Turati, a Niguarda l'agenzia di onoranze funebri dall'anima green che salva gli animali dai cacciatori

Bernadette Hanna / mentelocale.it

Milano, 22/05/2023.

La cinquantottesima tappa del tour delle botteghe storiche di Milano di mentelocale.it ci porta nel quartiere di Niguarda, a nord-est della città. Qui, alle spalle dell'Istituto Comprensivo Vittorio Locchi di via Passerini, sorge una sorta di piccolo polmone verde della zona: è l'agenzia di onoranze funebri Turati, attiva dal 1892 e accessibile sia da via Paulucci de Calboli Fulcieri 18, sia da via Riccardo Bauer 19: dall'ottobre 2022 è stata ufficialmente riconosciuta bottega storica di Milano.

Quando Turati Onoranze Funebri vide la luce, Niguarda era un paesino a vocazione contadina che, a partire dal 1923, è stato inglobato entro le mura cittadine perdendo lo status di borgo autonomo. Tuttavia, tracce di questo passato sono tutt'ora riscontrabili nell'ex cascina appartenuta a Domenico Turati, punto centrale per i niguardesi di una volta, come mi ha confermato il suo stesso bisnipote Stefano che, insieme alla sorella Michela, rappresenta la quarta generazione al timone dell'impresa.

«Tutto è nato da mio bisnonno, proprietario di un terreno che era diviso dal fiume Seveso, dove oggi c'è la strada: in questo spazio si facevano coltivazioni ortofrutticole ma, essendoci anche disponibilità di carri e cavalli, occasionalmente si effettuava il trasporto di bare per conto di altri. Nel corso degli anni, però, la produzione si è lentamente spostata sulla floricultura, perché servivano fiori per il servizio dei funerali, perciò l'attività che inizialmente era basata sul mero sostentamento è poi mutata nel settore vivaistico».

Questo luogo di vitale importanza, dove un tempo si coltivavano ortaggi da cucinare, è stato un punto di cordoglio pur rimanendo un centro di aggregazione sociale per i più svariati motivi. «La cosa anomala - aggiunge Stefano - è che l'attività agricola condotta fino a quel momento aveva permesso di sviluppare una realtà nel quartiere diversa rispetto a quella che era la classica impresa funebre: durante la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, i meno facoltosi e anche i perseguitati si rivolgevano a noi per potersi rifugiare nel cortile, non avendo di che vivere o temendo l'arresto».

Ma se una volta l'integrazione era sopravvivere alla guerra, ora è incontrarsi e trascorrere un momento di convivialità: la disponibilità di spazi, in particolare l'ultima parte del giardino, trasforma la cascina in una location per giornate aperte al pubblico. «Dall'ingresso in via Riccardo Bauer si arriva in fondo dove c'è la nostra serra e qui, due o tre volte all'anno, apriamo gli spazi e mettiamo delle giostrine per i bambini perché le persone possano vedere gli animali».

Infatti, l'agenzia, oltre a depositare le bare dei defunti nella cosiddetta Sala del Commiato, è anche la dimora di simpatici animali a quattro zampe, come galline e capre, passando per i cavalli, un daino e qualche cane. «Qui c'erano sempre stati animali da tiro e da cortile: negli anni Novanta, quando ho iniziato a ristrutturare, ho avuto l'idea di riportare questo luogo all'agricoltura, quindi alle origini. L'intento era ricreare un ambiente naturale attorno alla Sala del Commiato dove uno, quando è assorto in pensieri non proprio facili, può avere comunque un momento di pace e libertà». Così facendo, Stefano ha salvato molte creature da zone dove erano a rischio, perché spesso nel mirino dei cacciatori.

Oltre al deposito e trasporto di defunti, Turati Onoranze Funebri possiede due laboratori, quello di falegnameria per la produzione di urne e quello per la lavorazione dei marmi. «Pur avendo mantenuto tutti gli attrezzi e le macchine per la lavorazione del legno che erano appartenute a mio bisnonno, l'impresa non li usa più per produrre le bare a causa degli alti costi da sostenere». Questo è anche il motivo per cui, momentaneamente, sono state sospese le attività didattiche in collaborazione con le scuole e anche le coltivazioni in serra, poiché è in atto una fase di ristrutturazione degli spazi.

Di Bernadette Hanna

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