Genova, 04/08/2023.
Genova e il suo centro storico hanno un fascino immutato ma in continuo movimento, che attraversa le epoche, che appare a volte sospeso, altre frenetico. Nei vicoli, fatti di chiaroscuri, camminano e si incrociano tanti personaggi che ne accrescono l'unicità. Uno di questi è senza dubbio Marco Pepè: scrittore, presentatore, tour leader, ma soprattutto Indagatore dell’Insolito.
Partiamo proprio da questa definizione per una chiacchierata che sa di mistero, folklore, aneddoti e - ovviamente - fantasmi e presenze. Ci incontriamo all'ombra della Torre Grimaldina, sulla sommità di Palazzo Ducale, un luogo che si pensa essere visitato da spiriti e spettri, tra i quali quello di Niccolò Paganini, il violinista tanto talentuoso, quanto maledetto.
«Il mio percorso di Indagatore dell'insolito nasce molto presto, da bambino», ci spiega Marco Pepè, «mia mamma è una medium e mia nonna era una guaritrice, una figura che nelle campagne di tanti anni fa era molto comune e rispettata. Sono sempre stato affascinato da questi argomenti così magici, soprattutto dalle storie che venivano raccontate dagli anziani in un contesto rurale. Questa passione è cresciuta con me, si può dire che io abbia imparato a leggere i tarocchi ancora prima di imparare a leggere e a scrivere».
Indagatore dell'insolito è una definizione particolarmente azzeccata per descrivere Marco Pepè, coniata dal genovese Elio Ottonello, autore per Sergio Bonelli editore, ma non è l'unica, perchè è stato definito anche acchiappafantasmi, parafrasando il titolo italiano di uno dei film più famosi e amati del cinema mondiale. Il nome di Marco Pepè è indubbiamente legato a quello del Ghost Tour: amato dai local e non, il Ghost Tour è quello che si può considerare un vero e proprio fenomeno turistico, che vede la nostra città, insieme a Torino, probabilmente capostipite in Italia nella proposta di escursioni e visite cittadine incentrate su spiriti, spettri, misteri e presenze disincarnate.
Il Ghost Tour di Genova nasce come preludio al falò di San Giovanni, un appuntamento amatissimo in città, che la notte di ogni 23 giugno vede migliaia di visitatori, ma non è sempre stato così: «L'associazione di cui faccio parte, Amon, che si occupa dello studio del folklore, del magico e delle tradizioni popolari, nel 1992, insieme all'associazione Porta Soprana di Agostino Caviglia ha deciso di far rivivere la tradizione del falò. Nell'anno delle Colombiadi, sotto le torri di Porta Soprana, accorsero centinaia di persone, che ogni anno aumentavano. Già nel 1995 abbiamo dovuto trasferire l'iniziativa in piazza Matteotti, perché avevamo bisogno di uno spazio più grande. Prima del falò di mezzanotte proponevamo sfilate, spettacoli e rievocazioni storiche fino a quando nel '97 arrivò il suggerimento di Luca Arnaù, giornalista, che dopo aver assisito al Ghost Tour di Edimburgo, lo propone anche qui a Genova».
L'idea del Ghost Tour in salsa genovese viene fusa con un'iniziativa che negli anni Novanta aveva parecchio successo in città, ossia il Teatro Storico dell'autore Rai e poi presidente di Palazzo Ducale Arnaldo Bagnasco che, attraverso i suoi spettacoli itineranti tra i caruggi, raccontava le vicende del capoluogo: «Il primo Ghost Tour prevedeva dodici tappe nel centro storico, con la partecipazione di attori non professionisti e la collaborazione di associazioni storico culturali che, attraverso un approccio multidisciplinare, intrattenevano i partecipanti narrando le leggende di Genova. Abbiamo poi coinvolto anche alcune guide turistiche e siamo partiti, pensando di riempire la prima edizione con qualche decina di partecipanti. Ne abbiamo trovato centinaia, che facevano la fila per ore e ore, da Porta Soprana e fino in piazza Dante».
Da qual momento il Ghost Tour e il Falò di San Giovanni sono cresciuti sempre di più, attirando l'attenzione di media di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per la Russia e ora sono stati istituzionalizzati dal Comune di Genova: «Attualmente sorpassiamo ampiamente le quattromila presenze e ho portato il concept di Ghost Tour anche fuori dall'Italia, accompagnando gruppi di turisti a scoprire i misteri di città come Praga, Barcellona e Budapest, in qualità di tour leader».
Ma torniamo a parlare della nostra città, prendendo in prestito il titolo di uno dei libri scritti da Marco Pepè, Genova stregata. Fantasmi, diavoli e leggende millenarie: «Essendo una città molto antica, si può affermare con tranquillità che in fatto di presenze misteriose non siamo secondi a nessuno! Solo nel centro storico si parla della Dama Nera di Santa Maria di Castello, di Branca Doria che si aggirerebbe in San Matteo con le mani insanguinate, le cui impronte ancora oggi sarebbero visibili su una delle colonne della piazza, gli spiriti dei cercatori di tesori nella zona di Sant'Agostino oppure il Diavolo che si aggira in salita dell'Arcivescovato!».
Questa leggenda medievale merita sicuramente un approfondimento: «Spesso in questa zona, quando la si percorre su e giù in direzione San Matteo o verso piazza Matteotti, si avverte una forte corrente d'aria, indipendetemente dalle stagioni. È talmente forte da percepire anche una specie di ululato. Il popolo l'ha sempre associata alla presenza del maligno che, accompagnato dal suo fedele servitore, il vento, si trovò a passare di lì per fare visita al Vescovo di Genova. L'oscuro signore decise così di entare in curia, lasciando il vento ad attenderlo. Del maligno si sono perse le tracce, ma il vento è ancora lì che attende il suo padrone».
Una leggenda simile, quella del Rifrullo del Diavolo, si incontra a Firenze e narra dell'inseguimento tra un prete e l'oscuro signore: «Giunti a Santa Maria Novella il curato riuscì a scappare dalle grinfie del maligno, che ancora oggi lo aspetta, sbuffando arrabbiato, creando così un vortice d'aria molto forte. Le leggende vestono panni diversi, ma il contenuto è molto simile».
Sicuramente, però, la leggenda tra i caruggi di Genova che desta sempre più interesse è quella della vecchina di vico dei Librai: «Nel 1989, in periodo natalizio, ci furono molti avvistamenti di una strana vecchietta che si rivolgeva ai passanti chiedendo indicazioni per giungere a questo vicolo. Da alcune indagini venne fuori che quella zona fu rasa al suolo all'epoca della demolizione di via Madre di Dio e che quindi non esiste più dalla fine degli anni Sessanta. È probabile quindi che la vecchina, o meglio il suo spettro, si aggiri alla ricerca della sua casa e si narra che a volte lasci in dono delle monetine che risalgono al 1942».
Ma Marco Pepè ha mai visto questa vecchina spaesata? No, ma è successo un fatto strano: «Un giorno stavo passeggiando sul Ponte di Carignano e notai due turisti con un navigatore. Avvicinandomi a loro per poterli aiutare, venni a scoprire che una vacchietta gli aveva indicato vico Pomogranato, che ora in realtà è occupato dai Giardini di Plastica, dove un tempo sorgeva proprio via Madre di Dio. Non so con chi abbiano parlato, sta di fatto che sembrava seguissero le indicazioni in vie che appartenevano ad una Genova che non c'è più. Non è un caso che, infatti, si persero».
Il fascino che le leggende e tutto ciò che è legato al mistero e all'inspegabile esercitano sugli esseri umani è indubbio ed è una caratteristica di tutte le culture, indipendentemente dalle epoche e dalla presenza o meno di fede religiosa: «L'idea che esista qualcosa che va oltre, in un certo qual modo di tranquillizza. Siamo esseri curiosi, ciò che non conosciamo ci intriga e questa è la scintilla che ci fa andare avanti, che ci fa progredire. Allo stesso tempo siamo però anche spaventati da quello che potrebbe attenderci, per questo ricerchiamo prove che ci diano la conferma che esista qualcosa, possibilmente un luogo di serenità e che con la morte finisca solo l'avventura terrena, ma non la nostra esistenza».
«Gli archetipi fanno parte di noi», continua Marco, «se partiamo dai miti greci ed arriviamo ai giorni nostri notiamo che in realtà nulla è cambiato, o meglio si è modificata la veste, ma il succo rimane lo stesso. Abbiamo bisogno di sapere che c'è qualcuno che veglia di noi».
Anche la paura ha un ruolo importante nello sviluppo di questi fenomeni culturali: «Come diceva Freud, il nostro inconscio si nutre di paura, ne siamo attratti e questo fa sì che l'istintiva curiosità che ci spinge ad andare oltre non faccia di noi degli esseri apatici, ma dinamici, sempre alla ricerca di risposte. Il diavolo ci fa paura, ma se lui esistesse è logico pensare che esista anche Dio, la sua controparte e di conseguenza anche una dimensione che vada al di là della morte».
A questo punto della chiacchierata sorge spontanea una riflessione: «Questi sono argomenti che non si possono misurare con l'ottica della ragione. La scienza e la ragione non spiegano i fatti imponderabili. Inoltre ciò che ora definiamo magia potrebbe essere semplicemente qualcosa che la scienza non ha ancora inteso o scoperto. Chi crede in determinati fenomeni, li percepisce con gli occhi della fede, non inteso come religiosa, o meglio non solo religiosa. Dal punto di vista antropologico i fantasmi, Dio, i santi, le apparizioni si possono raggruppare all'interno di una stessa categoria, che con la ragione ha poco a che fare. Il fenomeno magico è indistinguibile da quello religioso, anche se questa affermazione potrebbe trovare le resistenze di coloro che si definiscono prettamente dogmatici. Al di là quindi del folklore, quando si parla di ciò che può andare oltre i cinque sensi non ci sono mezze misure: ci si crede oppure no».
A proposito di folklore, torniamo a parlare di falò. Dopo quello di San Giovanni, un altro momento amatissimo a Genova è quello legato alla cerimonia del Confeugo, di cui Marco è cintraco, ossia pubblico esecutore, da decenni: «Anche in questo caso il fuoco è protagonista, non a giugno come a San Giovanni Battista, ma a dicembre, nel periodo del solsitizio d'inverno. Il fuoco è protagonista nelle notti di solsitizio perchè è un simbolo di luce, che rischiara l'oscurità, allontana il Male e la peste». Tutto deriva da culti agresti pre cristiani. Non molto differente dal Samhain celtico, l'embione da cui nacque l'attuale Halloween: «Gratta gratta il cristiano, viene fuori un pagano (ride)!».
Come si diceva prima, gli archetipi sono condivisi da tutte le culture. Ma perché? «L'origine è comune. Se volessimo andare nella fantascienza potremmo addirittura pensare che qualcuno è arrivato, ha colonizzato e da lì è partito tutto». Da qui a parlare di popolazioni aliene, il passo è brevissimo, ma non ci limitiamo a parlare di Ufo, rimaniamo piuttosto sull'argomento archetipi: «Prendiamo ad esempio le favole, che appunto sono altro che racconti e allegorie proprio di archetipi che arrivano dal passato. La vera protagonista di Biancaneve è senza dubbio la Strega, che interroga lo specchio, che le risponde e sulla cui superficie riflette la propria immagine. Ora arriviamo a noi, quando utilizziamo il nostro cellulare! Quando scattiamo un selfie lui riflette la nostra immagine, quando chiediamo ad Alexa o Siri o Google, ci rispondono. Chi ci dice, quindi, che la favola di BIancaneve non arrivi da un passato in cui la tecnologia era già presente?».
Concludiamo la nostra chiacchiarata con Marco Pepè proprio con questo affascinante quesito, lasciando però aperta la porta verso il futuro, che magari ci riserverà altre sorprese o qualcosa a cui nessuno di noi ha ancora pensato: «Se ci piensiamo bene, nessuno fino a tre anni fa si sarebbe immaginato un lockdown, magari la prossima volta scopriremo che gli alieni esistono. Anche se, personalmente, la mia vita non cambierebbe più di tanto...».
Insomma, il mistero continua!
Di Paola Popa