Matteotti Medley, di e con Maurizio Donadoni

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DA Mercoledì20Marzo2024
A Domenica24Marzo2024

Da giovedì 21 a domenica 24 marzo 2024 (ore 20.00, tranne domenica ore 16.00) al Teatro Oscar di Milano (via Lattanzio 58a) va in scena - nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti - lo spettacolo Matteotti Medley, di e con Maurizio Donadoni e per la regia di Paolo Bignamini.

Parlando a dei coetanei del tempo, un Giacomo Matteotti poco più che ventenne aveva detto: «Ogni epoca ha avuto i suoi martiri, le sue vittime, gli inutili eroi che col loro sacrificio, hanno aperto gli occhi e la strada agli altri». Vent’anni dopo, il 10 giugno 1924, in un martedì di sole quasi estivo, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, quello stesso ragazzo veniva rapito e ucciso da un gruppo di arditi del fascio milanese, squadraccia della cosiddetta Ceka fascista, organismo (segreto ma non tanto) voluto da Mussolini per mettere a tacere gli oppositori interni ed esterni al fascismo.

Il rapimento e l'assassinio di Matteotti furono snodo fondamentale nell’affermazione del regime totalitario in Italia. Per qualche tempo, in seguito a quel delitto, il fascismo sembrò sul punto di sfasciarsi. L’occasione, com’è noto, fu persa dalle opposizioni che, ritiratesi dal parlamento, furono disinnescate con abilità machiavellica da Mussolini che poté impunemente dichiarare di assumersi tutta «la responsabilità politica, morale, storica» (tralasciò penale) di quanto era avvenuto. 

Matteotti Medley ripercorre questa storia - emblema di italici vizi e italiche virtù - alternando il racconto dei fatti nudi e (talvolta) crudi, a citazioni da musiche all’epoca popolari: dalle marcette squadriste, agli stornelli contro il Negus, dalle musiche da ballo alle canzoni d’amore diffuse dalle radio Balilla, agli esperimenti di quella  musica colta d’ avanguardia che, proprio nei primi del  ‘900, era in cerca, con scandalo dei benpensanti, d’inaudite sonorità. Una narrazione d’un solo attore, ma a molteplici voci, che si espande in uno spazio scenico nitido, scarno e rigoroso: luogo dove il passato prende corpo attraverso corpo e voce dell’interprete; dove il racconto documentale si fa testimonianza funambolica tra grande storia e piccole storie. E dove ognuno è chiamato a rispondere, come può o come deve, alla domanda: che valore ha, oggi, la democrazia?

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