Andrea Parodi: le avventure di un alpinista scrittore, tra vette e sentieri

Genova, 20/06/2023.

Andrea Parodi è un alpinista/scrittore e dopo la nostra piacevole chiacchierata, parlando di montagne, vette e nuove vie da aprire sulle rocce è chiaro che un sano dualismo fa parte di questo impavido esploratore. Avventuroso/rilassato potrebbe essere un'altra coppia di aggettivi adatta a descrivere Andrea. Scopriamo perché.

Ci incontriamo a Genova centro, a Palazzo Ducale, anche se il suo ambiente naturale sono le montagne e allora iniziamo subito a parlare proprio di questo, di cosa lo ha spinto per la prima volta a rivolgere lo sguardo ai monti: «Sono nato in un posto speciale, Cogoleto. Per me era normale avere il mare da un lato e le vette dall'altro. Erano i miei punti di riferimento e pensavo che tutti i luoghi ne fossero forniti, convinzione che venne poi totalmente ribaltata durante i miei anni trascorsi a Novara, in piena Pianura Padana. Il mare, però, non mi interessava più di tanto, a parte qualche capatina in estate. Per gironzolare mi dirigevo molto più volentieri verso i boschi, così a sette anni ho iniziato a risalire il corso di un ruscello, che aveva dei salti di roccia. Li superavo uno dopo l'altro, da solo, senza particolari attrezzature, munito solo di un orologio che mi aveva dato mia madre, per ricordarmi di tornare a casa per merenda. Non era per niente ansiosa, così ho iniziato tranquillamente a esplorare la zona, sono arrivato alla sorgente di questo ruscello e si può dire che da allora ci ho preso gusto e non mi sono più fermato».

Adesso questi posti non sono più agibili, il ruscello si è prosciugato e il suo letto è pieno di tronchi caduti, ma la passione e la dedizione per l'alpinismo di Andrea Parodi sono tutt'ora vivissimi, perchè la definizione che lui dà di sè stesso è proprio questa:  alpinista -  in prima battuta -  e scrittore, visti i suoi numerosi libri dedicati ai monti, sentieri, vette e rifugi dalla Liguria al Monviso.

La curiosità e l'attitudine all'esplorazione sono sicuramente le forze propulsive di Andrea Parodi che, dopo tante vette raggiunte, ne porta alcune nel cuore più di altre: «Il Cervino era il mio sogno di bambino ma, per varie vicissitudini, ci sono arrivato solo all'età di cinquant'anni». Una corporatura che non si può considerare imponente e un soffio al cuore gli hanno procurato qualche piccolo intoppo, come quando arrivò il no all'accesso al primo corso di alpinismo ma, con costanza e un innato istinto per l'avventura, anche la vetta del Cervino è stata raggiunta. Anche il Monte Rama, che lui definisce la sua montagna sacra, nel Parco Naturale Regionale del Beigua, occupa un altro posto importante nel cuore di Andrea: «Per me quei posti sono speciali, talmente speciali che quel monte l'ho scalato da tutti i lati, per creste, pareti e canaloni, in tutte le stagioni, anche una volta per neve e ghiaccio».

Spostandosi sulle Alpi, il gruppo del Marguareis nelle Alpi Liguri, nonostante le sue rocce balorde e un po' franose, è un altro luogo caro ad Andrea: «Proprio per la sua natura difficile, nasconde un sacco di vie da esplorare. Alla tenera età di 65 anni, proprio lì ho aperto l'ennesima via nuova. Tra i miei progetti c'è quello di fare una guida alpinistica del Marguareis, di quelle super precise, come non si fanno più».

Oggi, sia sul web, sia sui libri, si trovano infatti raccolte di itinerari, descritti un po' frettolosamente: «Io e i miei collaboratori, siamo attentissimi ai dettagli. Sono uno che esplora, ma poi studia e osserva al millimetro. Sono anche un po' bastian contrario. Se tutti vanno per una via, io scelgo di percorrerne un'altra. Fare la coda in montagna mi sembra assurdo».

A proposito di frequentazione delle vie di montagna, è innegabile che sia un bene la scoperta da parte del grande pubblico dei nostri monti genovesi e liguri, il cui merito va anche alle innumerevoli guide scritte da Andrea Parodi, sempre augurandosi che il pericolo del sovraffollamento non sia in agguato: «Dopo il lockdown le persone è come se avessero sentito l'urgenza di riappropiarsi degli spazi aperti. Per me, il periodo di chiusura forzata, è stato l'occasione ideale per scrivere e gironzolando sul web, ho scoperto un misterioso autore che aveva il mio stesso modo di andare per monti e di scrivere, oltre che avere una grande cultura non solo in fatto di rocce, ma anche riguardo alla storia e all'arte».

Si tratta di Andrea Ferrando, conosciuto sul web come l'Appenninista (www.appenninista.it). Come Andrea Parodi, anche lui è geologo, ma è di quasi quarant'anni più giovane: insieme i due hanno scritto i volumi Appennino genovese, 100 escursioni sui monti di Genova e nel Parco naturale delle Capanne di Marcarolo (nel 2021) e Golfo Paradiso, Portofino, Tigullio (nel 2022). Il prossimo libro in uscita sarà dedicato alla zona delle Cinque Terre e allo Spezzino.

New school e old school si incontrano, per un vero successo editoriale: «Appennino Genovese è andato esaurito in meno di due mesi!».

Dalla Liguria al Monviso, Sentieri e rifugi, Appennino e I sentieri più belli sono le collane che raccolgono i libri scritti da Andrea Parodi, di cui è anche editore: «Quando ancora lavoravo a Novara ho conosciuto Fabrizio Capecchi, autore di notevoli libri sull'Appennino. Lui se li editava da solo e riusciva a camparci. Così ho deciso anche io di diventare editore di me stesso. Mi occupo di tutto, anche se la parte puramente commerciale forse è quella che mi intriga di meno».

Tutte le opere di Andrea hanno un comune denominatore, ossia quello di trattare di luoghi un po' negletti, come li definisce lui stesso: «Perchè dobbiamo tutti andare negli stessi posti, quando poco più in là ci sono luoghi incantevoli, ancora da scoprire? Il primo libro l'ho scritto nel 1983, dedicato alla Pietra di Finale. Proprio lì sono stato testimone del cambiamento di stile nell'arrampicata. Rispetto alla generazione precedente, con scarponi e pantaloni alla zuava, noi eravamo degli hippy che scalavano con le scarpe da ginnastica, cercando di utilizzare meno supporti possibili, per entrare in sintonia con la roccia. Molti anni dopo è arrivata anche l'invasione di massa, che oggi vediamo sulle pareti. Purtroppo però l'ambiente ne risente e si inizia a vedere il degrado».

Un discorso non troppo diverso, sempre in riferimento al grande afflusso sui monti e nei sentieri, vale anche per il trekking :«Mi è capitato di fare la guida alle Cinque Terre e ho visto persone percorrere i sentieri in infradito! A volte credo che il numero degli incidenti e infortuni sia addirittura basso, rispetto alla poca competenza di alcuni escursionisti improvvisati».

Come per qualsiasi attività, l'attenzione è fondamentale, così come la conoscenza di ciò che si sta facendo. Andrea Parodi ha portato la sua passione per le rocce e i monti anche all'Università: «Poichè andavo più sui monti che alle lezioni, sono andato fuori corso di qualche anno, ma sono riuscito a prendere una laurea in geologia e prima ancora di laurearmi avevo già pubblicato un libro». 

Parodi proviene da una famiglia cattolico-borghese, ma il futuro alpinista sente che quell'ambiente gli sta stretto: «Sono sempre stato un matto sognatore. L'idea che un magrolino come me scalasse con degli zaini enormi sembrava una follia! In ufficio però non ci volevo stare, anche se per un periodo ho lavorato all'Istituto Geografico De Agostini di Novara. Essendo anche un coraggioso/timoroso, dopo qualche titubanza ho deciso che non faceva per me e ho mollato, anche se ho continuato per un po' a collaborare dall'esterno, partecipando alla stesura dell'Enciclopedia delle Alpi».

Un sognatore, avventuriero, che però studia e si informa e anche asceta/edonista, per rimanere in tema di dualismi, come lo aveva definito una sua compagna. Oltre a tutto questo, Andrea Parodi è anche un avido lettore, oltre che scrittore: «Da ragazzo ero un po' ribelle, non volevo leggere i classici, ma poi crescendo ho cambiato sentiero e mi sono messo a leggere anche la mitica Recherche  di Proust». Un'opera monumentale, fatta di sette volumi, per un totale di oltre tremila pagine, che Parodi ha iniziato su un traghetto per la Sardegna, finendola due anni dopo, sempre su un traghetto, questa volta di ritorno dall'isola: «Mi piace fare le cose con calma. Sui monti vale lo stesso, non sopporto il mordi e fuggi, è necessario godersi il momento». Ed ecco che con l'entrata in scena della calma, si spiega il dualismo avventuroso/rilassato con cui abbiamo aperto il resoconto della nostra chiacchierata.

Anche la fantascienza e le storie d'amore improbabili catturano l'attenzione dell'alpinista/scrittore/geologo/sognatore : «A fine giornata mi piace staccare la spina e rilassarmi coi romanzi». 

Rimanendo in tema scrittura e parole, c'è una frase che spesso gli viene attribuita, che recita ancora una e poi basta. Ma cosa significa? «In realtà mi diverto a dare dei nomi curiosi alle vie alpinistiche che apro e questo l'ho attribuito ad una via su una parete della Testa di Tablasses (Alpi MarittimeValle Gesso), che non mi risultava ancora percorsa da nessuno. Allora mi sono messo a studiare le debolezze della roccia, a individuarne le strutture e a cercare tutte le possibili soluzioni. Dopo aver trovato i compagni di scalata giusti, tra cui un mio amico che aveva iniziato a scalare dopo i sessant'anni di età, ma assai tenace, ce l'ho fatta, con un bel po' di commozione. Avevo sessant'uno anni all'epoca, era il 2018 e viste le primavere sulle spalle ancora una e poi basta sembrava un nome adatto, ma in realtà è un po' come quando i bambini dicono che vogliono ancora una caramella e poi smetteranno. Si sa già che non succederà mai». Una volta fatta la via ad Andrea piace tracciare la linea sulla foto della parete e poi ammirarne l'estetica, pensando già alla prossima avventura.

Occhio alla linea, Vertigine, L'orologio senza tempo, Tra le pieghe dello specchio sono solo alcuni dei nomi delle oltre cento linee aperte da Andrea, non senza paura: «Qualcuno dice che se non si ha paura si è dei folli. Sono perfettamente d'accordo, perchè l'alpinismo è anche un fatto culturale. Per portare a casa la pelle, devi sapere quello che stai facendo. Mi piace andare da solo, ma lo faccio su un terzo grado, sapendo di poter affrontare anche il sesto. Mi lascio un bel po' di margine, insomma, anche se mi sento sempre un po' animale selvatico, una sorta di camoscio che risale i pendii nelle fredde giornate d'inverno».

A questo punto il discorso torna su uno dei posti più amati da Andrea, ossia il massiccio del Beigua: Considerarlo uno dei posti più belli del mondo non è esagerato, in fondo anche l'Unesco lo ha nominato Global Geopark. Dal punto di vista geologico è interessantissimo, soprattutto nella zona di Pratorotondo, con i vari block field e i block stream. Da qui si può prendere l'Alta Via dei Monti Liguri e poi dirigersi verso il Vallone del Carbunea e poi su fino all'Argentea, da cui si gode di una vista mozzafiato, con il mare a pochi chilometri in linea d'aria. Nel Beigua c'è il punto in cui lo spartiacque del sistema alpino-appenninico si avvicina di più al mare in assoluto».

Concludiamo la nostra lunga chiacchierata con un'ultima definizione, che Andrea Parodi dà di se stesso: «Sono un Don Chisciotte della montagna. Se trovo il mio Sancho Panza (o i miei Sancho Panza), parto all'avventura e pensare che alcune delle più belle le ho vissute in età già matura mi fa ancora andare avanti... forse anche grazie ad un angelo custode che mi protegge (ride!)».

Un angelo custode un po' anarchico, ovviamente.

Di Paola Popa

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