Genova, 17/10/2019.
Una discesa negli inferi della precarietà. Un romanzo di formazione. La storia di un ragazzo come molti, Arturo, che, dall'adolescenza all'età adulta, lotta per trovare se stesso scontrandosi con un mondo che lo tiene in bilico e gli dà ben poche certezze. Lo Stato Sociale torna alla letteratura e ci sta prendendo gusto. Perché dopo aver pubblicato Il movimento è fermo, Rizzoli, 2016 e sceneggiato la graphic novel Andrea, disegnata da Luca Genovese e pubblicata da Feltrinelli, 2018, l'ultima fatica è il romanzo Sesso, droga e lavorare (ilSaggiatore 2019). Un romanzo collettivo («perché da soli non si costruisce niente, per stare a galla bisogna essere insieme», osserva Alberto Cazzola detto Alby, che del romanzo è stato il curatore) e di formazione, prendendo spunto da un episodio autobiografico, «la mia bocciatura», racconta Alby, per immergersi, subito dopo, nel mondo della finzione e diventare la storia di tani: i molti giovani in cerca di un lavoro.
Il gruppo bolognese al completo - Alberto Cazzola; Lodovico Guenzi; Alberto Guidetti; Enrico Roberto e Francesco Draicchio - è a Genova sabato 19 ottobre alle ore 18 a Book Pride 2019, per presentare il loro libro intrattenendo il pubblico con un live writing: «Si tratta di un esperimento sociale, che abbiamo già applicato presentando il romanzo in giro per l'Italia, in cui prendiamo tre persone dal pubblcio e facciamo raccontare un'esperienza legata al sesso, la droga e il lavoro. Mentre raccontano noi scriviamo la loro storia su un maxi schermo e alla fine sarà come aggiiungere nuovi capitoli al romanzo».
Ma da dove tutto è iniziato, come la letteratura ha fatto breccia tra le note e perché, lo racconta Cazzola, che raggiungiamo al telefono in una mattina di lunedì, il giorno dopo l'esordio del nuovo programma firmato Lo Stato Sociale su Rai Radio2.
Non solo musica, cosa vi ha spinto a cimentarvi anche
nella scrittura?
«È una forma che ci piace perché ci
permette di approfondire alcuni temi e raccontare storie in modo
più articolato rispetto a una canzone. A noi, ovviamente, piace
scrivere canzoni, ma a volte diventa una vincolo, perché bisogna
concentrare tutto in poco spazio, mentre la letteratura ci permette
di approfondire di più temi a noi cari».
Ci state prendendo gusto, visto che siete al terzo
racconto, includendo anche la graphic novel
«Sì, ci
stiamo prendendo giusto, grazie anche alla risposta positiva da
parte del pubblico. Ci diverte farlo e ci piace metterci in gioco
in quella che non è la nostra confort zone, ma che lo è
diventata».
Il libro
Sesso, droga e lavorare racconta uno spaccato di
quello che vivono i giovani oggi, tra precariato e poche certezze,
nell’ansia di emanciparsi e diventare autonomi, vi è sembrato
urgente trattare questo argomento o è stato un
caso?
«Si tratta di un argomento che è sempre
appartenuto alla nostra poetica ed è una parte fondante di quello
che scriviamo nelle nostre canzoni».
Qual è stata la genesi di questo racconto?
«Il
libro è partito da una piccola storia autobiografica, ma è
diventato quasi subito finzione: volevamo raccontare non la storia
di un personaggio, ma quella di una collettività. Arturo vuole
essere contenitore di esperienze e anche se lui è un po' pigro
e poco volenteroso, raccoglie su di se tutte le problematiche del
mondo del lavoro, che inesorabilmente si ripercuotono nelle
relazioni».
Lo avete definito un romanzo collettivo, come si scrive in
cinque?
«Intanto c’è un curatore, che sono io, che ha
raccolto un consenso sul progetto che è partito con l’idea di
raccontare la biografia di un personaggio in 50 colloqui di lavoro:
questo il punto di partenza. Poi volevamo suddividerci i capitoli,
ma alla fine li ho scritti io, in collaborazione con Bebo,
con cui avevamo già scritto Il movimento è fermo, mentre
gli altri componenti del gruppo venivano interpellati
saltuariamente su blocchi del libro per capire se reggeva e
funzionava tutto. A volte ci sono state delle correzioni, altre
invece andava tutto bene. È stato un percorso lineare».
Ritenete importante lavorare insieme
«Il lavoro
è sempre collettivo perché è il risultato di un processo di gruppo
ed è così per tutti anche per chi lavora da solo, solo che noi
cerchiamo di portarlo a galla, e simboleggia una cosa importante
per noi e cioè che da soli non si costruisce niente, e che per
stare a galla bisogna essere insieme».
E alla fine avete realizzato un romanzo di
formazione
«Sì, l'idea era proprio quella. Infatti
si inizia dall’adolescenza, che è il primo momento in cui ti fai
delle domande, e si affronta il passaggio all’età adulta. Dove
attraverso un processo di crescita, che passa dall’incontro di
tante persone, ti formi».
Quest’anno Book Pride ruota attorno al tema ogni desiderio,
quanto sono importanti i desideri?
«Nel libro l’aspetto
del desiderio è portante ma nella sua assenza, perché l’unico
desiderio del protagonista è essere lasciato in pace di non subire
quello che lo circonda, Il suo desiderio sarebbe provare tutte le
esperienze e questo lo porta però all’immobilismo. C’è il
desiderio, ma in questo caso è come nemico, perché si desidera una
cosa impossibile. Con i desideri, infatti, bisogna sapersi
relazionare».
E quando ci si sa relazionare…
«Sono il
motore di tutto, sono importantissimi, l’ambizione verso qualcosa,
che non deve essere per forza lavorativa o materiale, ma anche solo
voler diventare migliore, è un desiderio da coltivare, anzi, il più
importante. Purtroppo, però, nella società di oggi si guardano
troppo i risultati e non le persone. Il desiderio materiale è fine
a se stesso, non è reale motore. Ci è stato messo addosso per
annoiarci».
Purtroppo nella società di adesso «si guardano troppo i
risultati e non le persone», hai detto, ti è mai
capitato?
«Certo. Nella mia vita ci sono stai dei
momenti nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta iin cui ho
preso numerosi schiaffi, perché il valutatore non ti ritiene
all’altezza della situazione e il senso di spaesamento è forte. Ad
esempio sono stato bocciato, come il protagonista del libro, allora
è stato uno schiaffo, ma alla fine è servito. C'è chi invece,
ha deciso di smettere di prendere uno stipendio per buttarsi nel
rock'n'roll e questo mette il buon senso e la raziponalità
del mondo da parte».
Nelle scorse settimane è partito un programma su Rai Radio2
condotto e scritto da voi, che andrà in onda tutte le domenica alle
ore 16 fino a giugno, come sta andando?
«Sta andando
benissimo. Si tratta di un programma sperimentale, caotico e
divertente, nel nostro stile: speriamo che il pubblico sia pronto.
È un varietà a conduzione collettiva con ospiti e rubriche, dove
succede di tutto. Stiamo scrivendo tutti i contenuti siamo autori e
conduttori».
Di Rosangela Urso