La storica Pasticceria Marescotti di Cavo: dagli amaretti di Voltaggio ai dolci della tradizione

Elisa Morando

Genova, 10/12/2021.

È la pasticceria liquoreria Marescotti di Cavo, in via di Fossatello 35r in pieno centro storico, la quarta dolce tappa di #Genovaattraversolebotteghestoriche, il viaggio che abbiamo deciso di intraprendere sui nostri canali social @mentelocale_it alla scoperta dei tesori nascosti nei caruggi di Genova. Ed è notizia recente l'apertura di un altro punto vendita alla Foce, in via Cipro.

Si entra nel bar pasticceria Cavo e si respira un'aria magica. Arredi in caldo legno ottocentesco, il bancone in marmo nero, quattordici ante di cristallo che avvolgono l'ambiente, stracolme di vini aromatici, vermouth e liquori. E poi lei, la vetrina della pasticceria secca. Baci di dama, canestrelli, pandolci, pinolate, ma anche capolavori di pasticceria fresca, come la torta di mele e crema pasticciera, la torta millefoglie allo zabaione, la torta di Linz, la bavarese ai marroni, la crostata di ricotta. Ma quello che, entrando nel locale, salta all'occhio per primo è il rosso delle scatole con la scritta Attilio Cavo, che nascondono al loro interno gli Amaretti di Voltaggio. E possiamo dire che è proprio da questi amaretti che tutto ebbe inizio, quasi duecento anni fa.

Infatti, la famiglia Cavo avviò l'attività di pasticceria verso la fine dell’Ottocento a Voltaggio, un paese al confine tra Piemonte e Liguria, e diede alla luce, grazie al brevetto di Attilio Cavo e sua moglie Elena, ai tipici dolcetti di pasta di mandorle fatti a mano. La produzione della pasticceria di Voltaggio fu talmente gradita da poter vantare tra i suoi clienti più appassionati persino la Casa Regnante di Savoia. La storia della famiglia Cavo si intrecciò poi con quella della famiglia Marescotti che, dopo aver fondato a Genova la Cioccolateria Cassottana nel 1780, trasformò il locale in Pasticceria Marescotti e lo gestì dal 1906 al 1979. Al banco di Marescotti si scelse di proporre una fusione tra la pasticceria classica sabauda e quella genovese, accostando in vetrina gli amaretti di mandorle alla torta sacripantina e al tipico pandolce. Alla morte di Irma Marescotti, la famiglia decise di tener chiuso il locale, diffidente nel cedere la gestione senza garanzie per i preziosi arredi e la tradizione della pasticceria.

Fu Alessandro Cavo, quinta generazione degli inventori di amaretti, il primo a sognare di riaprire la pasticceria che amava da bambino. Dopo dodici anni di dedizione e ostinazione, il 18 aprile 2008, Alessandro vide il suo sogno nel cassetto finalmente realizzato.

Di Elisa Morando

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