Stabile di Catania: Moni Ovadia «Farò ricorso. È l'ennesima ingiustizia»

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A seguito dell'intervista Moni Ovadia ha chiesto di pubblicare una rettifica: Moni Ovadia: «Lo Stabile di Catania poteva essere una piattaforma per progetti e spettacoli». La rettifica

Magazine, 18/02/2018.

«Farò ricorso. Perché di fronte al giudice dovranno spiegare il metodo e dirmi in faccia: "ci sembrava più adatta a dirigere un teatro"». La nota affabilità di Moni Ovadia - poeta, intellettuale, attore, regista, drammaturgo, musicista e direttore dei teatri di Marsala e Caltanisetta - cede e vira mentre il tono della sua voce si fa concitato e, seppure mostri grande disponibilità, come è sua natura, si inasprisce nel discorrere della sua mancata nomina a direttore dello Stabile di Catania.

«Ho prestigio e stima, la gente mi vuole bene, l'unica ragione per cui ho fatto domanda a Catania è che volevo fare delle cose belle. E poi, ad essere sincero, ho ben altre priorità. Ho avuto un'ischemia e ora mi sono ripreso, ma quello che mi appassiona è altro. A me della direzione dello Stabile di Catania non me ne frega niente, avevo progetti per il futuro ma non per me. Volevo preparare il futuro per Mario Incudine. Per me è un figlio, ha l'esatta metà dei miei anni ed è un artista prodigioso, un mostro in campo musicale, un bravissimo attore e, a Enna, si è messo a gestire un teatro. Lavorando sul territorio, ho conosciuto tanti ragazzi e ragazze siciliane e costruire qualcosa di buono per loro mi pare una priorità». 

Moni Ovadia precisa che il suo incarico di direttore artistico per i teatri di Marsala e Caltanissetta è «a titolo totalmente gratuito, a parte i costi dell'aereo e la notte in albergo, per quelle poche volte che vado». La questione di tanta indignazione è «L'ennesima grande ingiustizia. Ho rispettato tutte le regole del bando. In una riunione, mi avevano detto: "lei è il più titolato di tutti". Non mi interessa parlare del vincitore. Se avessero circoscritto la selezione dicendo: "vogliamo qualcuno giovane, che non ha ancora diretto un teatro" allora non mi sarei neanche candidato. Nessuno conosce Sicignano in Italia. Non voglio esprimere alcun giudizio su di lei. Ma su un bando pubblico non è l'esperienza e le capacità provate che si vanno a misurare? Questa scelta, è chiaro, non ha avuto questo obiettivo. La base non sono stati i curricula, ma solo le convenienze politiche: io sono libero, non abbasso lo sguardo di fronte a nessuno e non devo niente a nessuno. Eppure, l'unico intervento a mio favore è stato quello di Vittorio Sgarbi, lui e io siamo agli opposti come idee politiche, eppure è stato lui a suo tempo a coprirmi di elogi e premiarmi. La mia indignazione è nei confronti di questo paese che è corrotto. Le strutture sono corrotte, tutte. Sono tutte marce».

Il progetto di Moni Ovadia per la Sicilia e in particolare per lo Stabile di Catania è maturato negli anni: «Sono arrivato in Sicilia molto prima di chiedere la direzione dello Stabile etneo, io parlo e recito in siciliano, ora volevo guardare al futuro. Che poi diciamocelo, a Catania sono rogne. Avevo però in mente il mio sodalizio con Incudine e volevo costruire una compagnia di lavoro con giovani siciliani per portare Catania nel mondo e viceversa. Tantissimi progetti ho immaginato: sia far fare cose siciliane sia chiamare artisti internazionali». In Sicilia ha diretto il Festival del Novecento a Palermo «l'ho portata io Emma Dante in Sicilia in una situazione centrale come quella del festival di Palermo, prima nessuno la conosceva lì».

Sempre in Sicilia da metà anni novanta ha collaborato a diverse regie con Roberto Andò, nel 2015 è andato in scena al teatro greco di Siracusa con Le supplici di Eschilo, una collaborazione con Incudine con cui ha creato progetti a Enna e con cui sarà sul palco del Teatro Biondo, questa primavera (11-20 maggio), in Liolà, omaggio a Luigi Pirandello, nel centocinquantenario dalla nascita, un progetto firmato appunto da Ovadia, Incudine e Sebastiano Lo Monaco, prodotto dal Biondo insieme ai teatri comunali di Enna e Caltanissetta. 

Non è la prima volta che Ovadia partecipa a un bando pubblico per la direzione di un teatro stabile italiano. L'ha fatto nel 2014 a Genova e in Friuli: «Io sono un militante, mi candido apposta per dimostrare che l'Italia è un paese retto da uomini mediocri - fatte le debite eccezioni - che pensano che fare la politica significhi gestire i propri interessi. Non mi stupirei se arrivasse una registrazione dove si sente qualcuno dire: "Moni Ovadia? No". Altre volte però è stato meno scandaloso. Questa volta non lascerò correre. Se mi avessero detto, abbiamo pensato Emma Dante, mi sarei tirato fuori. Serena Sinigaglia? Mi sarei tirato indietro da solo. Insomma, per dirla tutta, io se fossi in Sicignano mi farei qualche domanda. Se mi fossi confrontato con Peter Brook, io mi sarei tirato indietro perché avrei pensato che qualcosa non andava».

Irrevocabile la posizione: «Voglio vedere cosa mi daranno davanti a un giudice. Voglio capire. Se avrò delle ragioni valide sul perché è stata giudicata più idonea la signora Sicignano e se lo possono provare. Se fossimo in un altro paese li metterei in ginocchio. Dico: "Sapevate già che ero in Sicilia, che facevo Il Casellante". Ma niente, mi hanno portato avanti fino alla fine. Avete usato il mio tempo arbitrariamente, datemi allora una giustificazione di metodo: perché mi avete chiesto il Cv se non è quello che vale? Perché un programma, se non è il mio programma che vale? Mi chiedo perché?»

La decisione muove da questioni profonde e di principio: «Io sono di pasta diversa, sono antifascista, ma non fazioso. Sono impegnato, ma rispetto sempre i galantuomini. Non ho problemi a chiamare qualcuno diverso da me in teatro, perché tengo conto del suo valore. Io difendo il diritto degli ultimi. Il fascismo in Italia arrivò per alcune ragioni: opportunismo, servilismo e vigliaccheria. Ho sostenuto Leoluca Orlando perché ha lanciato la Carta di Palermo, ovvero l'abolizione del permesso di soggiorno: perché un uomo deve poter scegliere dove vivere, visto che non si può scegliere dove si nasce. Per me, è come dire che siccome Albertazzi è stato fascista allora si può dire che è un cane, quando invece è stato un grande artista. Céline è un grandissimo scrittore, anche se ha scritto una cosa abominevole antisemita. Barenboim in Israele ha chiesto di ascoltare Wagner anche se era un grande antisemita. Non penso certo a me stesso, ma agli altri. E poi diciamocelo, arrivato alla mia età, se avessi voluto il potere l'avrei chiesto prima, non crede?».

Sulla recente nomina del nuovo direttore artistico dello Stabile di Catania, leggi anche:

La notizia della nomina
L'intervista a Laura Sicignano 

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