20x20: venti capolavori per venti artisti, mostra collettiva

Alberto Savinio, Idillio marino, 1944
Tornabuoni Arte Cerca sulla mappa
DA Martedì09Aprile2024
A Sabato25Maggio2024

Dal 9 aprile al 25 maggio 2024 la galleria Tornabuoni Arte presenta nella sede di Milano (via Fatebenefratelli 36) la mostra 20x20: venti capolavori per venti artisti con opere di Marina Apollonio, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi, Mario Ceroli, Christo, Giorgio De Chirico, Gino De Dominicis, Filippo De Pisis, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Wassily Kandinsky, Alberto Magnelli, Carlo Mattioli, Giorgio Morandi, Claudio Parmiggiani, Pino Pascali, Alberto Savinio e Paolo Scheggi

Ognuno dei venti artisti è rappresentato da un’opera, tra le più significative del proprio personale processo artistico. 20x20 attraversa un intero secolo, a partire dagli anni Venti del Novecento, ad arrivare ai giorni nostri, con lavori più recenti del 2023.

Il percorso, seguendo un ordine cronologico, nasce idealmente da Deux femmes di Alberto Magnelli, un dipinto realizzato tra il 1924 e il 1928, dove ancora l’artista conserva, nella struttura della composizione e nella rappresentazione delle figure umane, memoria dei maestri toscani del Quattrocento, prima di sperimentare e arrivare alla pittura astratta che lo ha contraddistinto. Filippo De Pisis e Giorgio Morandi sono sicuramente due voci originali dell’arte italiana, accomunati da una breve esperienza metafisica hanno intrapreso, poi, due strade assai diverse, quasi opposte, più vibrante il primo e più meditativa e composta il secondo. In questa sede sono rappresentati da due opere, distanti di pochi anni: Vaso di fioridel 1930, di De Pisis, rigogliosa descrizione floreale, fatta di tocchi frenetici di colore, e un paesaggio del 1938 di Morandi, molto naturalistico, definito da pennellate pastose e morbide.

Communiquè di Wassily  Kandinsky, del 1936, introduce, invece, al clima internazionale in cui le ricerche sull’arte astratta si focalizzano sugli elementi grafico-strutturali, quali linea e punto, e sull’indagine emotiva dei colori: una ricerca di cui l’artista russo fu uno dei massimi interpreti e teorici.

Del 1940/1941 è la Natura morta di Renato Guttuso, figura chiave del XX secolo, esponente del Neorealismo italiano, che ha segnato anche la storia politica e sociale italiana. Sono anni cruciali per Guttuso, gli muore il padre, si iscrive al Partito Comunista e realizza uno dei suoi quadri più famosi La Crocifissione. Le nature morte sono una tematica costante della sua produzione, che ha la capacità di restituire in modo del tutto personale e originale, oggetti semplici di uso quotidiano attraverso l’intensità del colore e delle forme. In questo contesto storico si trovano voci diverse come quella di Alberto Savinio che, con Idillio marino del 1944, ricontestualizza un’espressione artistica visionaria, legata all’inconscio, nutrita da suggestioni surrealiste e metafisiche. Accanto, il fratello Giorgio De Chirico, uno dei principali punti di riferimento della pittura metafisica: Il Trovatore, un po’ più tardo, del 1968, riprende uno dei suoi personaggi chiave, il manichino, protagonista al centro di spazi dalle atmosfere rarefatte, enigmatiche, definite da elementi architettonici.

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, si assiste alla nascita dell’lnformale, un’espressione artistica che rifiuta la figurazione per aderire all’urgenza espressiva di utilizzare il segno, il gesto e la materia. Esponente di primo piano fu Alberto Burri, la cui ricerca era orientata sulla materia e sui materiali, e che trova qui in A 1, del 1953, un esempio tra i più calzanti della sua poetica: i sacchi di juta grezza strappata sono testimonianza traslata delle ferite e delle esperienze dolorose lasciate della guerra e dal trascorrere del tempo. Più o meno degli stessi anni, per l’esattezza del 1957, è Concetto spaziale di Lucio Fontana, che ha sviluppato la sua teoria dello Spazialismo, basata sull’unione di tempo e spazio, mediata dal gesto.

La connotazione segnica invece caratterizza il linguaggio di Giuseppe Capogrossi come si vede in Superficie 106, opera del 1954, dove appare il suo tipico archetipo che si ricompone e si ripete di volta in volta in differenti varianti.

La mostra prosegue, in questo excursus temporale, con due opere dello stesso anno, 1962, Veliero di Pino Pascali, tra i primi esponenti dell’Arte Povera, movimento teorizzato da Germano Celant, e Senza titolo di Piero Dorazio - tra i firmatari del manifesto del Gruppo Forma1, insieme a Perilli, Accardi e Turcato, tra gli altri - che rappresenta invece la corrente astrattista italiana.

Il 1967 è l’anno in cui Alighiero Boetti si unisce al movimento dell’Arte Povera, partecipando a varie mostre a Genova, Torino e Milano: proprio del 1967 è Mimetico, l’opera scelta da Tornabuoni Arte, quasi un ready made, quasi un monocromo. Anche Mario Ceroli condivise l’esperienza poverista: scultore, scenografo, fu capace di mescolare ogni arte e creare opere immersive. L’utilizzo del legno nei suoi lavori è una costante, come si vede in Senza titolo, del 1971.

Intersuperficie curva bianca, del 1966, è un monocromo, caratterizzato da tre tele sovrapposte con aperture circolari, che testimonia la continua riflessione concettuale e metafisica di Paolo Scheggi. L’artista riconosciuto a livello internazionale, nell’arco della sua breve vita, ha attraversato discipline e campi diversi, dalle arti visuali all’architettura, dalla poesia alla performance. Marina Apollonio, presente con Dinamica circolare decagono, 1970-2007, è una delle personalità femminili più interessanti dell’arte programmata e dell’optical-art, corrente che nasce dalle ceneri dell’esperienze astratte degli anni ’50.

Gli anni Ottanta, in questo spaccato storico artistico, sono tracciati da tre figure che identificano altrettante modalità di ricerca. Gino De Dominicis e il suo Senza titolo, anni '80, che racchiude tutta la sua essenza raffinata, misteriosa e scanzonata che sfuggiva al tentativo di classificare o periodizzare il suo lavoro. Carlo Mattioli, pittore, disegnatore, illustratore di capolavori della letteratura italiana ed europea, estraneo a qualsiasi tentativo di assimilazione ad alcuna corrente artistica e ideologica, è ancorato alla figurazione di cui è testimone un dipinto come Nel bosco, 1982.

Infine Christo e Jean-Claude, una coppia di artisti visionari, pionieri della Land Art, con il progetto Wrapped Reichstag (Project for Berlin), 1986. Attraverso gli impacchettamenti alterano visivamente e concettualmente la percezione e la fruizione dei luoghi, dei monumenti e delle architetture prescelte, azzerando la loro identità estetica e la loro funzione conoscitiva.

Come idealmente è iniziato, il percorso cronologico di 20x20 chiude con l’opera più recente, del 2023, una delocazione Senza titolo di un artista raro come Claudio Parmiggiani, lontano da gruppi o movimenti.

La mostra è visitabile a ingresso libero nei seguenti orari di apertura: lunedì dalle 15.00 alle 19.00; dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00. Per info 02 6554841.

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