La Bohème al Teatro Carlo Felice: alla scoperta di Puccini, che sapeva anche cucinare

Genova, 19/04/2024.

Al Teatro Carlo Felice è in scena una magnifica Bohème di Puccini, diretta da Francesco Ivan Ciampa con le variopinte e fiabesche scenografie di Francesco Musante: la soffitta dei quattro artisti è una piccola casetta-carillon e dandole la corda ruota si fa apparire il Caffè Momus.

La Bohème fu rappresentata nel febbraio del 1896 al Teatro Regio di Torino, con la direzione di un giovane Arturo Toscanini, e con l’enorme successo ottenuto mise in ombra lomonima opera del rivale Leoncavallo. Puccini lavorò sul libretto per circa due anni, insieme a Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (con i quali aveva già lavorato al suo primo successo, Manon Lescaut). 

La Bohème è ambientata nella Parigi del 1830, una delle città d’Europa più vivaci e stimolanti per gli artisti bohemienne, scanzonati, per lo più poveri, ma uniti nella condivisione di un sogno fatto di estetica, ideali e avanguardia.

La storia di Mimì e Rodolfo continua a commuovere ed emozionare gli spettatori. Ma non tutti sanno che, oltre alla sua capacità lirica, Puccini aveva doti gastronomiche e si divertiva a creare ricette con gli ingredienti della sua Toscana, soprattutto negli anni delle ristrettezze economiche prima di diventare celebre.

Giacomo continuò poi a coltivare l’arte del cucinare, mettendosi all’opera soprattutto per la rumorosa schiera degli amici di Torre del Lago (LU), coi quali fondò il Club la Boheme nel Capanno di Giovanni delle Bande Nere, dove si giurava di bere e mangiare meglio! Con questi amici, artisti e scrittori dall'indomito spirito goliardico, condivise la passione per le battute di caccia e le allegre tavolate che ne seguivano, fatte a base di fagiani arrosto, folaghe rosolate o pernici fritte. Il club aveva anche uno statuto, che prevedeva l'esclusione di musoni, pedanti e schizzinosi…


Le ricette? Un segreto. Ma pare che il 9 dicembre 1903, durante una mangiata nell'albergo Fiorenza di Viareggio Puccini regalò una ricetta, battuta a macchina con tanto di firma:
le folaghe (uccelli acquatici) alla Giacomo Puccini.

In seguito, divenne cuoca di Casa Puccini Isola Nencetti Vallini, che amava preparargli anche il latte alla portoghese, che un nobile di Lisbona importò a Casciana, preparato con latte e uova fresche di giornata, insieme a mandorle locali tritate finemente a formare il fondo insieme allo zucchero caramellato.

Ma, nonostante il successo, Puccini mantenne una passione per la cucina povera, tradizionale e gustosa come quella dei fagioli al fiasco che aveva imparato nel refettorio della sorella Suor Angelica, monaca in un Convento di Lucca. Così scrisse al suo editore Ricordi: «Riceverà un poco di fagiuoli; sono di quelli straordinari e si mettono al fuoco in acqua fredda con foglie di salvia e due o tre teste d’aglio, sale e pepe per due ore a fuoco lento e quando sono cotti non deve restarci che tre o quattro cucchiai di brodo…».

Ricordiamo dunque un Puccini genuino e verace come le sue Opere… e le sue prelibatezze.

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