I giusti: un altro Camus per Emanuele Conte

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Giovedì 2 marzo 2017, ore 18.00 nella sala Aldo Trionfo del Teatro della Tosse, prima della replica de I Giusti, verrà presentato in forma di mise en voix (lettura teatralizzata), L’improvviso dei filosofi, un breve scherzo di Albert Camus (firmato con lo pseudonimo Antoine Bailly) rimasto inedito fino al 2006 e tradotto da Andrea Bianchi per la rivista Micromega nel numero 6/2013. La lettura sarà l’occasione per ricordare Andrea Bianchi traduttore che aveva iniziato la collaborazione con il Teatro della Tosse con la sua splendida traduzione del Caligola. L’ingresso è libero.

Genova, 14/02/2017.

Dopo Caligola, Emanuele Conte torna a confrontarsi con la drammaturgia di Albert Camus, questa volta lo fa scegliendo il testo I giusti (Les Justes, 1950). «Anche questo testo di Camus è una drammaturgia vera, non un trattato di filosofia; per questo è un piacere affrontare questo autore e il suo pensiero». Ancora impegnato in un'indagine sul potere, Conte per questa nuova produzione cambia prospettiva e si inoltra tra le fila di chi si confronta con il potere costituito da una prospettiva politica critica e rivoluzionaria. Lo spettacolo di cui Conte cura la regia sarà in scena al Teatro della Tosse dal 22 febbraio al 4 marzo 2017.

Perché ancora Camus? «I suoi personaggi sono sempre figure tridimensionali. E anche il più fanatico de I giusti, la figura più radicale del gruppo, Stepan, è un personaggio complesso. Ognuno ha una sua fragilità, ognuno ha un momento in cui vorrebbe tornare indietro. Sono ragazzi guidati da grande entusiasmo ma anche da una grande incoscienza».

Tanti gli echi storici che confluiscono idealmente in questo lavoro e che hanno animato l'interesse del regista: voltando lo sguardo alla storia italiana il confronto all'interno delle Brigate Rosse tra Moretti e Curcio, tra lotta armata e lotta politica; l'acceso dibattito tra Sartre e Camus sul comunismo marxista e il blocco sovietico - che porterà alla rottura tra Sartre e Camus per le sue posizioni critiche e ritenuto troppo filo-occidentale; ma anche le tante posizioni emerse dal clima di contestazione del 1968 nelle sue varie sedi, italiane e estere. «Le tematiche su cui si confrontano i 5 rivoluzionari del testo di Camus sono le stesse che hanno animato tanti nella storia. È come se questi cinque personaggi fossero in realtà tanti aspetti di un'unica persona. Certo, Kaliayev il poeta può essere considerato come una specie di protagonista, lui è un rivoluzionario per amore, passione, in nome della bellezza. D'altra parte Stepan è pura azione purché sia. E qui è come se ognuno avesse una sua relazione precisa con il senso ultimo del concetto di ribellarsi al potere costituito e definirsi rivoluzionari».

Camus parla del suo tempo, ma «sposta l'azione di una decina di anni indietro, per cui questo lavoro è quasi un prequel rispetto a Buio a Mezzogiorno produzione della Tosse per la regia di Laura Sicignano. Sono frequenti e piuttosto chiari nel testo i rifermenti. E c'è anche una sorta di domanda latente che percorre tutto il testo: "non è che quelli che verranno dopo di noi ne approfitteranno mentre noi qui diamo la vita?". Un tema questo di dare la propria vita che pervade tutto».

Il confronto interno tra interventisti e moderati si innesca quando «si troveranno davanti al lancio della bomba, pieni di carica emotiva, ma l'attentato non riuscirà, perché sulla carrozza con il gran duca ci sono i nipotini e Kaliayev non se la sente di ucciderli. Tornando indietro i compagni si scagliano contro di lui ricordandogli il senso ultimo del gesto: "uccidendo quei due bambini ne avremmo salvati tanti altri dall'oppresione di un governo che non li vede neanche". Questo episodio rende evidente qualcosa che per questi giovani aveva solo la forma di un'idea: mettere fine alla vita di qualcuno. Trovandosi davanti all'atto reale si trovano loro malgrado a confrontarsi con questioni etiche e morali più ampie».

Piuttosto giovane il cast, con l'arrivo di un attore 19enne. «Sono i giovanissimi che si confrontano, le rivoluzioni le fanno i giovani. Per l'attore più giovane ho trovato un ragazzo di Genova, attraverso una scrematura di circa 200 curriculum vitae, circa 22/25 candidati alla prova sul palco. Alessio Zirulia è Voinov, figura lacerata dai dubbi e guardia del carcere. Quando l'ho chiamato è arrivato subito con la parte a memoria». E da dove arriva? «Dalla Quinta Praticabile con cui collabora da tempo». A dare corpo e voce agli altri personaggi altri «due inserti dalla compagnia Generazione Disagio. Li abbiamo visti in cose comiche, ma sono altrettanto bravi come attori drammatici. Sono Luca Mammoli, Steban antagonista di Kaliayev interpretato da GianMaria Martini - Mammoli interpreta anche Skuratov, poliziotto del carcere. Sarah Pesca, già vista in Eurydice, «è l'unica figura femminile Dora. Una rivoluzionaria, che mette da parte ogni sentimento, e sarà infatti quella che fabbrica le bombe. Dora è anche un personaggio chiave perché permette a tutti gli altri di confessare la loro più intima natura e dunque offre al pubblico una migliore comprensione delle varie posizioni. Ognuno si confiderà con lei raccontando dubbi e paure. Pesca interpreta anche la Granduchessa che ha visto morire il marito e che si confronterà con l’assassino. Infine, sempre da Generazione Disagio, Graziano Siressi è Annenkov capo della cellula terroristica e Foka, il boia della prigione».

Quale soluzione per le scene? «Ho chiesto a Luigi Ferrando ma anche a Danièle Sulewic per i costumi, che niente fosse riconducibile a un'epoca storica precisa. Quindi su una scena bianca è montato un cubo in cui si svolgono tutte le azioni che nel testo erano in appartamento. Il cubo diventerà anche la prigione. Per esempio qui è dove Kaliayev incontrerà un personaggio, un poliziotto, che cercherà di farlo ricredere, di fargli capire che non ha senso portare avanti la sua protesta in prigione, che lui potrebbe salvare la vita a tutti pentendosi, tant'è vero che lo fa incontrare con la granduchessa. Lei lo perdonerà e tutti gli incontri andranno in questa direzione. Fino a quando la serie di incontri entrerà in una dimensione surreale per cui ogni nuovo incontro diventerà quasi una visione. Si tratta di personaggi che turbano profondamente il poeta, che oltre alla sua convinzione ideologica ha anche una forte fede cristiana, da cui origina la sua convinzione altra rispetto al bene dell'umanità».

Conte conclude ricordando che questo spettacolo è «dedicato a Andrea Bianchi, traduttore di Caligola, scomparso un anno fa e figura alla fonte di questa nuova scelta all'interno della drammarurgia di Camus. Per me importare ricordare il suo lavoro. Bianchi mi spinse a lavorare a questo testo ma non fece in tempo a tradurlo. La traduzione che abbiamo scelto è abbastanza fluida, anche se quella di Cuomo è molto bella ma troppo letteraria, qui il linguaggio è più crudo. Proprio per ricordare Bianchi ci sarà anche un evento legato a un inedito di Camus, tradotto da Bianchi a cura di Pietro Fabbri».

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