Magazine - Tra le innumerevoli voci di quella sterminata enciclopedia dell'orrore che sono stati i campi di sterminio nazisti, un posto particolare spetta al Requiem di Terezin, pagina tra le più alte e commoventi della Shoah, capace di stagliarsi per bellezza e ambiguità in uno dei buchi neri della storia.
È l'estate del 1944 quando il villaggio ceco di Terezin, trasformato dai nazisti in un campo di concentramento per artisti e intellettuali, diventa il palcoscenico di un episodio eccezionale: concedendosi una pausa tra violenze ed orrori, musicisti e cantanti ebrei eseguono il Requiem di Verdi.
Sul podio Rafael Schächter, anch'egli internato a Terezin, che riesce a organizzare l'esecuzione del capolavoro verdiano quale spettacolo a uso e consumo dei gerarchi nazisti.
Durante il concerto vittime e carnefici invertono i propri ruoli: le SS presenti nel pubblico - guidate da Adolf Eichmann - non comprendono il significato più alto di quell'esecuzione, che ha luogo mentre i fronti orientali e occidentali implodono sotto gli attacchi degli Alleati e dell'Armata Rossa.
Attraverso la musica gli internati ebrei celebrano il funerale ideale del Reich.
Episodio tra i più clamorosi della storia della Shoah, la pagina del Requiem di Terezin è stata consegnata alla storia dal racconto di Josef Bor, scrittore ceco anch'egli internato nel campo, che dopo essere scampato alle camere a gas - e avervi visto morire madre, moglie e due figli, negli anni Sessanta ha messo nero su bianco la cronaca della difficilissima preparazione della partitura verdiana le dei personaggi che a quell'esecuzione parteciparono.
Introvabile in libreria, finalmente il volume è stato ripubblicato da Passigli (112 pp., 12.50 Eur) ed esce oggi, Giorno della Memoria, in una nuova edizione arricchita da una riflessione di Eliška Borov, nuora di Josef Bor, e da una postfazione dello stesso scrittore ceco.
La traduzione è di Bruno Meriggi.
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