Genova, 26/09/2018.
Ci aiutano nei lavori più noiosi, hanno molteplici applicazioni in medicina e monitorano frane e terremoti contribuendo alla nostra sicurezza. Eppure, il rapporto tra uomo e macchina è spesso conflittuale, tra diffidenza, timori e curiosità.
Basterebbe però guardare l'insieme da tutte le prospettive possibili che molte paure ci risulterebbero infondate, o quantomeno, governabili. Con questo obiettivo è nato Robotica: tra realtà e fantascienza (2018 Canneto Editore, 80 pp; 10 euro) di Roberto Cingolani (fisico ricercatore e direttore scientifico dell'Iit di Genova) e Alberto Magnani (giornalista scientifico).
Gli autori hanno messo nero su bianco gli stimoli di un dibattito su robotica e uomo emersi in un incontro nella Cattedrale di Genova, e, partendo da domande come: Cosa sono i robot? Possono davvero “rubarci” il lavoro, o possono essere invece dei validi aiutanti per le professioni del futuro? hanno aperto un dialogo costruttivo su questo fenomeno, sfatando miti e ampliando visioni. D'altronde «Più che cercare di dire che uno è meglio di un altro, cerchiamo di dare a ciascuno il suo ruolo».
Ma siamo proni ad affrontare questo tipo di
convivenza?.
«La risposta è ni. Cioè, siamo molto pronti a vivere con
la tecnologia - ce la portiamo addosso - ma abbiamo più difficoltà
ad affrontarla dal punto di vista sociale ed etico».
Alcuni dei dubbi e interrogativi emersi nel dibattito da
cui è nato il libro?
«L'aspetto giuridico ad
esempio: il giorno in cui la “macchina decide”, noi come tratteremo
giuridicamente una decisione sbagliata? Come ci interfacceremo a
questo modello di intelligenza diverso?»
Rispondere immagino non sia facile
«Sì,
infatti non ci sono risposte. Ma sono argomenti di cui è importante
parlare, perché sono discorsi che ci interessano: non è
un'urgenza, ma un problema è sempre meglio porselo prima».
Il timore che i robot possano togliere qualcosa
all'uomo è fondato?
«L’umano è imprevedibile, creativo, e questa è la sua croce e la
sua delizia. Ma è quello che ci rende unici. L'essere umano è
un po' pazzo, ma crea cose magnifiche. La macchina non
sbaglierà, ma è noiosa.
Quindi, più che cercare di dire che uno è meglio di un altro,
cerchiamo di dare a ciascuno il suo ruolo».
C’è più paura o curiosità verso le "macchine
intelligenti".
«C’è un po’ troppa attenzione
cinematografica che porta più alla paura che alla consapevolezza.
Per questo è importante parlarne, come facciamo nel libro,
riportando le persone su una base realistica e meno
catastrofista».
Tornando a una delle domande affrontate nel libro e che
spesso divide le persone: i robot possono davvero rubarci il
lavoro?
«Ci sono dei lavori di routine, faticosi, che è normale che vadano
a diminuire e vengano rimpiazzati dalle macchine. E forse, proprio
perché noiosi, l'uomo li ha delegati.
Non dimentichiamoci che la macchina non si autodetermina per
rubarci il lavoro. È uno strumento che adottiamo, perché sono
cambiate le esigenze. Non è una novità che la macchina sostituisce
l'uomo in alcuni lavori, lo hanno fatto le stampanti con gli
amanuensi, ad esempio. La domanda che ci si deve porre, invece, è:
mentre estinguo i lavori di routine, ne creo di nuovi?»
Oggi però le cose cambiano con più
rapidità
«Sì è vero. Ma il punto è: quanto investiamo sul lavoratore e sulla
sua formazione continua. Perché per affrontare questa rapidità del
cambiamento tecnologico bisogna fare un salto di conoscenze in
avanti che richiede molto impegno che, mi rendo conto, non tutti
sono nelle condizioni sostenere».
E allora?
«Se io sviluppo l’intelligenza artificiale devo avere un piano per
far crescere e far adattare l’intelligenza umana a quella
artificiale. Per non farsi vincere dalla tecnologia bisogna puntare
sulla formazione continua delle persone. Non dimentichiamoci che il
cervello umano fa cose straordinarie. Io sono un grande fan della
tecnologia, ma contesto i dualismi. Alla fine la tecnologia la
facciamo noi».
Di Rosangela Urso