Artemisia Gentileschi: a Genova la mostra di Palazzo Ducale che celebra coraggio e passione

Genova, 15/11/2023.

Dal 16 novembre 2023 al primo aprile 2024, nei saloni dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale di Genova sfilano alcuni tra i maggiori capolavori di una delle artiste più potenti della storia. Artemisia Gentileschi, Coraggio e Passione è la mostra che racconta la vita appassionante, ricca di colpi di scena, fallimenti e successi straordinari di una donna che ha saputo lottare per i propri diritti. Inoltre, da mercoledì 10 gennaio 2024 la mostra si arricchisce di due grandi capolavori e prestiti eccezionali: l'appena restaurata Allegoria dell'Inclinazione proveniente da Casa Buonarroti ed esposta per la prima volta in assoluto fuori dalla sua sede dal 1616 e la Conversione della Maddalena delle Gallerie degli Uffizi - Palazzo Pitti, entrambe di Firenze.

La vita di Artemisia Gentileschi, iconico esempio di tenacia e genialità, è quella di una donna dalla vita tutt’altro che facile, segnata dalla prematura scomparsa della madre, dal contesto sociale che non le permette di affermarsi come pittrice e da un traumatico stupro. Ma, nonostante ciò, Artemisia è capace di emergere attraverso il suo indiscutibile talento artistico e il suo coraggio trasmettendo, attraverso le eroine protagoniste dei suoi quadri, il suo desiderio di riscatto e di affermazione all’interno di una società in cui le donne hanno un ruolo sottomesso e dove la pittura è una pratica raramente concessa al sesso femminile.

«Le mostre dedicate ad Artemisia Gentileschi in giro per l'Italia sono tantissime, la figura di questa artista è popolare quasi come quella di una rockstar», commenta Vittorio Sgarbi, intervenuto alla presentazione,  «ma questa, grazie al lavoro del curatore Costantino D'Orazio e di Anna Orlando, studiosa genovese che si occupa di pittori soprattutto del Seicento, ha la particolarità di essere in un certo senso originale. Qui si possono ammirare opere meno conosciute, da cui traspare tutta l'energia vitale di questa artista, il cui lato umano si incrocia in maniera particolarmente profonda con l'arte che ha prodotto» .

La sua figura e i suoi dipinti hanno segnato così profondamente la storia dell’arte italiana che risuonano ancora prepotenti nel nostro tempo. La mostra, a cura dello storico dell’arte Costantino D'Orazio, propone un percorso suddiviso in dieci sezioni, tra vicende familiari appassionanti, soluzioni artistiche rivoluzionarie, immagini drammatiche e trionfi femminili e offre l’opportunità di vedere raccolti oltre cinquanta capolavorisparsi in tutta Europa e negli Stati Uniti, opere che permettono di delineare un ritratto preciso della personalità complessa di una delle artiste più celebri al mondo. La mostra è promossa e organizzata da Arthemisia  con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria e rientra nell’ambito delle iniziative di Genova Capitale Italiana del Libro 2023.

Nella prima metà del Seicento, quando il mondo dell’arte è ancora dominato dagli uomini, Artemisia Gentileschi è stata la protagonista di una carriera eccezionale, che l’ha portata a lavorare per alcunedelle corti più prestigiose d’Europa: Firenze, Napoli e Londra, solo per citarne alcune. È stata omaggiata da medaglie, ritratti dipinti da pittori illustri, poemi e incisioni. Eppure la sua fama oggi è dovuta soprattutto alla violenza carnale che ha subito nel 1611, ad opera di un pittore senza legge, Agostino Tassi. Sarà soltanto grazie al suo talento e alla sua eccezionale personalità che Artemisia riuscirà a scrollarsi di dosso i pregiudizi nei suoi confronti e dedicarsi a costruire un percorso artisticoeccezionale. Questa mostra, promossa e organizzata da Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazioneper la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria, vuole ricostruire le vicende che hanno funestato la vita di Artemisia, ma anche restituirle il merito di aver contribuito in maniera profonda al rinnovamento della pittura, sulle orme di Caravaggio.

Perché una mostra di Artemisia proprio a Genova? Oltre a Roma, la Superba è la città che accomuna i principali artisti di questa esposizione: esattamente quattrocento anni fa Orazio Gentileschi, padre di Artemisia,  si trova a Genova, dove lascia alcune tra le sue opere più significative, mentre Agostino Tassi ha lavorato qui nel 1605 per alcuni mesi, lasciando un segno indelebile nella costruzione di formidabili prospettive. Anche se non esistono documenti che possano confermare un soggiorno di Artemisia a Genova, l’eco del suo lavoro e alcune sue opere giungono nella Superba, così come i dipinti realizzati da suo padre in città saranno copiati successivamente dalla figlia.

«Sono estremamente grato a chi ha offerto alla nostra città questa importante occasione: la società Arthemisia che ha prodotto la mostra; Palazzo Ducale che la ospita e tutto il suo staff che ha lavorato alprogetto con la consueta professionalità; i curatori che, insieme a molti studiosi, hanno fatto un lavoroegregio arricchendo la conoscenza di tutti noi.A tutti noi genovesi, e ai molti ospiti da fuori che questo appuntamento sarà capace di chiamare a Genova, non resta che approfittarne», dchiara il sindaco di Genova Marco Bucci.

«Il destino ha voluto che Artemisia Gentileschi avesse già nel proprio nome un preciso indizio di ciò chesarebbe stata; come Artemide, infatti, fu coraggiosa, intraprendente, alfiera di una attività tipicamente maschile eppure, proprio come la dea della caccia, legata per sempre alla sua femminilità. La violenza che ha subito è fatto notissimo, ma sarebbe un torto identificare Artemisia con quell’atto brutale, così come lo sarebbe oggi nei confronti di tutte le donne che vivono ogni giorno questa tragica esperienza. Esse sono ben altro, Artemisia è ben altro. È artista complessa e appassionata, moderna e innovatrice; questa mostra la indaga attraverso il confronto col padre, quell’Orazio pittore così importante per le vicende artistiche di Genova, ma anchegenitore oppressivo e complicato nei rapporti con la talentuosa figlia. È come se tra i due, all’improvviso, tra le sale di Palazzo Ducale, si fosse acceso un fitto colloquio incui le opere sono parole, ora sussurrate, ora urlate; il visitatore non potrà che soffermarsi a guardare ead ascoltare questo straordinario racconto.Il nostro grazie va a chi ha contribuito alla realizzazione di questa esposizione, da Costantino D’Orazio, curatore del progetto, ad Arthemisia Arte e Cultura, che ha ideato e realizzato la mostra per Palazzo Ducale proseguendo una linea di collaborazione da sempre stimolante e di successo », commentano Giuseppe Conte, presidente della Fondazione Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e Serena Bertolucci, direttore Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.

Questa mostra  intreccia vicende umane, rivoluzioni pittoriche, aneddoti e pensieri di una vivace ed intraprendente comunità artistica, che nel primo Seicento ha attraversatol’Italia e si è avventurata in Europa, diffondendo le novità caravaggesche, lo spirito della Controriforma e uno sguardo sulla realtà del tutto inedito. Ne hanno giovato molti pittori genovesi, come Domenico Fiasella – che conosce e lavora con Orazio - Gioacchino Assereto e Bernardo Strozzi, che in questa mostra, grazie al lavoro di Anna Orlando, aprono una interessante finestra sul panorama genovese dell’epoca, in perfetta corrispondenza con le novità che stanno esplodendo a Roma.

 «La forza di questa mostra è equamente divisa tra i grandi capolavori realizzati dall’artista, che ci fannoimmergere nella potenza dell’arte e nella sua forza emozionale, e il racconto di una donna diventata simbolo della lotta contro la violenza. Sicuramente sarà un’occasione unica per Genova e per la Liguria di esplorare in maniera esaustiva la vita e la carriera di una pittrice che ha lavorato anche presso cortiprestigiose, come quelle di Carlo I d’Inghilterra, dei Medici o dei Borbone, e che è stata un’icona femminista in grado di affermarsi professionalmente e come donna lottando contro la violenza, quella subita da Agostino Tassi, pittore, amico del padre e suo insegnante », commenta Giovanni Toti, presidente di Regione Liguria.

La prima sezione è dedicata alla Giovinezza e maturità di Artemisia. La carriera di Artemisia è aperta e chiusa dallo stesso soggetto: la scena biblica in cui Susanna, mentre fa il bagno, viene avvicinata da due uomini – un vecchio e un giovane – che la minacciano didiffamarla in pubblico se non accetta di giacere con loro. La storia ha un lieto fine, perché il profetaDaniele li smaschererà, ma i pittori sono sempre stati interessati a rappresentare il momento piùdrammatico, quello della proposta indecente e del rifiuto da parte della ragazza. Il dipinto diPommersfeld, datato 1610, è considerato il primo quadro di Artemisia, realizzato sotto la supervisione del padre Orazio mentre la versione di Brno (1649) si inserisce nell’ultima parte della carriera della pittrice: l’inizio e la fine sono segnati da una donna che subisce una violenza, deve difendersi da un’accusa infamante e si ritrova sola a combattere contro gli uomini. Una coincidenza straordinaria, una metafora dell’intera vita di Artemisia, moderna Susanna, che in questi due quadri dimostra come evolve il suo stile nel corso di quasi quarant’anni di attività, da Roma a Napoli. La sua tavolozza diventa sempre più cupa, l’organizzazione dello spazio sempre più consapevole, la rappresentazione dei corpi più sicura. La luce, dalle tonalità tenui prese in prestito da suo padre Orazio, lascia il posto ai contrasti in chiaro scuro assorbiti da Caravaggio, il maestro di cui nel corso del tempo Artemisia diventerà l’erede femminile più autorevole. Questa sezione offre al pubblico la possibilità di abbracciare in uno sguardo l’intero percorso artistico diArtemisia, dagli esordi alla maturità, attraverso il confronto tra due capolavori realizzati in fasi diversedella sua vita: la Susanna e i vecchioni (1610) delle Kunstsammlungen Graf von Schönborn di Pommersfelden, prima opera documentata, datata e firmata da Artemisia, dove si può rintracciare ancora l’intervento di suo padre Orazio, e la Susanna e i vecchioni (1649 circa) della Moravská Galerie di Brno in Repubblica Ceca, dipinto dalla sola Artemisia trent'anni dopo, quando la protagonista della scena manifesta un’espressione più consapevole e capace di opporsi alla colpevole seduzione maschile.

La seconda sezione tratta del Talento delle donne tra Cinquecento e Setteento. Il sedicesimo secolo rappresenta un momento di svolta nell’attività delle artiste. Se ancora nel secolo precedente le pittrici era soprattutto monache che dipingevano all’interno dei conventi, nel Cinquecento emergono donne che riescono a competere alla pari coni loro colleghi maschi. Artemisia, che si autoritrae con la corona di alloro in segno di trionfo, si trova perfettamente al centro di una storia che vede Properzia de’ Rossi accedere presso il cantiere pubblico più prestigioso di Bologna grazie alla forza della sua scultura, Sofonisba Anguissola ricevere la nomina a pittrice di corte presso il Re diSpagna e Lavinia Fontana ottenere l’incarico di dipingere il ritratto ufficiale del papa. Le loro carriere, iniziate spesso grazie alla cura di padri artisti o mercanti, non hanno nulla da invidiare a quelle di tanti loro colleghi uomini, eppure inaugurano uno sguardo nuovo sulla realtà: più intimo, sofisticato e capacedi investigare le emozioni. È il caso della delicatezza con cui Rosalba Carriera dipinge una ragazza che trattiene tra le braccia una colomba: il suo sguardo innocente, sorpreso e disarmante, fa pendant inquesta sala con quello di Sofonisba (presente in mostra l’Autoritratto alla spinettadel Museo di Capodimonte), che grazie ai suoi autoritratti conquisterà il plauso di tutti i più grandi artisti del suotempo. Come Angelika Kauffmann, che firmando l’atto di fondazione della Royal Academy of Arts nel 1768 diventa un’autorità assoluta in tutta Europa.

La terza sezione ha come titolo Artemisia alla bottega del padre. «Mi ritrovo una figliuola femina con tre altri maschi, e questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata, che posso ardir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere, che forse principali Mastri di questa professione non arrivano al suo sapere». Con queste parole d’elogio il 3 luglio 1612 Orazio presenta sua figlia Artemisia alla Granduchessa di Toscana Cristina di Lorena. Non è difficile immaginare la ragazza, allora diciannovenne, seguire i suggerimenti del padre nelle case in cui la famiglia Gentileschi vive e lavora. Ne cambiano almeno quattro: da via del Babuino (1610) passano a via Margutta (1611), per poi stabilirsi pochi mesi a via della Croce (1611) – dove avverrà la violenza carnale – e finire a Borgo Santo Spirito (1612). In ogni indirizzo abitano un appartamento modesto, in cui Orazio riesce sempre a ricavarsi una stanza per dipingere: lì impartisce ad Artemisia i primi rudimenti del mestiere, dalla miscela dei pigmenti alla stesura del colore sulla tela, dalla gestione della luce all’invenzione di morbidi panneggi. Vivendo segregata in casa, Artemisia diventa anche la modella prediletta di Orazio. La vediamo bambina mentre suona la spinetta nelle vesti di Santa Cecilia, ormai ragazza avvolta da uno splendido mantello che ne fa una Sibilla: lei impara molto velocemente e coglie ogni sfumatura del mestiere del padre nelle sue Madonne. Il suo è un talento di famiglia. Padre e figlia sono qui raccontati attraverso confronti serrati tra tele con lo stesso soggetto, così da capire come la ragazza sia stata capace di sviluppare per talento e maestria un proprio linguaggio, chel’ha resa la pittrice più famosa del suo tempo, tanto da essere ammessa, prima donna in assoluto, all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze (1616). Un rapporto ossessivo, controverso, simbiotico e ambiguo ma comunque fonte di ispirazione reciproca,come dimostrano i numerosi capolavori che Orazio Gentileschi ha dipinto, usando Artemisia come modella: tra gli altri, in mostra saranno esposti la Madonna con bambino dormiente in un paesaggio dei Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso di Genova, dove vediamo un’Artemisia neonata, la Santa Cecilia suona la spinetta e un angelo della Galleria Nazionale dell’Umbria, dove Orazio ricorda il volto di Artemisia a circa dieci anni, e la Sibilla del Museum of Fine Arts di Houston, dove Artemisia è una ragazza ormai matura.

La quarta sala offrirà ai visitatori un’esperienza inedita: la ricostruzione virtuale e immersiva diun raro gioiello d’arte, mai aperto al pubblico. Un luogo segreto di Roma, una dimora ancora oggi privata: il Casino delle Muse di Palazzo Pallavicini Rospigliosi, voluto sul Quirinale dal Cardinal Scipione Borghese nel 1611. Affrescato a quattro mani da Orazio Gentileschi e Agostino Tassi, vede la presenza speciale e insospettabile di Artemisia. Il primo pittore, specializzato nelle figure, il secondo nelle quadrature, realizzano un vero capolavoro d’artebarocca. La scena rappresentata è un vivace concerto, la cui orchestra è composta da sole donne: un fatto assai raro all’epoca, quando la musica, come l’arte, è una questione soprattutto maschile.

Ancor più strana, la presenza di una giovinetta che nulla ha a che vedere con le suonatrici. Viso rotondo, capelli raccolti a mala pena, posa civettuola: in quel volto Orazio avrebbe ritratto la sua amata figlia Artemisia. Qui, la sua presenza potrebbe assumere un significato preciso perché pochi mesi prima di questo affresco, Agostino si è macchiato della terribile violenza su Artemisia. Oggi può sembrarci strano, ma mentre sta lavorando fianco afianco con lui al Casino, Orazio spera ancora che Tassi sposi la ragazza per riparare all’oltraggio. La sua immagine su questo soffitto potrebbe costituire un messaggio rivolto al giovane collega. Sappiamo bene come finirà la vicenda, ma il sospetto che su quel ponteggio si sia discusso della questione è forte e rende più affascinante questo capolavoro.

La quarta sezione è Le donne minacciate di Artemisia. In questa sala si possono ammirare tre marine che si stagliano dietro splendide architetture, dipinte daAgostino Tassi. Sono la prova del suo eccezionale talento, che si esprime soprattutto nella composizione di paesaggi ed edifici costruiti con una straordinaria perfezione ed un guizzo tipico del genio barocco. Purtroppo la sua abilità tecnica convive con un carattere inquieto, un’attitudine alla rissa, un’arroganza che lo fa sempre sentire al di sopra della legge. Forte dei suoi potenti protettori, Tassi commette i più turpi reati, fino ad esercitare violenza su Artemisia Gentileschi, il 6 maggio 1611. Artemisia e Agostino si conoscono grazie a Orazio, che affianca il giovane pittore alla figlia come maestro di prospettiva. L’incontro tra i due sfocerà terribilmente nello lo stupro della ragazza da parte del Tassi e condizionerà traumaticamente la vita della pittrice, provocando dramma e dolori da cui lei saprà riscattarsi soprattutto grazie alla sua arte.

Dopo lo stupro, Artemisia si troverà costretta ad accettare la prospettiva di un matrimonio riparatore,come Betsabea, che difficilmente avrebbe potuto rifiutare le attenzioni di re David, come Cleopatra, che sceglie di suicidarsi quando vede spegnersi il suo sogno d’amore e potere, come Francesca, che dovrà scontare all’inferno l’essersi abbandonata alla passione. Sono donne fragili, prigioniere di relazioni chenon hanno saputo governare, al pari di Artemisia, ingannata dalle false promesse di un uomo che dichiara di amarla, ma finirà per rovinarle la reputazione. Le donne di Artemisia riscuoteranno un tale successo di pubblico, da meritare numerose repliche nei secoli successivi, come nel caso dell’arazzo degli Uffizi, realizzato dieci anni dopo la morte della pittrice e restaurato in occasione della mostra.Il percorso prosegue attraverso una sala, dove il visitatore troverà esposti gli Atti originali del processoper stupro del 1612, eccezionalmente concessi dall’Archivio di Stato di Roma, e potrà ricostruire tuttele fasi della vicenda attraverso l’ascolto e la lettura dai fogli antichi delle parole di Artemisia, la difesa di Agostino e i racconti dei testimoni, in un ambiente dove si respirerà l’atmosfera di una città percorsa dal pettegolezzo.

La quinta sezione porta il titolo di La vendetta di Artemisia. Chi sostiene che Artemisia dipinga più volte nella sua carriera la scena in cui Giuditta decapita Oloferne perché vuole vendicarsi in questo modo della violenza subita da Agostino Tassi, non rende sufficiente merito al suo talento e alla sua grandezza. Questo soggetto è uno dei più diffusi all’inizio del Seicento e Artemisia risponde con grande originalità alle richieste dei collezionisti. Giuditta, giovane ebrea di Betulia, città biblica della Palestina, compie il gesto eroico di uccidere il condottiero assiro Oloferne, che sta assediando il suo popolo. Con la scusa di proporre un’alleanza, viene accolta nell’accampamento nemico: durante il banchetto organizzato in onore dell’ospite, Oloferne si ubriaca e cade in un sonno profondo. A quel punto, con l’aiuto della fantesca Abra, Giuditta decapita l’uomo con la sua stessa spada, nascondendo la sua testa in un panno per mostrarla poi come trofeo al suo popolo, ormai liberato. Artemisia riesce a rappresentare la scena insistendo sulla tensione che anima le due donne nel compiere questa impresa, che all’epoca conquista i collezionisti perché sovverte il tradizionale rapporto tra la forza maschile e la fragilità femminile. Nello sguardo di Artemisia, Giuditta è più decisa e fiera rispetto a come sia stata dipinta da altri grandi pittori del suo tempo, come suo padre Orazio, al quale si ispira in una celebre versione della vicenda. Elisabetta Sirani a Bologna raccoglierà l’eredità di Artemisia, dedicando gran parte delle sue tele a donne coraggiose, come Timoclea, che spinge in un pozzo un comandante dell’esercito di Alessandro Magno, dopo essere stata violentata da lui. Storie terribili, a cui le pittrici del Seicento si ribellano con la forza della loro pittura. Sono dunque qui esposti due dei capolavori della pittrice, Giuditta e Oloferne, della Fondazione Carit di Terni, e Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, del Museo di Capodimonte, entrambi accostati e messi a confronto con la famosa Giuditta e Oloferne del padre Orazio Gentileschi, proveniente dai Musei Vaticani. In Giuditta e Oloferne, opera di grande violenza, c’è chi legge il desiderio di vendetta della donna contro il suo stupratore. In Giuditta e la sua ancella si può invece trovare la sua delusione per il tradimento della governante Tuzia che assecondò la violenza e accusò in tribunale Artemisia di aver provocato le attenzioni di Agostino. Questi dipinti portano la testimonianza bruciante di un personale percorso di rivincita, sono il campo di battaglia in cui questa donna-artista combatte gli uomini che hanno provato ad annientarla. La sentenza che conclude il processo, pur riconoscendo Agostino colpevole della violenza, non contribuiscono a migliorare una reputazione ormai compromessa, che Artemisia riuscirà a migliorare soltanto grazie al suo eccezionale talento e alla forza d’animo che guiderà la sua carriera, costretta a continuare fuori da Roma.

La sesta sezione è dedicata al Caravaggismo a Genova. La sezione, a cura di Anna Orlando,  è dedicata alla scena genovese dei primi del Seicento. Sono passati quattrocento anni da quando l’arrivo di Orazio Gentileschi a Genova provoca un cambiamento epocale nello stile degli artisti del territorio, che assorbono i contrasti di luce caravaggeschi e si dedicano al racconto di soggetti drammatici molto frequentati da Artemisia. Il caravaggismo a Genova è stato oggetto di indagini approfondite in anni recenti e questa sala presenta una piccola ma significativa antologia di artisti e opere, che può offrire un sintetico panoramasu questa straordinaria stagione pittorica. Essa copre diversi decenni del Seicento, dal 1610 al 1650 circa, e interessa due generazioni di artisti. All’inizio del diciassettesimo secolo Genova è un grande porto e una indiscussa capitale finanziaria: i genovesi, aristocratici di censo e non di origine feudale, viaggiano, commerciano e prestano denaro. Abili mercanti e banchieri, entrano in contatto con le grandi potenze e con le corti d’Europa e siarricchiscono enormemente. La Superba diventa così anche una capitale artistica, dove giovani entusiasti collezionisti creano una condizione fertile per la nascita di una grande scuola pittorica eattraggono artisti da ogni dove. Non solo dalle Fiandre – si pensi a Rubens nel primo decennio e a VanDyck nel secondo – ma anche da tutta Italia. Orazio Gentileschi vi soggiorna dal 1621 al 1625 e, sebbene Artemisia non vi sia affatto documentata, le sue opere sono presenti nelle raccolte più importanti. La loro interpretazione del caravaggismo, inbilico tra realismo e classicismo, fornisce agli artisti locali uno stimolo notevole. Oltre allo stile, l’impatto sulla scuola locale del caravaggismo si ha anche nella scelta dei soggetti: la selezione di opere genovesi in questa sala lo dimostra con il San Giovannino di Strozzi e le varie versioni, più o meno cruente, dell’iconografia di Giuditta e Oloferne.  L’unico genovese a conoscere Caravaggio in vita è stato, a quanto si sappia, Domenico Fiasella, che arriva a Roma intorno al 1606 dalla natia Sarzana, la cittadina posta tra Liguria e Toscana. Non è un caso se nella sua bottega genovese (aperta dopo il 1616) viene accolto il figlio di Orazio Gentileschi, Francesco. Il caravaggismo di Fiasella è il più autentico e ha inciso non poco sulla scuola locale. Il cognato Giovanni Battista Casoni ne emula lo stile e predilige i suggestivi effetti di una luce artificiale che sono al centro della ricerca dei caravaggeschi. All’inizio del 1610 Bernardo Strozzi è a Milano, dove vede la celebre Canestra di Caravaggio del Cardinale Federico Borromeo (ora al Museo Diocesano) poco dopo la sua realizzazione (1607). Presto il Cappuccino andrà anche a Roma e negli anni successivi dimostra di esseretutt’altro che impermeabile alla nuova arte realista del Merisi, aderendo alla sua nuova poeticadella luce. Nel terzo e quarto decennio del Seicento altri pittori genovesi si confrontano con la nuova parlata che prende avvio da Caravaggio. Tra loro vi è anche un vero maestro, Gioacchino Assereto, capace di declinare il naturalismo caravaggesco in maniera assai personale e anche graditissima allora come oggi. Orazio a Genova. Il fratello maggiore di Orazio, Aurelio Lomi, era stato a Genova dal 1597 al 1604 e avevalavorato, tra gli altri, per la famiglia Sauli. Il venticinquenne aristocratico Gio. Antonio Sauli,grande finanziere con interessi a Milano, Napoli e Roma, si trova nella Città Eterna nellaprimavera del 1621. Lì vede le opere del Gentileschi e ne rimane folgorato al punto da volerlo atutti costi a Genova. Poco dopo il pittore arriva in città ed esegue per lui alcuni tra i suoi massimi capolavori: tra gli altri, il Lot e le figlie e la Danae, oggi entrambi al Getty Museum di LosAngeles. Un nipote del Sauli, Antonio II Grimaldi Cebà, è il probabile committente della pala con l’Annunciazione oggi nella cappella di famiglia della chiesa di san Siro (1622 circa). Per Marcantonio Doria, il committente dell’ultimo quadro di Caravaggio (il Martirio di sant’Orsola del 1610), affresca nel 1624 il piccolo casino della sua villa di Sampierdarena (distrutto). Orazio può vantare dunque a Genova di clienti altolocati, ma ambisce a diventare pittore dicorte, con uno stipendio fisso: cerca di convincere Carlo Emanuele I di Savoia, inviandogli da Genova nel 1623 la versione dell’Annunciazione oggi alla Galleria Sabauda. Allo scoppio della guerra tra la Repubblica e i Savoia, nella primavera del 1625, o poco prima,Orazio lascia Genova. Vi resta il figlio Francesco, accolto nella bottega dell’amico pittore Domenico Fiasella. Nessun documento attesta invece la presenza di Artemisia, di cui però eragià giunta la fama, seguita dall’arrivo di alcuni suoi capolavori nelle quadrerie della Superba.

La settima sezione è dedicata a Orazio Gentileschi e Roma criminale. Nei primi del Seicento, molti dei processi che si celebrano nei tribunali romani vedono il coinvolgimento di artisti. I pittori usano qualsiasi mezzo, anche illecito, per diffamare i propri colleghi ed ostacolare leloro carriere, arrivando anche ad assalirli e sfregiarli. I quadri esposti in questa sala sono la testimonianza più fulgida dello straordinario talento di Orazio Gentileschi, che troviamo coinvolto in alcuni di questi processi, soprattutto a fianco di Caravaggio. Con lui per alcuni anni collabora, come è avvenuto mentre sta dipingendo il San Francesco e l’Angelo, da lui coglie alcune atmosfere, come sinota nell’atteggiamento malinconico del David al cospetto della testa del gigante Golia. Ma forse è  nella Salita al Calvario che Orazio rielabora l’eredità di Caravaggio, con il taglio ravvicinato che deriva dal metodo inaugurato dal Merisi. In questa comunità di maestri Antiveduto Gramatica svolge un ruolo fondamentale: è sua una delle botteghe dove i giovani Orazio e Caravaggio hanno mosso i primi passinella professione di pittore, lasciando poi il loro segno indelebile in molte chiese e palazzi di Roma.

L'ottava sezione tratta del periodo Dopo Roma, Artemisia a Firenze. Due giorni dopo l’emissione della sentenza di condanna contro Agostino Tassi, il 29 settembre 1612, Artemisia sposa Pierantonio Stiattesi, fratello di Giovanbattista, il notaio che ha sostenuto la famiglia Gentileschi durante il processo e presentato ai giudici le prove della colpevolezza di Agostino (alcune lettere in cui il pittore confessa la violenza). Con l’aiuto di Pierantonio, che ha il compito di gestire irapporti con i clienti e firmare i contratti, Artemisia a Firenze lavorerà per il Granduca Cosimo II e per alcuni tra i più influenti personaggi della città, come Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del celebre maestro. In città la pittrice apre una piccola bottega e firma i suoi dipinti ‘Artemisia Lomi’,utilizzando il cognome dei parenti di suo padre Orazio. Gli archivi fiorentini conservano molte sue lettere ai committenti, scritte soprattutto per chiedere anticipi di denaro, prestiti e aiuti per risolvere unasituazione finanziaria spesso difficile. Nel tempo si viene a scoprire che questi problemi economici derivano dai debiti che suo marito Pierantonio contrae di continuo con numerosi fornitori di colori, ditele e materiali, a causa di una pessima gestione domestica. Malgrado tali questioni, Artemisia riesce ad affermarsi come una delle artiste più richieste della città, frequenta la corte dei Medici e nel 1616 è la prima donna ad essere ammessa alla prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno, che si rivelerà fondamentale per consolidare la sua fama di artista e per risolvere alcune delle cause che la famiglia Stiattesi dovrà affrontare, a causa delle denunce dei creditori. Dei quattro figli che Artemisia dà allaluce a Firenze - Giovan Battista (1613), Cristofano (1615), Prudenzia Palmira (1617) e Lisabella (1618)– soltanto Prudenzia sopravvive e parte con i genitori alla volta di Roma alla fine del 1620.

Artemisia lascia dietro di sé la reputazione di una grande artista, ma anche il rammarico di non aver consegnato un dipinto ordinato dal Granduca e senza aver saldato alcuni debiti contratti dal marito.

Le eroine di Artemisia. Dopo il celebre processo, per oltre quarant’anni Artemisia dipinge soprattutto figure femminili protagoniste di vicende storici e biblici senza sosta: Giuditta, Cleopatra, Minerva, Maddalena, Dalila, Susanna sono le sue eroine, forti, a volte violente, indipendenti, sicure di sé, sensuali. In realtà, molte si ispirano a sè stessa. Le sue caratteristiche fisiche compaiono in molte dei suoi personaggi, come tanti storici hanno voluto riconoscere nel tempo. Le cosiddette femmes fortes (donne forti) sono un soggetto molto amato in Europa all’inizio del Seicento. Forse perché sono ormai tanti i libri che affrontano la querelle des femmes.la disputa sul merito delle donne, o forse perché le artiste donne sono sempre più affermate, ma in ogni collezione è facile trovare dipinti che ritraggono un’eroina del passato. Le femmes fortes sono di solito donne di alto rango che compiono imprese memorabili, personaggi che contraddicono il pregiudizio nei confronti della debolezza femminile e dell’inferiorità della donna rispetto all’uomo. Attingendo a figure che appartengono a religioni ed epoche diverse, Artemisia – tra Firenze e Napoli – ritrae Cleopatra, la regina che compie il drammatico suicidio dopo la morte di Marco Antonio piuttosto che accettare di essere catturata dai Romani, e Maddalena, colta nel momento più intenso della sua conversione, pronta a strapparsi una collana e rifiutare gli strumenti della bellezza terrena. In questa galleria di eroine rientrano anche le iconografie che Artemisia attribuisce alla dea Minerva, elegante condottiera che brandisce lancia e scudo in unprezioso abito scollato, e un ritratto femminile dalla posa fiera e volitiva. Oltre al coraggio e alla tenacia, c’è un altro elemento che accomuna queste donne dipinte da Artemisia: sono quasi tutte il suo autoritratto.

La nona sezione si basa su Sansone e Dalila. Ecco un’altra vicenda che mostra un uomo forte soggiogato dall’astuzia di una donna, tema molto frequente nell’opera di Artemisia Gentileschi. La vicenda di Sansone e Dalila è contenuta nel libro biblico dei Giudici, dove si narra della straordinaria forza fisica che Sansone dimostra in numerose imprese: l’uccisione di un leone, la liberazione dallefuni, ma soprattutto la strage di mille Filistei, acerrimi avversari degli Ebrei. La potenza dell’eroe è il frutto della profezia di un angelo, che impegna Sansone a rispettare per tutta la vita il nazireato, una speciale consacrazione a Dio, che lo obbliga a rinunce e speciali rituali. Solo Dalila, una schiava filistea acquistata da Sansone, riesce ad indebolire Sansone dopo averlo convinto a rivelarle che il segreto della sua forza è nei capelli, mai tagliati dalla nascita per via del nazireato. Caduto vittima dei Filistei, l’uomo riuscirà a liberarsi solo quando i suoi capelli saranno ricresciuti. Artemisia dipinge più volte la scena più popolare di questa vicenda: quella in cui Dalila sta tagliando i capelli di Sansone. Mentre spesso l’eroe veste abiti all’antica, la donna indossa un abito scollato e un aspetto che insiste sulla suabellezza e sulla sua capacità seduttiva, a cui l’uomo non ha saputo resistere. Gesti delicati ed espressione concentrata, la Dalila di Artemisia è ben diversa dalle versioni più concitate dipinte daisuoi colleghi contemporanei, come i liguri Domenico Fiasella e Gioacchino Assereto.

La decima sezione approfondisce il tema dell'Eredità di Artemisia. Datato 1630 e firmato su un cartiglio Artemisia Gentilescha, l’Annunciazione è la prima sua commissione napoletana superstite e, senza dubbio, resta uno dei suoi dipinti più potenti. A Napoli Artemisia trova il coraggio di recuperare il suo cognome e si fa strada grazie ad una più consapevole aderenza al linguaggio caravaggesco, di cui diventa una delle interpreti più efficaci. Lo dimostra l’uso esteso del buio, solcato da squarci di luce che esaltano i protagonisti della scena. Una scelta che ben si inserisce al gusto napoletano, educato all’ammirazione dei dipinti di Carlo Sellittoe Battistello Caracciolo. Le maestose figure dell’angelo e della Vergine occupano l’intera composizione, fatta eccezione per il volo della colomba che si inserisce fra i due in uno squarcio di luceche irrompe nell’oscurità bruna del fondo. Maria in posizione superiore muove verso l’angelo da un altoscranno quasi nascosto dietro di lei: ha il volto brunito dal sole del Sud e una posa di aggraziatariverenza. Probabilmente non ha mai visto l’Annunciazione che Orazio ha dipinto a Genova (Basilica diSan Siro) e per il Duca di Savoia, ma qui ripropone l’inconsueto rapporto tra Maria e Gabriele, nel quale si invertono le posizioni tra la serva del Signore e il Suo messaggero. Ancora una volta, Artemisia si dedica all’esaltazione della grandezza di una donna, che ha compiuto una scelta estrema nella sua vita. La sua posizione, sempre dalla parte delle donne, è diventata una garanzia per i suoi committenti: in questo periodo Artemisia è entrata in uno dei circuiti più elitari del collezionismo europeo. È impegnata nella realizzazione di quadri per l’imperatrice Eleonora Gonzaga, suocera dell’infanta di Spagna Maria Anna d’Austria, che si trova a Napoli di passaggio proprio inquell’anno. Sono lontani gli anni in cui doveva pietire anticipi e prestiti ai suoi clienti. Ora è una pittrice autorevole, che saprà affermare con originalità e tenacia il caravaggismo in tutta Europa.

L'undicesima sezione vede Artemisia a Napoli. Dopo aver vissuto circa dieci anni a Roma, nel 1630 Artemisia si trasferisce a Napoli - città dalla straordinaria vivacità artistica - grazie ai rapporti che matura con Fernando Afán de Rivera, Duca di Alcalá e Viceré di Napoli, che nel 1629 ha acquistato tre dipinti della pittrice. Il suo stile, così vicino aquello di Caravaggio, affascina i collezionisti napoletani. Da Napoli, dove arriva con il fratello Francesco e la figlia Prudenzia, Artemisia intrattiene una fitta corrispondenza con Cassiano dal Pozzo, celebre erudito e suo appassionato committente, con il Duca di Modena Francesco I d’Este e con Ferdinando II de’ Medici, che ottengono suoi quadri, mentre Galileo Galilei e il nobile messinese don Antonio Ruffo diventano suoi consiglieri e mediatori. Se si esclude la parentesi inglese, quando nel1638-39 si reca a Londra per lavorare con suo padre Orazio alla corte di re Carlo I – forse partecipa alla decorazione del Casino delle Delizie della regina Henrietta – Artemisia non si sposterà mai da Napoli, dove produrrà una grande quantità di tele con l’aiuto del fratello Francesco, che ha sostituito il marito Pierantonio nella gestione della bottega.

Perse le tracce di Pierantonio, Artemisia riuscirà amaritare sua figlia Prudenzia nel 1636, sostenuta dai numerosi clienti che acquistano i suoi dipinti. Diventata la pittrice più celebre d’Europa, si circonda di allievi e collaboratori, dipingendo anche le uniche opere pubbliche della sua carriera per la Cattedrale di Pozzuoli. Muore intorno al 1653, in una data ancora non confermata: la sua tomba nella Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini è andataperduta negli anni Cinquanta del Novecento, quando l’edificio è stato abbattuto per fare spazio ad un moderno condominio. Un evento eccezionale sarà l’esposizione dell’Allegoria dell’Inclinazione, che Artemisia dipinge per Casa Buonarroti di Firenze (in mostra dall’8 gennaio 2024): un autoritratto senza veli – che solo successivamente verrà coperto da un drappo dipinto – in cui la pittrice si rappresenta comel’ispirazione che ha guidato l’intera opera di Michelangelo. La tela, esposta dal 1616 sul soffitto di una delle sale di Casa Buonarroti, sarà esposta per la prima volta in una mostra fuori dalla sua sede naturale, grazie ad un prestito eccezionale: potrà essere ammirata da vicino, per apprezzare uno deimomenti più alti della tecnica di Artemisia, genio assoluto della pittura barocca

La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura, special partner Ricola, media partner Il Secolo XIX  e mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale. La mostra rientra nel progetto L’Arte della solidarietà realizzato da Arthemisia con Komen Italia, charity partner della mostra. Unire l’arte con la salute, la bellezza con la prevenzione: è questa l’essenza di un progetto che vede il colore rosa della Komen Italia fondersi con i capolavori esposti nelle mostre. Nel concreto, una parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra verrà devoluta da Arthemisia per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne. Con questa partnership Komen Italia si prepara al grande evento nazionale per festeggiare il suo venticinquesimo anno della Race for the cure, in programma a maggio 2024. Il catalogo, edito da Skirae a cura di Costantino D’Orazio, presenta i testi di Pietrangelo Buttafuoco, Riccardo Lattuada, Anna Orlando, Yuri Primarosa, Vittorio Sgarbi e Claudio Strinati.

Orari 
lunedì, ore 14-19
martedì - mercoledì - giovedì, ore 9-19
venerdì, ore 9-20
sabato, ore 10 - 20
domenica, ore 10-19
la biglietteria chiude un'ora prima

Biglietti
biglietto intero 16 Euro

biglietto ridotto 15 Euro

Biglietti online a questo link

Info e prenotazioni
0109861211

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