Fino a martedì 29 ottobre, presso il Mercato Centrale Milano (via Giovanni Battista Sammartini, 2), è in programma Love-Hate, mostra personale di Enrico Antonello.
I suoi ossimori danno vita a una poesia visiva tridimensionale e immersiva senza compromessi. Selezionate dal curatore Sabino Maria Frassà, le sue opere di luce raccontano il suo Point of View e le contraddizioni della nostra epoca e la difficoltà di comunicare.
Dal 2013, il Premio Cramum viene indetto annualmente con l'obiettivo di sostenere le eccellenze artistiche in Italia e all'estero attraverso mostre e collaborazioni di fama internazionale. L' artista veneto, dopo il successo di Words. Are Just Words?, opera con cui ha vinto il Premio Cramum, segna con il ciclo di opere Points of View protagonista della mostra Love-Hate un importante passo nella maturazione di un linguaggio ormai pienamente riconoscibile e maturo.
«Le parole non sono solo segni» spiega l'artista «ma manifestazioni che danno vita alle nostre visioni più profonde. Fungono da chiave per l'immaginazione, aprendo porte verso mondi inesplorati dandoci la speranza di riuscire a comunicare ciò che altrimenti rimarrebbe intrappolato nel silenzio. Nel tessuto delle parole risiede il potere di trasformare, ispirare e cambiare, perché sono più di meri strumenti linguistici: sono l'essenza stessa dell’esistenza. Con ogni pennellata verbale, forgiamo destini e plasmiamo ideali; solo così possiamo esistere nel nostro presente».
Enrico Antonello fa dell'ossimoro la vera materia della propria ricerca di questo inedito progetto artistico, in cui ha progettato e realizzato personalmente, utilizzando la stampa 3D, dei box luminosi nei quali si possono leggere due parole opposte a seconda del punto di vista da cui le si osserva. Frontalmente, invece, è il caos, una voragine letterale che non permette alcuna lettura, obbligando lo spettatore a muoversi per riuscire a comprendere la scritta. Così come Brunelleschi selezionava con cura il punto di vista dal quale osservare la cattedrale di Santa Maria del Fiore per interpretare la sua realtà attraverso le regole della prospettiva, questo ciclo di lavori invita lo spettatore a scegliere un punto di vista preciso per la fruizione dell'opera, della quale non si potrà mai avere una visione completa. Le parole selezionate sono deliberatamente scelte tra i più comuni e stereotipati nella lingua inglese, sempre scritte in maiuscolo (qui nell'ordine del punto di vista dell'artista): Open - Close, Clean - Dirty, True - False, Inside - Out, Life - Death, Soft - Rock, Love - Hate, Good - Bad, Victory - Defeat, Sweet - Bitter. Questa scelta mira a non fornire risposte definitive o formulare teorie rigide, bensì a stimolare l'immaginazione personale dello spettatore attraverso il bombardamento di ossimori, anche visivi, che possono essere interpretati in un numero infinito di modi, da altrettanti punti di vista. D'altronde, l'ordine tra i due elementi dell'ossimoro è mobile e fissato solamente nel titolo dall'artista. Questo libro, esso stesso opera d'arte nella e della stessa opera, è una testimonianza del personalissimo "point of view" di Enrico Antonello in un preciso e irripetibile momento.
«Gli ossimori inconciliabili di Enrico Antonello» spiega il curatore Sabino Maria Frassà «sono volutamente disposti nello spazio della mostra in modo del tutto casuale a formare una infinità di associazioni di idee in continua evoluzione. È una forma di poesia visiva contemporanea, che racchiude una profonda solitudine e incomunicabilità negli occhi e nei movimenti - imprevedibili - di ciascun osservatore. Antonello dimostra così di essere un purista quasi nichilista della parola,» spiega il curatore Frassà, che aggiunge: «L'artista si muove contro ogni forma di populista quanto demagogica forma di 'ossimoro conciliante'. L'arte è per lui oggi lo strumento attraverso il quale trasmettere emozioni, stimolando nel fruitore un processo maieutico che porta alla luce qualcosa di tanto intimo quanto imprevedibile. Fornendo input sensoriali, più o meno composti ed elaborati, l'artista agisce come un regista di emozioni a 360°, riuscendo a innescare un processo emotivo sempre più immersivo in cui la parola non è la fine né l'interpretazione, ma l'inevitabile inizio, così scarnificato e destrutturato. Abituati al pensiero razionale e logico, la disposizione delle sculture-ossimori porta a un cortocircuito e a una tabula rasa da cui partire: siamo persi nei nostri pensieri e nel nostro vissuto, che inevitabilmente entra nell'opera d'arte.»
Il percorso espositivo Love-Hate è accompagnato da una video installazione realizzata in collaborazione con il fratello Luca (Antonello) e Davide Capoccia, per accentuare ulteriormente questa direzione intrapresa da Antonello: luce, musica e vista aiutano a perdersi per poi ritrovarsi e ritrovare nuovi significati nell'opera e in noi stessi. Questo progetto unisce non solo i sensi, ma anche diverse forme d'arte, fondendole in un linguaggio creativo ed emozionale impossibile da descrivere a parole, ma che richiede di essere vissuto appieno per essere compreso in tutta la sua profondità.
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