Chi ghe pi Nisün!, mostra di Bekhbaatar Enkhtur, Martina Melilli, Matteo Pizzolante e Agnese Spolverini

Alice Caracciolo
Fondazione Elpis Cerca sulla mappa
DA Martedì04Aprile2023
A Domenica23Luglio2023

Da martedì 4 aprile a domenica 23 luglio 2023 la Fondazione Elpis di Milano ospita, nei nuovi spazi di via Lamarmora 26, la mostra Chi ghe pi Nisün! (Qui non c’è più Nessuno!) con opere di Bekhbaatar Enkhtur, Martina Melilli, Matteo Pizzolante e Agnese Spolverini. Il progetto espositivo è realizzato in collaborazione con Ramdom, associazione culturale attiva sul territorio pugliese dal 2011.

Attraverso una serie di installazioni appositamente realizzate, Chi ghe pi Nisün! raccoglie le ricerche e le sperimentazioni di quattro artisti tra loro differenti per provenienza, formazione e pratica: Bekhbaatar Enkhtur (1994, Ulaanbaatar, Mongolia), Martina Melilli (1987, Piove di Sacco), Matteo Pizzolante (1989, Tricase) e Agnese Spolverini (1994, Viterbo).

Accomunati dall’aver partecipato nel corso del 2022 al programma di residenze A Sud di Marte - promosso da Ramdom in collaborazione con la Fondazione Elpis presso gli spazi di Kora - Centro del Contemporaneo a Castrignano de’ Greci (Lecce) - gli artisti portano a Milano una rilettura di questa esperienza di ricerca e produzione, ampliando ed estendendo la riflessione sul concetto di Meridione e sulle sue implicazioni geografiche, storiche e socio-antropologiche, rimettendo in gioco il rapporto dicotomico tra città e provincia e i modelli produttivi e di consumo che queste storicamente rappresentano.

Il titolo della mostra Chi ghe pi Nisün! prende le mosse da un’esclamazione pronunciata in dialetto milanese dal proprietario di una bottega storica di via Orti durante una conversazione sui cambiamenti e le trasformazioni del quartiere. Una frase che si potrebbe ascoltare nel cuore di Milano così come in un paese del sud Italia - con motivazioni differenti e per certi versi opposte - e che sottolinea un parallelismo tra i cambiamenti in corso nelle aree rurali e quelli del tessuto urbano, mettendo in luce il carattere globale che tali mutamenti assumono al giorno d’oggi.

Bekhbaatar Enkhtur sviluppa una riflessione sul concetto di territorio a partire dal suo paese d’origine, la Mongolia, attingendo ai temi del viaggio e della scoperta. Nel corso della residenza a Castrignano de’ Greci si ispira ai primi viaggiatori occidentali che si spingevano fino al lontanissimo Oriente, ai confini di ciò che allora era considerato come ignoto, e ne raccontavano le meraviglie e le tradizioni. Enkhtur guarda in particolare alla figura di un missionario fiammingo, nonché esploratore, William de Rubruck che negli anni ’50 del tredicesimo secolo si era spinto fino al palazzo del Khan, a Karakorum. Qui, secondo il racconto di de Rubruck, i viaggiatori venivano accolti in un giardino dove al centro sorgeva una grande fontana in argento decorata con leoni e serpenti da cui scorrevano vino, latte, liquore di riso e una bevanda a base di miele. Partendo da questa narrazione, Enkthur sviluppa ulteriormente l’immaginario della fontana realizzando per Chi ghe pi Nisün! l’opera Fountain (2023), un’installazione site-specific che accoglie i visitatori invitandoli a perdersi fra le sue forme sinuose e a servirsi del vino che sgorga dai suoi zampilli. L’opera collega due ambienti espositivi: al primo piano è collocato un trombone rimaneggiato dall’artista per fungere da imbuto per la fontana, collegato a un tubo che corre lungo le scale e culmina, al piano terra, in una testa di serpente modellata in cera d’api, posizionata sopra a una scultura a forma di leone, anch’essa in cera d’api.

Martina Melilli si dedica all’esplorazione di storie e memorie personali e collettive, attingendo a tecniche e approcci del mondo dell’antropologia. Se in Puglia aveva indagato le declinazioni mistiche legate al concetto di controra - il momento della giornata più caldo, alle prime ore del pomeriggio, quando le attività umane sfumano nel torpore, il tempo rallenta e si carica di suggestioni, leggende, fantasmi e spiriti - per Chi ghe pi Nisün! conduce una ricerca sulla memoria dell’edificio che ospita la Fondazione Elpis, una ex lavanderia di fine Ottocento che serviva il vicino istituto per anziani. Con l’installazione Ghostly Matters (2023), Melilli intende così far emergere la memoria storica e umana di questo luogo, interrogando gli abitanti del quartiere e scavando anche in altre dimensioni grazie all’intervento di una medium. L’opera che ne risulta è un’installazione distribuita nello spazio e formata da più elementi. Alle pareti si trovano delle citazioni scritte a vernice riprese dai testi fondatori della disciplina spiritista. L’artista ricava anche un angolo di consultazione di testi legati a questa disciplina, ed espone una composizione di fotografie realizzata durante la residenza.

Ricorre al tema della memoria, sviluppata però in chiave biografica, anche Matteo Pizzolante. Durante la residenza a Castrignano de’ Greci, l’artista - di origine pugliese - ha condotto un’indagine sulla vicenda di un albergo appartenuto a suo nonno, abbandonato da molti anni, attingendo a storie e racconti di famiglia. A partire dalle informazioni ricevute, l’artista ha potuto ricostruire l’albergo Aurora grazie a un software di modellazione 3D, da cui ha ricavato una serie di immagini successivamente stampate in cianotipia. Pretesto per un’analisi personale e allo stesso tempo collettiva, specchio delle dinamiche storico-sociali di un intero territorio, l’albergo è quindi centrale anche nell’installazione Aurora (2023) presentata per Chi ghe pi Nisün! Pizzolante ricostruisce negli spazi della Fondazione Elpis l’ambiente dell’albergo, integrando componenti strutturali del luogo, dettagli scultorei ed elementi prelevati da un albergo omonimo di Milano, rielaborati e inseriti all’interno del flusso narrativo dell’installazione. Una serie di cianotipie che raffigurano le ricostruzioni degli spazi dell’albergo è applicata alle finestre del primo piano della Fondazione e, al centro della sala, una porta in legno ritrae gli stessi spazi. Aurora si presenta come una progettazione della memoria, dove i software solitamente utilizzati per creare immagini che rimandano al futuro vengono utilizzati per ricostruire un passato di ricordi.

Con Agnese Spolverini l’osservazione delle geografie dell’abitare prende la forma concreta dei materiali che plasmano il paesaggio. Nell’opera di Spolverini il rapporto con il territorio diventa fisico. È la pietra a trasformarsi in corpo: da un lato la pietra leccese bianca, liscia e lucida, dall’altro il tufo poroso, scuro e vulcanico. La prima incontrata durante la residenza in Puglia e fino a quel momento a lei sconosciuta, il secondo tipico della terra natale dell’artista, la Tuscia. Due tipologie geologiche diverse eppure vicine. Entrambe, infatti, evocano l’idea di un abitare decentrato - quello legato ai loro territori - con tutte le implicazioni che questo porta con sé, come la necessità di trovare un equilibrio tra la tutela del territorio e l’apertura al mondo esterno. Il lavoro di Spolverini non vuole fornire risposte ma cerca piuttosto di mettere in discussione visioni consolidate attraverso l’unione di esperienza personale e contributi di studiosi. L’artista crea Insediamento, un’installazione che si presenta come un cilindro sospeso al soffitto da cui viene calato un telo su cui stampa l’immagine di un paesaggio della Tuscia. Il visitatore può entrare in questa struttura e ascoltare, attraverso un impianto sonoro diffuso, alcune composizioni poetiche realizzate dall’artista, ispirate a saggi e testi teorici che affrontano la questione del Meridione sotto diversi punti di vista.

L'inaugurazione della mostra è fissata per martedì 4 aprile 2023 dalle 12.00 alle 19.00; l'orario di visita è poi dal giovedì alla domenica dalle 12.00 alle 19.00 fino a domenica 23 luglio 2023 (aperture straordinarie: martedì 4, mercoledì 5, mercoledì 12 aprile; chiusura sabato 8 e domenica 9 aprile). L'ingresso è libero, per info 02 89745372.

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