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Torino - Medea è uno dei miti più torbidi e archetipici dell’età classica.
Torino - La tragedia di Euripide va in scena ad Atene nel 431 avanti Cristo. Da allora conta decine di riscritture: da Seneca a Jean Anouilh, da Corrado Alvaro a Heiner Müller, da Pier Paolo Pasolini a Lars von Trier. Antonio Tarantino (1938-2020) riscrive la storia di Medea nel 2011, sembra voler rifiutare l’azione della tragedia greca e lo fa anche attraverso le parole di Medea che per tutto il tempo non fa che negare; nega le sue colpe, nega di essere straniera, nega di aver anche solo mai navigato, o di aver mai avuto figli, di aver stretto patti, di aver ucciso suo fratello, nega di essere un tipo vendicativo. Il testo ricorda quei teoremi di logica matematica che, procedendo per negazione, restituiscono una verità inversa dalla proposizione che si annunciava.
Torino - Medea nega e mente, e facendolo erode tutto ciò di cui è composta la sua identità. Più volte ospite al Festival delle Colline, Liv Ferracchiati riporta ora in scena quella versione in una nuova produzione firmata dal TPE e dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. «Il testo di Antonio Tarantino – spiega il regista – vede alternati il punto di vista di Medea in carcere e quello della Vigilante fuori dalla cella. Se in Euripide il passaggio dal mito alla realtà si svolge attraverso l’interpretazione psicanalitica, in Tarantino il movimento è inverso. Prende le mosse dal reale, umano e si muove verso una direzione mitica, sacra. La sua scrittura quotidiana, il lessico popolare, a volte dialettale, unito a una costruzione sintattica che procede per lunghe coordinate correlative, anafore e allitterazioni, fa assumere al testo un ritmo ribattuto che diventa quasi rituale».
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