Dal 15 giugno il via agli spettacoli, ma non per tutti. «Ecco perché il Teatro i non riaprirà»

A partire dal 15 giugno 2020 possono riaprire al pubblico i teatri, con regole ben precise da seguire sia per gli addetti ai lavori che per gli spettatori. Eppure molti teatri resteranno chiusi, come il Teatro i di Milano, che ha deciso lasciare abbassata la saracinesca e il sipario. Riceviamo e pubblichiamo il comunicato che spiega perché il Teatro i non riaprirà a giugno e riporta il pensiero condiviso dei suoi tre direttori artistici, Federica Fracassi, Francesca Garolla e Renzo Martinelli.

Milano, 28/05/2020.

Tante le domande sull’oggi, sul futuro degli esseri fragili e delle comunità fragili, sul fragile futuro del teatro, sul sistema feroce in cui il nostro settore si inserisce ormai da tempo in assenza di una legge che lo disciplini, frantumato da tensioni interne e da un’endemica pochezza di risorse. Tante le domande che sorgono alla lettura del decreto sulle riaperture, dopo questi mesi di lockdown: domande sul nostro stare al mondo e anche domande sul teatro, che è stato fino a oggi il nostro lavoro e la nostra missione.

Una certezza da parte di Teatro i: lo stabile di via Gaudenzio Ferrari non riaprirà i battenti a giugno 2020, come tante realtà medio piccole che formano la costellazione del panorama teatrale italiano. Le misure di contingentamento, falciando le sedute dei piccoli teatri, rendono di fatto la nostra attività poco sostenibile, sottraendole senso progettuale (una sala di 80 posti per soli 12 spettatori, che potrebbero assistere, nella migliore delle ipotesi, a tanti monologhi). Le caratteristiche del nostro piccolo spazio, nell’osservanza di tutti i protocolli, renderebbero punitiva l’esperienza comunitaria che è il teatro: impossibile l’accoglienza del pubblico nel foyer, il lavoro dei nostri collaboratori in ufficio, la gestione degli artisti sul palco. Insostenibile economicamente la sanificazione quotidiana di tutti gli ambienti per quel necessario distanziamento sociale che noi, lavorando alla costruzione di comunità, troviamo più corretto definire come distanziamento fisico.

Potremo riaprire in autunno e alzare il sipario nei prossimi mesi? Con quali progetti? Con quale progettualità? Riflettiamo sul da farsi anche sulla scorta delle misure governative, regionali, comunali. Quali sarebbero le conseguenze culturali, sociali ed economiche della probabile scomparsa di tante piccole medie realtà che fanno da presidio culturale sul territorio: i teatri, attivatori di pensiero, arte, comunità; i teatri, fonte di sostentamento? Come torneremo a teatro da lavoratori dello spettacolo e da spettatori?

L’auspicio è che il momento sia proficuo per cambiare rotta. Lo spettacolo dal vivo è un sistema complesso, racchiude in sé un processo elaborato che va dalla ricerca alla creazione e non si esaurisce nella semplice produzione e commercializzazione di un prodotto, per questo non può essere quantificato numericamente, ma piuttosto valorizzato nella sua peculiarità, oggi più che mai

Federica Fracassi, Francesca Garolla, Renzo Martinelli

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