
Magazine - In Trilogia di una Repubblica l’editore Frassinelli raccoglie in un unico volume i tre precedenti romanzi di Valerio Varesi: La sentenza (2011), Il rivoluzionario (2013) e Lo stato di ebbrezza (2015), un’opera, che si inserisce come una punta di diamante nell’eclettica carriera letteraria dell’autore parmigiano. Infatti Varesi, che di recente ha ricevuto in Francia il prestigioso premio Violeta Negra 2017, del Festival Toulouse Polar du Sud, oltre a essere lo straordinario creatore del commissario Soneri, con la sua serie storica in tre episodi: La sentenza, Il rivoluzionario, e Lo stato di ebbrezza ha regalato ai lettori una sua lucida e misurata ricognizione della Storia, o meglio una vera e propria Saga che narra dell’Italia dalla Lotta di liberazione, condotta dalla guerra partigiana, che ha forgiato la prima classe dirigente della Repubblica nata nel gennaio 1948, fino al 12 novembre 2011, giorno della caduta del governo Berlusconi.
Una grande trilogia che nasce da La sentenza, una storia vera ambientata in quello ‘stato nascente’ che è stata la Resistenza, un racconto partigiano con la cruda vicenda umana di due galeotti liberati dalle prigioni di Milano e di Parma, che entrano nella brigate combattenti per obbligo, pronti a tutto e senza motivazioni ideologiche. La grande storia li sfiora, li mette da parte, li giudica e li abbatte precorrendo il futuro prossimo dell’Italia, di un paese povero, affamato, che, pur avendo perso una guerra ed essendo ancora controllato dagli Alleati, vuole essere libero, darsi da fare, dire lea sua. Idee e progetti, che troppo spesso entrano in competizione provocando gli scontri violenti, quando il passato invece di portare l’oblio ricade sul presente con la sua pesante mano ancora guidata dall’ardore antifascista.
Il secondo romanzo o episodio della trilogia, Il rivoluzionario, che spazia nel periodo più lungo nel tempo (35 anni), racconta dei grandi progetti politici in competizione, fra «azionisti», comunisti, cattolici e socialisti riformisti. Spiega come fu il primo dopoguerra a Bologna, città che era diventata la culla del più grande partito comunista dell’Occidente in un Paese che era stato fascista, aveva perso la guerra e per di più era ancora occupato dalle truppe anglo-americane. Una storia che parla di tanti grandi personaggi ma che va a intrecciarsi strettamente con la vita di una giovane coppia di comunisti che facevano parte della generazione tra i venti e i trent’anni il 25 aprile ’45. Una storia che vede Bologna come punto focale ma che si espande nella narrazione, passando dalla Russia ai Paesi Baschi, fino a raggiungere il Mozambico. Il rivoluzionario si ferma il 2 agosto 1980, il giorno della strage alla stazione di Bologna, l’ultima tragica puntata della ‘strategia della tensione’.
Ma se buona parte di quella sanguinosa violenza la si può far idealmente terminare in quella data, subito dopo il terzo romanzo o episodio della saga Lo stato di ebbrezza apre il palcoscenico della politica marketing spettacolo, con il socialismo che arriva al potere mentre sul palcoscenico italiano cominciano a danzare nani, ballerine e buffoni, insomma una grande farsa e sbronza generale, con i partiti che prima si sfaldano nella mancanza di programmi e visioni e in seguito affonderanno sotto i colpi di Tangentopoli.
Il tragicomico sorprendente romanzo che, a detta di Varesi, se non lo avesse già scritto vorrebbe riscrivere, in cui Domenico Nanni, giornalista e pierre, racconta in prima persona le sua storia di ragazzo di sinistra anche lui ammaliato dal clima dei pantagruelici anni Ottanta. Attraverso le memorie di questo stanco e malato sessantenne, ritroviamo tutti i decenni di storia italiana, della sinistra e della sua vocazione alla sconfitta, dell’ascesa e del declino del craxismo, Mani pulite, la seconda Repubblica, la nascita della Lega, il G8 di Genova…
Molti finora hanno scritto la storia della Repubblica Italiana, secondo diversi modi e punti di vista, ma il grande affresco di Varesi, che ci porta per mano dalla Resistenza fino al 2011, si distingue per l’amara sincerità con la quale tratteggia il lungo, lento e penoso declino del nostro Paese, quello di un’Italia che, pian piano, perde ogni innocenza e ogni ideale, smarrendosi progressivamente nello chic becero di veline e calciatori. Snodo focale, più importante di altri comunque presenti nella narrazione, saranno gli anni Ottanta, il periodo di Ronald Reagan e Margaret Tatcher, con l’avvento del neoliberismo più sfrenato e selvaggio e del consumismo assurto a unico fattore prevalente della nostra vita, dominata dalle grandi feste socialiste.
Il crollo degli ideali di patria darà seguito a una politica ormai messa in secondo piano e troppo spesso fatta di personaggi ignoranti e farseschi. Ed è proprio il tono della farsa che spadroneggia nell’ultimo capitolo della trilogia, Un perverso e progressivo sgretolamento di ideologie e morale che rendono sempre più difficile ricreare una “casa” comune.
Una testimonianza lucida e spietata di ciò che eravamo e di cosa siamo diventati, incantati dal consumismo e piombati nel girone di un’eterna baldoria che non sono stati solo patrimonio della “Milano da bere” ma che hanno coinvolto tutta l’Italia. Sono gli anni, che hanno fatto seguito a quelli di piombo del terrorismo e del compromesso storico, nei quali la politica si è assoggettata definitivamente all’economia. Un periodo di ebbrezza, come dice il titolo, che anticipa l’ultima parte del romanzo e quindi della Saga con l’ascesa al potere di Silvio Berlusconi e il seguito. Una lunga parabola che Valerio Varesi descrive in un paio di episodi che ben rappresentano tutta un’epoca: l’incontro ad Arcore di Bossi che esibisce la canottiera mentre l’altro l’accoglie con addosso il maglioncino stile Porto Cervo e l’8 settembre del 2007 il vaffanculo dal palco di Grillo a Bologna per dare inizio alla sua politica cabaret.