Riflettori accesi sulla vitamina D, a cosa serve e dove trovarla?

Magazine, 27/11/2020.

Si sente spesso ripetere che un corretto apporto vitaminico è fondamentale per la salute del nostro organismo: una delle vitamine più importanti e che può essere assunta attraverso la dieta è la vitamina D, denominata anche vitamina della luce solare perché viene sintetizzata direttamente dalle cellule della cute in seguito all’esposizione solare.

Sono sempre più numerose le ricerche scientifiche che mettono la vitamina D al centro dell’attenzione per i molti benefici che avrebbe sulla salute di tutto l’organismo. Ma perché è così importante? La vitamina D favorisce l’assorbimento e il deposito di calcio e di fosforo nelle ossa, essenziali durante la crescita dei bambini e per prevenire l’osteoporosi in età adulta. Anche il buon funzionamento del sistema immunitario e la protezione dell’organismo da malattie infettive o virali sono da essa supportate. Infine è stato dimostrato che la vitamina D contribuisce alla normale funzione dei muscoli aumentando la tonicità muscolare e la forza fisica, alla buona salute dei denti, proteggendoli da carie e gengiviti e inoltre migliora lo stato della pelle, soprattutto delle pelli acneiche che risulteranno più morbide e lisce.

Negli ultimi anni sono state evidenziate molte sue funzioni in vari organi e sistemi, tanto che la sua carenza è stata associata a diversi tipi di disturbi come diabete, infarto, malattia di Alzheimer, asma, e anche alla sclerosi multipla e alla depressione.

I bassi livelli di questa vitamina in Europa, in particolare, derivano da diversi fattori: i paesi si trovano generalmente a latitudini elevate; le popolazioni sono diventate sempre più urbanizzate e trascorrono meno tempo all'aperto (indagini statistiche indicano che gli abitanti delle città trascorrono l’80-90% del loro tempo al chiuso, limitando fortemente il potenziale per la produzione di vitamina D); l’introduzione di vitamina D attraverso gli alimenti è esigua nella maggior parte dei paesi europei e i livelli di integrazione raccomandati sono ancora troppo bassi; l’invecchiamento della popolazione. Le principali cause, inoltre, sono spesso anche riconducibili a un’alimentazione poco equilibrata, a un'insufficiente esposizione solare, a patologie renali, a celiachia o a malattie epatiche. Queste malattie hanno in comune l’impossibilità da parte del nostro corpo di convertire le vitamine nella loro forma attiva. Anche pancreatite, fibrosi cistica e cirrosi biliare sono patologie che possono alterare la capacità dell’organismo di assimilare la vitamina D.

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I cibi che la contengono comprendono alcuni pesci come il tonno, le aringhe, il salmone, il merluzzo e lo sgombro, ma è presente anche nell’olio di fegato di merluzzo, nelle frattaglie, nei funghi, nel tuorlo d’uovo e nel latte. Tuttavia, a volte una corretta alimentazione non basta, e per questo motivo potrebbe essere utile assumere la vitamina D attraverso integratori naturali per compensarne le carenze. Gli esperti della farmacia online italiana Viata ne suggeriscono alcuni, senza glutine e adatti anche ai vegetariani, con tutti i valori nutritivi e tutti i benefici propri di tale vitamina.

Come già specificato, a differenza di quanto accade per la maggior parte delle vitamine, la fonte principale di vitamina D non è il cibo ma il sole, in particolare i raggi Uvb che stimolano la produzione della molecola da parte dell’organismo. L’esposizione al sole rappresenta quindi il modo migliore per raggiungere i livelli desiderabili di vitamina D, sempre tenendo conto del fatto che la sua produzione è influenzata da molti fattori, come l’ora, la durata e la stagione di esposizione, l’età e il colore della pelle della persona e l’uso di creme solari. Stando ad alcune ricerche, negli ultimi anni si è assistito a un incremento notevole del consumo di integratori alimentari a base di vitamina D in Italia, con una spesa passata da 24 milioni di euro nel 2006 a 208 milioni di euro nel 2016.

Ma non è tutto: in un periodo sconvolto dall’emergenza sanitaria da Covid-19, non sono mancati gli studi relativi, appunto, alla ipotetica correlazione tra il virus e la vitamina D. La carenza di vitamina D nei malati di Covid-19 sarebbe collegata alla necessità di terapia intensiva e a minori possibilità di sopravvivenza. Al contrario, buoni livelli di vitamina D sembrerebbero correlati a un minore rischio di sviluppare gravi difficoltà respiratorie ed esiti letali in caso di infezione da Sars-Cov-2. É quanto pare emergere da uno studio osservazionale italiano presentato al congresso dell’American Society for Bone and Mineral Research (ASBMR). Questa ricerca si inserisce in un dibattito acceso che vede come principale protagonista la vitamina D. Un crescente numero di evidenze e dati epidemiologici, infatti, sembrerebbero suggerire un collegamento tra la gravità di Covid-19 e la sua prevalenza nelle aree caratterizzate da insufficienza di vitamina D. I paesi con livelli medi più bassi di vitamina D o una minore esposizione alle radiazioni Uvb presentano infatti una più alta letalità dovuta alla patologia. Anche i gruppi demografici noti per essere a più alto rischio di carenza di vitamina D (come le persone di colore, gli anziani, i residenti delle case di cura e le persone affette da obesità e diabete) sono infatti ad alto rischio di ospedalizzazione e mortalità dovuta all'infezione.

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