Il Grifo d'Oro, a Lambrate dal 1937: l'enoteca che non aprirà mai un e-commerce

Bernadette Hanna / mentelocale.it

Milano, 29/05/2023.

La cinquantanovesima tappa del tour delle botteghe storiche di mentelocale.it ci porta a nord-est di Milano. Nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Lambrate, al civico 157 di via Nicola Antonio Porpora, si trova Il Grifo d'Oro, un locale di modeste dimensioni ma dall'assortimento abbondante: presente ininterrottamente dal 1937, l'enoteca espone pregiatissimi vini e liquori Made in Italy, assieme a dolci, paste e rare confetture artigianali.

Il suo nome è un richiamo alle origini toscane del titolare Franco Vannuccini, ex operaio che negli anni Ottanta è emigrato a Milano da Montepulciano, il cui stemma è, appunto, un grifo. Prima di ripercorrere la storia del locale, Franco mi invita a indirizzare lo sguardo su quello che è a tutti gli effetti l'elemento più appariscente del negozio: sulla parete frontale rispetto all'ingresso c'è un affresco realizzato dal fratello del costruttore - Carlo Guarneschelli - che può essere considerato un omaggio al dio Bacco, in quanto ritrae sei giovani contadine intente a gustarsi del vino.

Franco era subentrato ai precedenti gestori, due signori anziani, agli inizi del 1992. «Fino a quel momento, il locale era più una fiaschetteria, perché imbottigliavano e portavano a domicilio il vino sfuso, anche se successivamente hanno restituito questa licenza. Io ho deciso comunque di conservare i contenitori che erano obbligatori per quel tipo di servizio, tutti con misure standard e certificate come il litro, il mezzo litro e il quartino».

Non sono pochi i cambiamenti intercorsi dopo l'acquisto delle mura e la ristrutturazione: sono stati rimossi il vecchio bancone che occupava buona parte dell'entrata e il pavimento, tuttavia Franco ha lasciato intatte le scaffalature originali, aggiungendo loro dei bordi ramati fatti a mano da lui stesso. Persino l'insegna non era così singolare e fantasiosa. Oltre alle modifiche, ci sono state anche delle scoperte suggestive, come la feritoia collegata al piano inferiore. «Nella cantina ho ritrovato una botte di mattoni e cemento, con l'interno vetrificato, che serviva a stoccare il vino: quando arrivavano le cisterne da fuori, attraverso la finestrella che c'è qui sotto al gradino in entrata, si infilava un tubo con cui si riempivano fiaschi e bottiglioni da due litri e, spesso, era l'aiutante dei proprietari ad andare in bicicletta a consagnare ai clienti i contenitori riempiti, salendo le scale con i pesi in spalla se mancava l'ascensore».

Con il passare degli anni sono mutate le abitudini d'acquisto, cosa che ha spinto Franco a reinventare alcune offerte pregresse. «Un tempo nei periodi natalizi si vendevano cassette regalo con bottiglie di wiskey, cognac, Marsala o Porto, perché quella era l'esigenza delle persone: io, invece, ho voluto capovolgere questa cosa, cercando di offrire confezioni regalo vuote per poterci mettere dentro quello che vuole il cliente, con grande soddisfazione di entrambi». E, se un tempo le persone dipendenvano esclusivamente dai consigli del venditore, oggi sono molto più acculturate: «prima puntavano soprattutto sui classici come il Brunello o il Barolo, mentre oggi mostrano maggiore interesse e fanno corsi di approfondimento, essendo subissati da tantissime trasmissioni televisive sull'alimentazione».

Alla sfida rappresentata dalla tv si aggiunge purtroppo quella del web, a causa della quale la figura di enologi come Franco rischia di essere svilita per il dilagare di negozi virtuali, anche se lui non aprirà mai un e-commerce. «Di fronte all'offerta di un sito, che non ha spese di magazzino, io non posso essere concorrenziale, ma proprio per questo l'unica strada da percorrere è quella di offrire prodotti di nicchia che non siano presenti sul mercato in rete, cosa ormai rarissima, trovando etichette nuove da fare conoscere in negozio».

Franco infatti viaggia più volte all'anno, in tutto il paese, per reperire i migliori prodotti da esporre nel suo locale, offrendo all'occorrenza un assaggio: così facendo, dà vita ad un'esperienza d'acquisto lontana dalla vendita sterile e che possa valorizzare il contatto umano, soprattutto dopo aver tenuto volutamente abbassata la serranda nel periodo del Covid «per non dare uno schiaffo alla situazione stessa».

Di Bernadette Hanna

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