Genova, 27/10/2023.
Arte e conoscenza si mescolano in occasione del ventunesimo Festival della Scienza, che prende vita a Genova dal 26 ottobre fino al 5 novembre in oltre trentacinque location della città, tra conferenze, mostre, laboratori e tanto altro. Uno dei protagonisti di questi undici giorni di eventi è Michelangelo Pistoletto che proprio con la sua lectio magistralis dal titolo La formula della creazione L'infinito intreccio di arte e scienza ha dato il via alla manifestazione.
La formula della creazione è anche il titolo del suo libro, tra le cui pagine racconta il percorso umano e artistico che lo ha portato a definire quella che per lui è la formula della creazione e della vita. La trasposizione concreta e artistica di questo itinerario è Il simbolo trinamico, una delle due opere dell'artista piemontese esposta nel salone di Palazzo della Borsa, insieme a Qr Code Possession-Autoritratto, fino al 5 novembre, data di chiusura del Festival della Scienza.
Chiamato anche simbolo del Terzo Paradiso, si può definire una rielaborazione del simbolo matematico dell'inifinito, ma con un elemento in più. Rappresenta infatti tre cerchi consecutivi: i due cerchi esterni rappresentano gli opposti, la dualità, mentre il cerchio centrale, generato dalla congiunzione dei due cerchi esterni, è un terzo soggetto, che prima non esisteva, frutto della creazione e testimonianza di evoluzione.
Congiunzione, connessione e fusione. Con questi tre termini Michelangelo Pistoletto, novant'anni portati con stile, ci racconta la sua opera: «Gli elementi differenti e contrapposti si uniscono proprio attraverso questi processi. Niente nasce già definitivo e assoluto. E' sempre necessario l'incontro di due elementi che si uniscono, per crearne un terzo. A questo punto, questo nuovo elemento, si potrà unire a illimitati altri, che a loro volta si sono formati grazie ad un processo di unione. E via così, all'infinito».
Già da questa dichiarazione è chiara a visione di Pistoletto. Arte e scienza viaggiano lungo la stessa strada, indipentemente dall'accezione empirica - e quindi legata al concreto - che la la scienza ha sempre avuto nell'immaginario comune e il significato più emotivo, astratto, che abbiamo sempre conferito alle espressioni artistiche. «Per me l'arte è stata ricerca, soprattutto della verità», afferma Michelangelo, che nella sua lunga carriera ha attraversato delle tappe, dei periodi salienti. Uno di questi è senza dubbio quello risalente ai Quadri Specchianti, che si può definire uno dei fondamenti della sua arte e che lui definisce come momento di scoperta della verità.
Siamo negli anni Sessanta, periodo di grande fermento e tumulto artistico e umano, quando Pistoletto, tra fotografie, lastre di acciaio e serigrafie vuole rappresentare la realtà oggettiva, attivando dualismi tra lo statico e il dinamico derivati dalla contrapposizione tra l’immagine di natura fotografica e quella generata dalla superficie specchiante: «Proprio con i Quadri Specchianti ho scoperto la verità. Nello specchio tutto quello che vediamo è vero, riflesso su una superficie che non possiede un'immagine propria. Proprio per questa sua carattersitica può raccogliere tutte le immagini che gli stanno di fronte. Ad un certo punto della mia carriera anche io mi ho capito di non avere un'immagine propria, ma che la mia arte si era introdotta in infinite altre immagini esistenti, in un gioco gigantesco di specchi».
Una visione che calza a pennello con il nostro tempo, così veloce e multisfaccettato, in cui Pistoletto sembra trovarsi a suo agio: «Ho già interrogato l'intelligenza artificiale, che io preferisco definire cervello artificiale. Ho chiesto di elaborare quelli che sono stati i miei temi e ho ricevuto una risposta precisissima, quindi ho avuto uleriore conferma che questa realtà esiste, eccome!».
Dal passato al futuro, Michelangelo Pistoletto ama passare da un punto all'altro, tra andate e ritorni. Uno di questi è rappresentato dai materiali di cui è formato Il simbolo trinamico: «Si tratta di vestiti, come nel caso della Venere degli Stracci, che avevo utilizzato nel lontano 1967. Vedo riflesso negli stracci il concetto di uso delle cose, in un perenne processo di passaggio, di cambiamento. L'abito non è un elemento legato alla staticità delle cose. I costumi cambiano, gli abiti si usano e si buttano, ma dentro a questi vestiti ci sono state delle persone e attraverso questi tessuti noi possiamo venire a contatto con questa umanità. Inoltre i colori e i materiali diversi donano ancora più movimento».
«Come vedete sto parlando di arte, ma sto anche parlando di scienza», continua Pistoletto. «Non c'è più differenza per me. Questo simbolo trinamico, questa formula della creazione è la rappresentazione artistica della formula dell'esistenza, che ne è la sfaccettatura scientifica. Ho incontrato Guido Tonelli, un fisico, che mi ha confermato come quanto la mia opera, la mia arte sia perfettamente coincidente con le formule scientifiche».
La seconda opera esposta è Qr Code Possession-Autoritratto. Così come i Quadri Specchianti anche gli autoritratti sono stati un punto cardine della storia di Pistoletto, il punto da cui tutto è iniziato negli anni Cinquanta. Dopo decenni la rappresentazione della figura di Pistoletto è in quest'opera immagine fotografica, che mostra il corpo e il viso dell'artista su cui sono stampati i qr code, elementi di uso quotidiano che tutti noi siamo abituati a scannerizzare per ottenere informazioni e che inquadrati raccontano in questo caso propria la sua lunga carriera.
Ma perchè possession? «Mi è venuto abbastanza spontaneo usare questo termine. Significa possedere la qualità di interagire con questi nuovi elementi tecnologici. Questa mia scelta può anche essere vista in maniera ambivalente. Noi possediamo questi elementi, ma ci facciamo anche possedere da loro. Nel tempo ho abbandonato gli autoritratti, lasciando spazio a tutto ciò che poteva entrare all'interno del Quadro Specchiante e quindi nelle mie opere. Ho però voluto riprendere l'autoritratto per utilizzarlo come rappresentazione del luogo in cui ho depositato tutta la mia storia, racchiusa in questi qr code. Dentro ad una memoria statica, l'autoritratto, posso racchiudere una memoria dinamica, nei qr code».
«Attraverso la tecnologia», conclude Pistoletto, «portiamo la memoria a livelli enormi, incalcolabili, spaventosi, universali, quasi non abbiamo tempo di recuperarla, talmente è compressa e immessa nel funzionamento del presente. Passato e presente sono ormai praticamente contemporanei, uno vicinissimo all'altro. Con questa opera vorrei che questa memoria fosse posseduta, da qui possession».
Di Paola Popa