Genova, 06/09/2023.
Vite non calcolate è il film di Sergio Maifredi ed Ermanno Cavazzoni, girato a Genova e prodotto da Teatro Pubblico Ligure, che racconta una città invisibile quella degli abitanti dell'Abbazia del Boschetto. Il film, dopo una prima proiezione al Biografilm Festival di Bologna, sarà presentato in occasione dell'80esima Mostra d'Arte Cinematografica de La Biennale di Venezia, giovedì 7 settembre alle 16.30 presso il Venice Production Bridge Meeting Space al'Excelsior Hotel del Lido di Venezia.
«L'idea di Vite non calcolate è nata due anni fa - racconta il regista Sergio Maifredi - quando il Comune di Genova mi ha invitato a visitare l'Abbazia del Boschetto, un vero gioiello medievale nel cuore della Val Polcevera, ma situata in un contesto industriale e desolato. Da quella visita, dopo aver conosciuto e lavorato con gli ospiti del centro di accoglienza e grazie anche a Marco Pirotta, ingegnere laico che dirige la struttura con uno spirito simile a quello di Don Orione, è nato poi uno spettacolo teatrale, La città invisibile».
Sono proprio le vite invisibili degli
ospiti del centro di accoglienza che hanno ispirato Sergio
Maifredi alla realizzazione del film, in cui ha coinvolto anche
Ermanno Cavazzoni, scrittore emiliano e sceneggiatore di Federico
Fellini per La voce della luna.
Con Vite
non Calcolate Maifredi e Cavazzoni, che è anche
protagonista del film, sono riusciti a raccontare la vita di chi al
Boschetto viene accolto, transita o si rimette in piedi:
«All'Abbazia del Boschetto vivono infatti diversi tipi di
persone: c'è l'ingegnere che ha perso il lavoro,
l'anziana che si è giocata i risparmi, la famiglia rom, il
carabiniere in pensione...c'è la stessa stratificazione che si
trova in una città o in un palazzo. Il Boschetto è abitato
da persone a cui le cose sono andate storte, ma non
avevano una famiglia o una "rete" che potesse aiutarli.
Per alcuni è un luogo di ripartenza, una zona di transito
per rimettersi in piedi, per altri, invece, la ripartenza non
arriva mai e restano lì per la vita. Al Boschetto si viene
accolti e viene data una stanza pagando una quota mensile, nessuno
chiede altro se non le regole di educazione della vita in comune,
non ci sono obblighi o controlli. Le relazioni che si creano sono
spontanee e nate dal fatto di vivere una realtà simile e trovare
aiuto reciproco».
Il film, come spiega Maifredi: «Vuole raccontare sguardi e storie di persone molto vicine a noi, persone che non hanno avuto aiuto nell'affrontare il baratro. Un precipizio lungo il cui bordo molti sono costretti a camminare». Non manca all'interno del film una riflessione sul senso della vita, sul destino e sulla fortuità degli eventi.
L'Abbazia del Boschetto è inoltre un luogo d'accoglienza spesso sconosciuto agli stessi genovesi: «una comunità molto vicina a noi e al contempo ignorata» e proprio per questo Maifredi ha voluto mostrare il lato umano e le storie di persone in cui è possibile riconoscersi e che vivono invisibili nel contesto cittadino.
Ermanno Cavazzoni, protagonista e voce narrante, veste i panni di un ex professore che non trova più motivo di stare al mondo. Prende un treno e si trova a Genova, sulla riva di un gelido mare invernale. Finisce in un’antica abbazia che ospita i disperati senzacasa, il Boschetto. In attesa del direttore per essere accolto, gira tra i chiostri rimuginando sulla vita: è scritta fin dalla nascita o è tutto un caso fortuito? E incontra via via gli ospiti, parcheggiati lì, in un limbo che accoglie e non giudica; gli raccontano i loro casi: un carabiniere, una contessa, un ferroviere, un mozzo di nave; un’umanità intera, nella sua variopinta diversità, come nel retropalco del teatro del mondo. Esce rimarginato, come fosse estate, per vivere quel che gli resta.
Di Chiara Pieri