Per il progetto Manon Manon Manon del Teatro Regio, sabato 5 ottobre alle ore 19 andrà in scena Manon di Jules Massenet su libretto di Henry Meilhac e Philippe Gille, in scena per 6 recite fino a martedì 29 ottobre, dirige il maestro Evelino Pidò, direttore d’orchestra nato a Torino e residente a Parigi - forse il più francese dei grandi direttori italiani - che torna al Regio dopo il grande successo ottenuto con La fille du régiment nella passata Stagione. Protagonisti saranno: Ekaterina Bakanova (Manon Lescaut), Björn Bürger (Lescaut), Atalla Ayan (Il cavaliere des Grieux), Roberto Scandiuzzi (Il conte des Grieux). Nei ruoli principali si alterneranno: Martina Russomanno come Manon Lescaut, Maxim Lisiin (Lescaut), Andrei Danilov (Il cavaliere des Grieux) e Ugo Rabec (Il conte des Grieux). L’opera, ispirata sempre al romanzo di Prévost, debuttò all’Opéra-Comique di Parigi nel 1884, ottenendo un successo travolgente: i bis e le chiamate al proscenio per i cantanti e l’autore furono innumerevoli. Il compositore, con la sua maestria orchestrale, seppe ricreare atmosfere molto diverse: una festa in strada, il raccoglimento mistico della chiesa di Saint-Sulpice e lo squallore di una sala da gioco. Nella partitura ritroviamo un frivolo colore locale settecentesco e spunti di comicità brillante, che fanno da contrappeso all’intensità emotiva della vicenda. Domina su tutto la figura di Manon, la cui trasformazione è sottolineata con squisita finezza attraverso melodie memorabili: dall’innocenza di «Voyons, Manon plus de chimères», alla sensualità di «N’est ce plus ma main», alla rassegnazione del finale. Il motto della giovane protagonista è: «Sfruttiamo bene la gioventù, non avremo vent’anni per sempre!»: la peccatrice senza malizia, leggera e impulsiva, è una ragazza bellissima, che i genitori vorrebbero rinchiudere in convento; la fortuna la porta su una strada molto diversa, facendole incontrare il cavaliere Des Grieux, uno studente di buona famiglia ma di mezzi modesti. I due s’innamorano e fuggono insieme a Parigi, andando incontro a una fine dolorosa: Manon, amante del lusso, trascinerà Des Grieux verso il totale degrado morale.
«Sfruttiamo bene la gioventù, non avremo vent’anni per sempre!»: ecco il motto di Manon, la peccatrice senza malizia, leggera e impulsiva, che ispirò a Jules Massenet una delle sue opere più belle. Manon è una ragazza bellissima, che i genitori vorrebbero rinchiudere in convento; la fortuna la porta su una strada molto diversa, facendole incontrare il cavaliere Des Grieux, uno studente di buona famiglia ma di mezzi modesti.
I due s’innamorano e fuggono insieme a Parigi, andando incontro a una fine dolorosa: Manon, amante del lusso, trascinerà Des Grieux verso il totale degrado morale.
L’opera, ispirata sempre al romanzo di Prévost, debuttò all’Opéra-Comique di Parigi nel 1884, ottenendo un successo travolgente: i bis e le chiamate al proscenio per i cantanti e l’autore furono innumerevoli. Il compositore, con la sua maestria orchestrale, ricrea atmosfere molto diverse, quali una festa in strada, il raccoglimento mistico della chiesa di Saint-Sulpice e lo squallore di una sala da gioco. Nella partitura sparge generosamente un frivolo colore locale settecentesco e spunti di comicità brillante, che fanno da contrappeso all’intensità emotiva della vicenda. Domina su tutto la figura di Manon, di cui viene delineata la trasformazione con squisita finezza attraverso melodie memorabili: dall’innocenza di «Voyons, Manon plus de chimères», alla sensualità
di «N’est ce plus ma main», alla rassegnazione del finale.