Red Carpet: il cinema dei sogni (Campari e l’immaginario del divismo, 1900-1960), mostra

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DA Giovedì23Ottobre2025
A Martedì02Giugno2026

Dal 23 ottobre 2025 al 2 giugno 2026 nell’iconico spazio della Galleria Campari, in viale Antonio Gramsci 161 a Sesto San Giovanni (Milano), è aperta al pubblico la mostra Red Carpet: il cinema dei sogni (Campari e l’immaginario del divismo, 1900-1960).

Il progetto espositivo, a cura di Giulia Carluccio, ripercorre oltre sessant’anni di storia del cinema da un’angolatura insolita, in cui arte, pubblicità, moda e celebrità contemporanea si fondono. Il cinema e lo star system vengono raccontati in una prospettiva di dialogo con le strategie produttive e di comunicazione che hanno contribuito a costruire l’immaginario del primo Novecento.

La mostra attinge dall’archivio storico della Galleria Campari, custode di una varietà unica e stratificata di materiali visivi, e illustra un percorso del fenomeno in relazione alla comunicazione del marchio. Dai primi passi nell’industria cinematografica negli anni Dieci quando la settima arte è ancora muta e in bianco e nero, fino agli anni Sessanta e oltre, quando il fenomeno del divismo si trasforma per effetto delle nuove forme di comunicazione. Documenti originali, a opera di artisti e illustratori come Fortunato Depero, Ugo Mochi, Marcello Dudovich, Bruna Matelda Moretti (Brunetta), Giorgio Muggiani, Franz Marangolo e molti altri, costituiscono l’ossatura del percorso espositivo, ritmando cronologicamente e iconograficamente una vicenda che ripercorre la parabola novecentesca del divismo, dalla dimensione aspirazionale espressa dai protagonisti dell’inizio del XX secolo alla successiva evoluzione di dive e divine in figure del desiderio più vicine alla realtà, sino alle nuove icone dell’era del boom economico.

La mostra si focalizza sulle modalità di rappresentazione della figura del divo attraverso linguaggi e media diversi, esponendo bozzetti, foto di scena, ritratti, spot, cinegiornali, caroselli e riviste che si intrecciano attraverso le sale della Galleria Campari con un mosaico di immagini in una successione pensata per nuclei tematici. Sullo sfondo, la storia della comunicazione, della pubblicità e della moda in Italia e nel mondo. Oltre alle opere provenienti dall’archivio storico, la mostra ospita prestiti dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, da Magnum Photos - con una selezione dell’iconica serie Jump di Philippe Halsman e del lavoro di Eve Arnold, Burt Glinn e David Chim Seymour -, dall’Archivio Luce Cinecittà, dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione Università degli Studi di Parma, dalla Collezione Bortone Bertagnolli, dalla Collezione Dario Cimorelli, da Vogue, Condé Nast e dal Ministero della Cultura (Pinacoteca di Brera e Biblioteca Nazionale Braidense di Milano).

Dalla definizione temporale della nascita del fenomeno divistico e del suo sviluppo nel corso del Novecento, si passa al suo impatto nell’immaginario collettivo grazie anche all’intervento della pubblicità, fino all’avvento di nuovi linguaggi espressivi, che spingono verso una riconfigurazione del divismo, tra dimensione umana e icona pop. Nel regno della celluloide, prima sezione del percorso espositivo, si ripercorrono gli esordi dell’industria cinematografica negli anni Dieci del Novecento, quando i volti senza nome dei protagonisti dei film delle origini divengono attori e attrici capaci di emergere al punto di conquistare lo statuto di divi.

Il fenomeno del Diva Film si afferma in Italia con interpreti quali Pina Menichelli, Francesca Bertini, Lyda Borelli che contendono alle grandi cantanti liriche l’appellativo che fino a quel momento caratterizzava la sola scena operistica. La promozione della Diva richiede servizi fotografici, abiti di moda, cartoline autografate, pose e posture che riecheggiano o rielaborano le iconografie diffuse dalla grafia pubblicitaria o dalle copertine delle riviste. Le immagini delle prime star del firmamento cinematografico divengono maschere nei bozzetti di Brunetta e si riverberano in diverse grafiche pubblicitarie per Campari, moltiplicandosi poi in fotografie autografate e in album di vedettes. Manifesti pubblicitari e affiches divulgano iconografie comuni, come quella del bacio illustrato di Marcello Dudovich per Campari immortalato nel cinema da mille inquadrature, o vengono ripresi da foto di scena o scatti d’autore, mentre le ombre di Ugo Mochi evocano in silhouettes i sogni del cinema come cornici ideali per sorseggiare un Campari.

Nella sezione successiva, Figure del desiderio, irrompe lo star system hollywoodiano, che dalla metà degli anni Dieci fino alla fine degli anni Venti è capace di produrre e diffondere icone in grado di interpretare e modellare aspirazioni e stili di vita. Dentro e fuori dallo schermo, le star vivono di tratti che provengono da un lato dai personaggi interpretati, dall’altro dalle loro biografie - reali o costruite ad arte - veicolati da ritratti, cronache, cinegiornali. Moda, pubblicità e cinema trovano crescenti occasioni e forme di scambio, contribuendo a diffondere immagini seducenti a cui aspirare o in cui identificarsi. I divi e le dive del cinema italiano degli anni Venti e Trenta, così come gli attori che traghettano le istanze neorealiste emerse con la Seconda Guerra Mondiale veri i generi degli anni Cinquanta, condividono con i voti delle reclames le stesse silhouettes e posture, i medesimi capi di abbigliamento, lo stile visivo. Le pubblicità Campari, nei bozzetti di Giorgio Muggiani e Enrico Sacchetti, nelle grafiche di Sergio Tofano o di Fortunato Depero, nelle illustrazioni dei periodici e delle riviste di moda disegnano scenari di desiderio intercambiabili con quelli evocati dal cinema, mentre l’editoria popolare favorisce il culto del consumatore con cineromanzi, album di figurine e altre possibili future reliquie.

In Oltre lo schermo, terza sezione della mostra, si assiste alle profonde trasformazioni sociali e ideologiche che dal secondo dopoguerra conducono verso le dinamiche rivoluzionarie degli anni Sessanta, che si riflettono e vengono a loro volta nel cinema. La fabbrica dei sogni non solo conosce significative modifiche a livello produttivo, anche in seguito alla diffusione della televisione, ma allo stesso tempo opera una revisione di generi e temi, personaggi, autori e interpreti. A Hollywood emerge una nuova generazione di divi e attori, mentre le produzioni europee muovono verso forme di nuovo cinema che propongono interpreti inediti o ricodificano l’immagine di attori già noti. Negli scatti che ritraggono le star del tempo, una maggior vicinanza alla realtà convive con nuove forme di glamour, così come i servizi giornalistici e i reportage non rinunciano a effetti di stile, a sguardi di autore. È il caso degli scatti di Angelo Frontoni che dagli anni Cinquanta sino agli anni Novanta realizza servizi fotografici per diverse testate giornalistiche internazionali, mostrando un divismo oltre lo schermo che via via si tinge di pop. L’inconfondibile sguardo di Frontoni ritrae i maggiori attori italiani - Gina Lollobrigida, Monica Vitti, Claudia Cardinale, Marcello Mastroianni e molti altri - insieme a nuove star internazionali come Anita Ekberg, Jane Fonda e Brigitte Bardot, contribuendo a definire le identità in trasformazione dell’epoca. Con queste immagini, i bozzetti colorati delle pubblicità Campari di Franz Marangolo, o la grafica di Crepax, sembrano entrare in dialogo diretto, mostrando personaggi, modi e mode che ci raccontano il nuovo immaginario.

La quarta sezione, Icons, illustra un’ulteriore evoluzione: le star della modernità elaborano l’eredità del divismo classico interpretando le spinte e le istanze delle nuove onde, sullo sfondo di una cultura che in modo crescente guarda al divo come testimone e simbolo di una società in fermento. Ma è una sempre più potente rete mediale ad assicurare ai divi la possibilità di assurgere a icone di un’epoca di cambiamenti. Una nuova generazione di star introduce anche a livello fisico forti trasformazioni - come per le figure stilizzate di Audrey Hepburn o Jean Seberg - proponendo diversi modelli di sensualità e identità emergenti - da James Dean a Brigitte Bardot - mentre star di lungo corso riescono a rigenerare e a fissare un’aura destinata a durare, come nel caso di Sophia Loren. Le nuove forme fisiche, le nuove mode pervadono anche le immagini pubblicitarie, come nei bozzetti di Marangolo per Campari, che esprimono al meglio lo stile della nuova iconosfera.

Fotografi di primo piano di agenzie internazionali come Magnum Photos immortalano in modo inconsueto le star del momento, così come ne catturano in alcuni casi l’inquietudine, come per gli scatti di Eve Arnold dedicati a Marilyn Monroe. Accanto alle star, gli auteurs più importanti vengono a loro volta iconizzati dai media, dai servizi fotografici, dalle cronache. Se Federico Fellini è una celebrity, Alfred Hitchcock è un’icona vivente. La fine di un’epoca, e al contempo l’inizio di nuove configurazioni mitologiche, vengono in qualche modo siglati dal destino tragico di James Dean e di Marilyn Monroe, icone moderne e contemporanee che continuano ancora oggi a generare devozione.

La mostra si chiude con Jump!, un approfondimento dedicato al lavoro del fotografo Philippe Halsman: Con un salto, la maschera cade. La persona reale si rende visibile. Le trasformazioni iconografiche e simboliche dell’immaginario divistico del Novecento hanno progressivamente modificato la dimensione aspirazionale caratteristica della stagione classica del fenomeno. I volti assoluti, le maschere divine dei primi decenni hanno nel tempo lasciato il posto a fisionomie dinamiche, capaci di intercettare e interpretare pulsioni e desideri più vicini al quotidiano, senza rinunciare a elaborare nuove modalità di attestazione, in sintonia con i contesti socioculturali di riferimento. Tra destrutturazioni e riconfigurazioni, il divismo resta comunque al centro dell’attenzione dei media, così come al centro dello sguardo fotografico. Tra i fotografi che hanno guardato con occhio nuovo al divismo, proponendo un’originale modalità di ritrarre le star oltre la maschera, Philippe Halsman neegli anni Cinquanta realizza più di 200 ritratti di star, personalità del mondo della politica internazionale, celebrities, nell’atto di saltare. La Jumpology di Halsman esprime in modo geniale la necessità di scaturire una rivelazione, una nuova identità del soggetto, ritratto mentre lo sforzo necessario per il salto impedisce di concentrarsi sulla propria immagine. Nei salti di Marilyn Monroe, Grace Kelly, Dean Martin, Sophia Loren, Anthony Perkins, Audrey Hepburn, Brigitte Bardot e Jerry Lewis, la maschera cade e qualcosa di non visto diventa visibile.

L’allestimento della mostra Red Carpet: il cinema dei sogni (Campari e l’immaginario del divismo, 1900-1960) è stato ideato e realizzato da Studio Fm Milano e Corrado Anselmi Architetto. Con questa mostra, la Galleria Campari prosegue nel lavoro di riscoperta delle proprie collezioni attraverso progetti espositivi temporanei capaci di attraversare epoche e stili comunicativi diversi, offrendo riletture originali del proprio patrimonio visivo e narrativo, con lo sguardo puntato ai fenomeni della società contemporanea. La mostra è visitabile tutti i weekend in orario 10.30-18.00, con possibilità di prenotarsi on line. I biglietti hanno un costo di 12 euro (ridotto 8 euro; con visita guidata intero 20 euro e ridotto 16 euro).

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