Gli Jussen e Bartók: Orchestra Sinfonica di Milano in concerto con Arthur e Lucas Jussen, dirige Jaume Santonja

© Angelica Concari
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DA Venerdì01Marzo2024
A Domenica03Marzo2024

Venerdì 1 e domenica 3 marzo 2024, rispettivamente alle ore 20.00 e alle ore 16.00 la stagione 2023/2024 dell'Orchestra Sinfonica di Milano prosegue con il concerto Gli Jussen e Bartók: l'appuntamento è presso l'Auditorium di Milano (largo Mahler, Milano), con i fratelli Arthur e Lucas Jussen al pianoforte e l'orchestra diretta da Jaume Santonja.

La metà del programma è dedicata a Béla Bartók, in particolare quando, per l’esecuzione del Concerto per due pianoforti, percussioni e orchestra Sz. 115, i fratelli Jussen sono affiancati, alle percussioni, da Viviana Mologni e Simone Beneventi. Questa composizione rientra in quel gruppo di lavori che il compositore ungherese fece inviare a Joseph Goebbels con l’esplicita richiesta di essere inserita nell’alveo della cosiddetta arte degenerata, dopo che seppe che le opere di Arnold Schönberg, Darius Milhaud e Igor Stravinskij erano state bandite nel Terzo Reich. In questo periodo così travagliato e difficile, Bartók trovò l’ispirazione per comporre alcune delle sue opere più geniali e originali che avrebbero lasciato una traccia profonda nella storia della musica contemporanea: la Musica per archi, percussione e celesta e la Sonata per due pianoforti e percussioni. La Sonata, con l’aggiunta dell’accompagnamento orchestrale fu eseguita per la prima volta a New York nel gennaio 1943 e rappresenta uno degli apici della ricerca timbrica del compositore ungherese: qui Bartók letteralmente sperimenta tutti i suoni possibili degli strumenti a percussione (xilofono, tamburi, grancassa, timpani, piatti, triangolo e tam-tam) che hanno una parte fondamentale nella composizione in quanto, oltre a sottolineare le parti musicali dei due pianoforti, diventano in taluni passaggi importanti strumenti solisti. Un carattere distintivo di questa partitura è dato inoltre dall’impiego di differenti maniere di suonare gli strumenti a percussione: sono infatti utilizzate non solo le tradizionali bacchette da tamburo, ma anche bastoncini di legno e perfino lame di temperino.

Fa da contraltare a questa composizione la Seconda Sinfonia in Re maggiore op.73 di Johannes Brahms, pagina sinfonica che, contrariamente a quanto accaduto per la Prima Sinfonia, che richiese a Brahms un lavoro di ben quattordici anni, venne concepita in un tempo relativamente breve, a cavallo tra estate e autunno del 1877. Iniziata durante uno dei suoi soggiorni estivi a Portschach sul Wörther See, in Carinzia, la sinfonia fu condivisa per la prima volta in ottobre, nella versione per pianoforte a quattro mani, di fronte a una piccola platea di lusso, capeggiata, come spessissimo accadeva, dai coniugi Schumann e l’amico Joseph Joachim. E se la Sinfonia n.1 fu ribattezzata la Decima di Beethoven, la Sinfonia n.2, secondo alcuni, poteva rappresentare la Decima di Schubert, per quel suo carattere cantabile, quel suo dipanarsi serena in un clima lirico e disteso. Non è un caso che l’altro attributo che è stato conferito a questo lavoro orchestrale è l’aggettivo Pastorale.

Completano il programma i Quindici canti contadini ungheresi di Béla Bartók, interessante raccolta di brevi melodie popolari arrangiate per pianoforte (e poi adattate per orchestra) da Bartók stesso, composta tra il 1914 e il 1918.

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