Dal 10 maggio al 16 giugno 2023 la Kasa dei Libri di Milano ospita la mostra Il racconto di Milano: libri, narratori e fotografi dal 1900 a oggi.
In tanti hanno raccontato Milano passeggiando per le sue vie col naso all’insù o ambientandone le storie tra gli scorci di monumenti storici, grattacieli o periferie in rapida espansione. Ma è sempre stato così? Milano è da sempre soggetto letterario oppure è una tendenza recente? O di quale epoca? È quello su cui si interroga questa mostra, grazie a un percorso attraverso i narratori (poeti esclusi) che, dall’inizio del ‘900 a oggi, hanno fatto di Milano il teatro per le vicende dei loro libri. Un piccolo divertissement che porta alla ri-scoperta della città e aiuta a guardarla anche con gli occhi di chi l’ha vissuta in tempi diversi dal nostro.
Cinque le sezioni della mostra (più una di libri fotografici) che scandiscono altrettanti momenti storici e con un allestimento evocativo e spiritoso, tra vetrate colorate che richiamano le architetture in stile liberty e un Duomo di matite alte quasi due metri. Il percorso comincia con un primo ventennio che abbraccia il finire dell’800 fino all’avvento del fascismo e che ci constatare come Milano sia la grande assente nel panorama letterario italiano del periodo. Non una volta che D’Annunzio abbia ambientato i suoi scritti a Milano: le principali penne dell’epoca trovano ispirazione altrove, mentre Milano, crocevia di commerci, attira l’attenzione di narratori minori come Emilio De Marchi o Paolo Valera. Tuttavia, le testimonianze raccolte sono curiose e godibili, come per esempio la corrispondenza intercorsa tra il commediografo Carlo Bertolazzi (autore del Nost Milan, poi reso famoso da un importante allestimento di Giorgio Strehler) e il romanziere Gerolamo Rovetta. Un mancato saluto di quest’ultimo offende a tal punto Bertolazzi che fa subito recapitare una lettera da via Brera a piazza Castello (quanto, nemmeno dieci minuti a piedi?), dove vive Rovetta. Particolarmente curioso un libro dello stesso Valera, militante socialista e memorabile personaggio della Milano a cavallo tra i due secoli: si tratta di Milano sconosciuta, che con le sue descrizioni percorre in lungo e in largo i luoghi meno illuminati della città, testimonianza preziosa per chiunque voglia ricostruirla nei suoi aspetti meno gloriosi.
A onor del vero, un’illustre eccezione c’è: Addio alle armi di un giovane Ernest Hemingway che, almeno in parte, ne ambienta le pagine a Milano e di cui la Kasa dei Libri espone una delle prime edizioni americane. Una punta notevole, ma non sufficiente a ribaltare la tesi di fondo: per tutti i primi 20 anni del secolo Milano non ha un ruolo letterario, e le narrazioni sulla città sono praticamente inesistenti.
Non va tanto meglio con il Ventennio fascista dove, a una tradizione di scarsa ispirazione narrativa si aggiunge un certo distacco dal presente, motivato ovviamente dal timore di incorrere in censure da parte di un regime che non apprezza le prose non allineate. Non è quindi un caso che il principale narratore della Milano di quegli anni, Carlo Emilio Gadda, milanese di nascita e legatissimo alla città di cui scrive molto e a più riprese, firmi le sue prose più note sulla città nei decenni successivi. Sono gli anni che vanno dall’Adalgisa all’Incendio di via Keplero, e anche della famosa ricetta del risotto alla milanese uscita sulle pagine del Gatto Selvatico, storica rivista aziendale dell’Eni. Pure di metà anni ’40 sono i due libri più significativi su quella città, opera di Alberto Savinio, fratello di Giorgio De Chirico, che testimonia Milano sotto i bombardamenti con Ascolto il tuo cuore città e, più avanti, Elio Vittorini, che qui ambienta il suo Uomini e no, primo libro sulla guerra partigiana, uscito già nel 1945. Un unicum, quest’ultimo, nel panorama dei libri sulla guerra e sulla Resistenza, che per quasi tutti gli autori si districa tra le montagne, mentre la memorialistica di guerra è ambientata nei teatri lontani del conflitto, come l’Africa, la Grecia o la Russia.
Milano comincia a diventare personaggio dei romanzi negli anni del boom economico. Primo fra tutti I segreti di Milano di Giovanni Testori: cinque titoli tra racconti, romanzi e testi teatrali, apparsi a cavallo del 1960 e spesso molto controversi, destinati quindi a scontri epocali con la censura dell’epoca. A fianco di Testori, la figura di Luchino Visconti, che dai racconti trarrà uno dei suoi film più famosi, Rocco e i suoi fratelli. Al partner illustre, Testori dedica pagine intense che sono rimaste inedite fino a pochi mesi fa, quando le ha pubblicate con il titolo Luchino uno studioso d’arte importante e attento come Giovanni Agosti.
L’altro fondamentale autore è Dino Buzzati, nella cui narrativa Milano è quasi sempre presente: quella realistica di Un amore, quella inventata di Poema a fumetti, quella vera ma surreale di Paura alla Scala. Di tutti sono esposte prime edizioni, in un caso con tanto di dedica dell’autore. Questo è anche il periodo dei giallisti come Giorgio Scerbanenco, con la fortunata serie del commissario Duca Lamberti, di stanza a Milano, di Luciano Bianciardi, di Gaetano Afeltra, di Camilla Cederna e Lalla Romano. Le voci critiche certo non mancano ma tutte immerse in un clima di grande attività e fervore, con nomi che militano tra le fila del giornalismo culturale come Orio Vergani e Giuliano Gramigna.
Si arriva così agli anni di piombo, gli anni della contestazione. Quasi ad anticipare un clima di forti agitazioni, in mostra c'è La zanzara del 1966, il famoso fascicolo del giornale del liceo Parini con un’inchiesta sulla sessualità che suscitò immenso scandalo e costò ai due autori dell’inchiesta e al direttore un processo epocale seguito dalla stampa di tutto il mondo. Neppure sulla Milano rivoluzionaria degli anni ’70, sfociata in tristemente note derive terroristiche, c’è una narrazione contemporanea importante. È come se di fronte alla tragedia della cronaca pochi si sentano di raccontare in maniera fantastica. Ci sono invece molte preziose testimonianze di cui viene dato conto in mostra: da Come mi batte forte il tuo cuore, struggente ricordo dell’assassinio di Walter Tobagi, giovane giornalista del Corriere della Sera ucciso dai terroristi nel 1980, scritto dalla figlia Benedetta Tobagi, a Qualunque cosa succeda di Umberto Ambrosoli in ricordo del padre Giorgio, l’eroe borghese assassinato in via Morozzo della Rocca il 12 luglio 1979. Di quegli stessi anni parlano anche, fa gli altri, Dario Fo e Pier Paolo Pasolini; in ogni caso neanche loro riescono a scrivere i libri che trasformino quegli anni in narrazione.
Per ritrovare Milano nelle quinte del racconto bisogna aspettare gli ultimi decenni del ‘900, quelli che raccolti nella sezione Bye bye ‘900, che coincide con una città vitale e spregiudicata, quella che nella pubblicità e nella vulgata collettiva diventa la Milano da bere. Questa parte della mostra è allestita con uno sfondo giallo: infatti è l’epoca in cui la città comincia a diventare lo scenario preferito di una serie di scrittori di noir. È una tendenza viva in tutto il paese, dalla Sicilia di Camilleri alla Toscana del BarLume di Malvaldi, ma che a Milano trova un terreno particolarmente fervido e ancora molto vivace. Sarebbe però ingiusto limitare la narrativa di quegli anni al giallo: nel periodo, gli autori ambientano i loro libri nella Milano contemporanea abbondano, da Andrea De Carlo a Milena Milani, da Umberto Eco a Emilio Tadini, da Ottiero Ottieri a Emilio Isgrò, non solo artista delle cancellature ma anche raffinato poeta e narratore, autore di diversi romanzi sperimentali.
Sullo sfondo della mostra e del suo fil rouge, un autore che non si poteva ignorare, Alessandro Manzoni. Troppo monumentale per essere trattato esaustivamente, viene invece raccontare da altri autori che in vario modo hanno parlato di lui e dei suoi Promessi sposi. Fa poi da appendice della mostra la sezione degli Amici, come tale dichiaratamente non esaustiva: sono scrittori contemporanei tra i migliori d’Italia e molti dei lori libri sono ambientati a Milano. Tra di loro Marco Balzano, Gianni Biondillo, Isabella Bossi Fedrigotti, Marco Missiroli, Teresa Monestiroli, Hans Tuzzi. La mostra si chiude con una sezione extra ma decisamente ricca e importante, quella dei libri fotografici, curata per l’occasione da Roberto Mutti, storico e critico della fotografia. In mostra, fra gli altri, le pagine con i magnifici scatti di Gabriele Basilico e Uliano Lucas, che raccontano la città e i suoi cambiamenti con un linguaggio universale.
Il racconto di Milano si compone di più o meno 200 libri. Una delle poche certezze è che Milano non è mai stata uno scenario da romanzo, almeno fino alla metà del secolo scorso - con l’eccezione di Manzoni, che tuttavia racconta della Milano seicentesca, non di quella a lui contemporanea. Dopodiché, tanti narratori tutto sommato minori e solo qualche nome d’eccezione, su tutti Gadda e Buzzati, ma nulla che la possa connotare come una città letteraria. Il che è un paradosso visto che Milano è senza dubbio una capitale dell’editoria e della letteratura, dove da 200 anni nascono case editrici, da Treves e Hoepli a Sem e alla Nave di Teseo, e dove ha sede il primo premio letterario italiano, cioè il Bagutta. Eppure a tutto questo non corrisponde una narrazione costante: come se alla fine Milano sia molto più città degli affari che non della fantasia.
L'inaugurazione è fissata per martedì 9 maggio alle ore 18.00. La mostra è poi aperta al pubblico fino a venerdì 16 giugno, tutti i giorni in orario 15.00-19.00, a ingresso gratuito e senza necessità di prenotazione. Ulteriori informazioni via email o telefonando al numero 02 66989018.