione con le sue partecipate, forze dell’ordine) e lavorare in questa direzione. Far vivere il territorio del centro è una scommessa che tutti questi soggetti devono condividere ognuno per la sua parte di interesse, appunto, responsabilità, compartecipazione. Altrimenti ci si ferma alle proprie chiusure: eh, ma il personale è vecchio e non può o deve andare in strada la sera e la notte, ma la pulizia la facciamo già, se uno mi chiede il quinto superalcolico non posso non darglielo, tanto poi glielo danno quelli là con lo zainetto.... Solo la comunità ci può portare fuori, ben condotta da una amministrazione attenta a tutti, forte e risoluta nel mettere a disposizione risorse.

Se il centro cittadino vive e si riempie di turisti, le periferie e diversi quartieri soffrono. Da Sampierdarena a Prà, passando per la Valpolcevera, fino al Lagaccio: cosa farebbe per migliorarne la vivibilità e avvicinarle al centro?
Paolo Putti: Questi territori hanno bisogno, dal punto di vista sociale, di vedere presidiati e valorizzati i pochi spazi di cura culturale e comunitaria che hanno biblioteche, teatri, ad esempio. Inoltre hanno spesso in dotazione naturale (per storia, morfologia o altro) un patrimonio storico che difficilmente viene valorizzato e gli unici grandi spazi urbani non utilizzati che, incrociando una puntuale programmazione urbanistica e nuove direttrici di impresa, cultura o altro di interesse comune, potrebbero essere culle della rinascita lavorativa e socio-educativa cittadina. Ovviamente basta grande distribuzione; il mercato ne è sovrasaturo e qualcuno a breve chiuderà.

Il porto resta la più grande ricchezza della città. Quali sono le sue politiche per farlo ritornare grande?
Paolo Putti: Porto e Città di Genova non sempre hanno dialogato. Il Comune dev'essere in grado di far valere la propria voce nei momenti delle scelte strategiche nazionali. La nuova stagione delle autorità portuali, se da un lato dà al primo cittadino la possibilità di esprimersi non solo in maniera consultiva ma anche dal punto di vista decisionale, dall'altro allontana la nomina del presidente della stessa dalla città, e il demanio è molte volte inutilizzato, ma inaccessibile. Le scelte strategiche devono essere prese con prospettiva lunga e intelligente, consapevoli che il quadro mondiale è fluido, non fa sconti ed è in questo momento troppo concentrato in poche mani. Bisogna saper intercettare le correnti economiche, ma in maniera realistica e non schiavizzante, anche per chi verrà dopo di noi, tenendo insieme la necessaria capacità di impresa (che Genova e i genovesi hanno avuto in passato) con le capacità di tutela dei lavoratori che hanno fatto del porto una frontiera riconosciuta ovunque. Ci stiamo attrezzando con le mega navi come futuro unico del trasporto globale, ma oggi, con la crisi di grandi vettori, si sa che non è più solida questa certezza. Gli investimenti fatti potrebbero risultare non così producenti. Inoltre, il contesto dell’alto tirreno è ormai molto dotato di banchine attrezzate (Livorno, La Spezia, Savona) e l’importanza dell'hub genovese ha oggi un'altra dimensione. Manca una programmazione portuale nazionale seria, che oscilli tra gli interessi delle grandi compagnie e quelli della politica. In questi anni è mancata la voce forte del porto di Genova.

L’immigrazione è un problema mondiale, che tocca anche Genova. Quali potrebbero essere le soluzioni per favorire l'integrazione? E come intende risolvere la questione del mercatino di Corso Quadrio?
Paolo Putti: Le città che accolgono devono avere un ruolo programmatorio nella definizione di corretti piani di accoglienza, che consentano di offrire possibilità a chi arriva e di non alimentare le paure di chi ci vive armonizzando l’impatto di eventuali flussi migratori. La prima cosa è smetterla di fomentare paure e timori, cavalcandoli a fini politici. Genova è città di porto e l’integrazione fa parte del nostro Dna. Il tema della completa integrazione è complesso, perché in realtà non siamo (tanto meno lo è un'amministrazione locale) in grado di offrire lavoro e completo accompagnamento all’autonomia come sarebbe bello e giusto fare. Il problema è che lo Stato non riesce più a garantirlo a chi è già qua e il rischio di creare concorrenze a basso costo e conflittualità sociali è in agguato. Possiamo e dobbiamo dare sanità e prima formazione, recuperando risorse anche dal Miur e coinvolgendo ancora di più i Centri Permanenti Istruzione Adulti. È un problema di cui, comunque, sebbene un'amministrazione locale abbia poca voce in capitolo, ci si deve occupare e richiederne giuste riflessioni nazionali. Il mercatino di corso Quadrio è e deve essere un'altra esperienza: sgomberato il campo all'idea di mercatino concorrenziale abusivo (in realtà deve essere inquadrato in una progettualità sociale) e rafforzate le rigide condizioni iniziali (nessuna merce rubata deve trovare spazio, non possono essere esposte merci di un certo tipo), si deve procedere in due direzioni. In primis rendere fruibile il posteggio in fascia pomeridiana e notturna, come assicurato dall’amministrazione, e poi pensare a una eventuale collocazione definitiva.

Ora la mobilità. Ha in progetto di creare piste ciclabili, favorendo la mobilità sostenibile? Come risolvere il problema del traffico e della viabilità cittadina?
Paolo Putti: La mobilità sostenibile è il futuro per ogni grande città europea. Genova ha pochi spazi, ma questa è sempre stata una scusa per non mettersi a pensare a soluzioni vere e coraggiose. Il primo passaggio è rendere conveniente, vantaggioso in termini di tempo e comodo il trasporto pubblico locale rispetto al traffico veicolare privato, con dei servizi di qualità. Poi non bisogna mortificare le soluzioni che le comunità si costruiscono sui territori: Genova si muove su due ruote, e queste non devono essere ostacolate con decisioni insensate e volte a monetizzare tutto di restringimento dell’offerta di sosta. Al contrario, incentiviamo la presenza di colonnine di ricarica elettrica e avviamo una campagna significativa di promozione dei mezzi a due ruote elettrici. Le piste ciclabili, di per sé e per la conformazione di Genova, potrebbero essere realizzate sui tre assi ponente-levante, Valpolcevera e Valbisagno. Ma si deve andare verso una pianificazione strategica della città che ci dica se è possibile realizzare una vera strada a mare Sampierdarena-Multedo e capire se ci siano gli spazi progettuali per realizzare due piste ciclabili, rialzando un poco uno degli alvei dei due principali torrenti. Il territorio tra Foce e Nervi, poi, sembra una potenziale unica passeggiata sul mare.

Ambiente. Genova ha la fortuna di avere dei polmoni verdi in mezzo al cemento. Tuttavia, spesso non sono vivibili né in perfette condizioni. Quali sono i suoi programmi per parchi, orti urbani e verde pubblico in generale?
Paolo Putti: Genova deve tornare ad essere una città-giardino, come è stata per secoli. Abbiamo delle eccellenze botaniche uniche: per esempio, parlando solo di Pegli, Villa Pallavicini e Villa Doria potrebbero divenire un'area botanica di interesse europeo e potrebbero esserci aziende interessate a investire nei terreni limitrofi. Ci sono aree in precedenza dedicate a servizi di grandissimo interesse (zona ex ospedale di Quarto, per esempio) e tanto verde a pochi metri dai quartieri, con i nostri monti. Bisogna programmarne le manutenzioni, la prevenzione antincendio, tutelando giorno per giorno i nostri giardini e i nostri parchi per la quotidianità di tutti i genovesi, valorizzandoli in chiave turistica e recuperando risorse che ne aiutino la manutenzione.

Parliamo un po' di lei. In che quartiere abita?
Paolo Putti: Abito a Bolzaneto, o meglio, a Murta.

Genoa o Sampdoria?
Paolo Putti: Da Valpolceverino di periferia, tifo Samp.

L'ultimo libro e l'ultimo film.
Paolo Putti: È un po' che non leggo un libro e forse l’ultimo è una rilettura di Avventure urbane di Tiziano Sclavi sulla progettazione urbanistica partecipata. Leggo, invece, fiumi di fumetti. Per quanto riguarda i film, ho visto con piacere gli ultimi due episodi di Montalbano in cui si mischia avventura, giallo e, dopo oltre 20 episodi, un po' di familiarità.

E il piatto preferito?
Paolo Putti: Difficile sceglierne uno, il cibo è una delle più alte capacità artistiche italiane... Direi le lasagne al forno, ma fare torto ai pansoti con il sugo di noci, o al riso al forno alla genovese o.... insomma, davvero difficile dire solo un piatto.

Cosa, invece, vorrebbe cambiare dei genovesi?
Paolo Putti: Un po' il gusto del ceto, del pettegolezzo di quartiere, via che a volte crea stigmi…

Qual è il suo più grande pregio? E il difetto?
Paolo Putti: Il più grande pregio credo sia quello di aver capito e di lavorare sulla mediazione: un progetto, per funzionare, dev'essere collettivo e coinvolgere con livelli e competenze diverse tutti i portatori di interesse. Il mio più grande difetto è che, se intravedo che si può fare dieci per raggiungere un obiettivo, non riesco ad accontentarmi a fare 7 (anche se la realtà mi dice il contrario).

Di Andrea Sessarego

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