Genova, il Cinema Sivori a rischio chiusura. La lettera al ministro Franceschini

Smart.comune.genova.it

Genova, 10/06/2022.

Il Cinema Sivori, la sala cinematografica più antica d'Italia, rischia la chiusura. E non è l'unico nel Bel Paese. La storica sala di salita Caterina, nel centro di Genova, ospita film, dibattiti ed eventi culturali da oltre un secolo. Il primo filmato dei fratelli Auguste e Louis Lumière è stato proiettato il 30 maggio 1896, solo 5 mesi dopo la prima proiezione parigina. Oggi, il Sivori è gestito dal Circuito Cinema Genova.

Alessandro Giacobbe, presidente Alesbet, la srl che gestisce il cinema, ha scritto al ministro alla Cultura Dario Franceschini perché intervenga a favore della storica sala genovese e di tutti gli altri spazi simili, che rischiano la chiusura. A queste strutture, che raccontano importanti pagine di storia della cultura italiana, la pandemia ha assestato un colpo durissimo. Ora è il momento di ripartire, ma le difficoltà sono molte. Ecco la lettera completa rivolta al ministro Franceschini:

"Da oltre vent'anni la nostra azienda ha l’onore e l'onere di gestire la sala cinematografica più antica d’Italia, la Sala Sivori di Genova che nel 1896 proiettò le prime immagini in movimento dei fratelli Lumière e da allora è rimasta fedele alla sua missione di divulgazione della settima arte, oltre ad essere nota alle cronache perché sede, nel 1892, dell’assemblea costituente il Partito Socialista Italiano.

Oggi il Cinema Sivori, insieme agli altri cinema storici da noi gestiti a Genova, alcuni come il Sivori con attività ultra centenaria alle spalle, corrono il serio pericolo di interrompere la loro attività, così come centinaia di altre sale cinematografiche italiane gestite da una molteplicità di piccole aziende italiane che costituiscono una rete garante della diversità e molteplicità dell’offerta culturale e che cercano di differenziare la proposta al pubblico rispetto alle catene di multisale gestite per lo più da fondi di investimento internazionali.

Al contrario di quanto qualcuno potrebbe pensare, queste sale, come tutto il comparto, funzionavano molto bene fino all’avvento del primo lockdown sanitario nel marzo del 2020 e il 2019 si era appena concluso con un numero di biglietti venduti superiore del 15% rispetto all’anno precedente. Questo nonostante fossero già arrivate in Italia le piattaforme che però ad allora puntavano più sulla serialità mentre oggi vengono accusate, non senza motivo, di essere il principale ostacolo alla ripartenza dei Cinema.

La crisi che oggi affrontano le sale cinematografiche, ed in particolare le sale di città che propongono un’offerta culturale, ha una duplice origine: la prima senza dubbio dovuta all’emergenza sanitaria ed alle restrizioni, spesso eccessive rispetto ad altre attività più a rischio, ultime ad essere cancellate solo nei locali di spettacolo (!) e che hanno generato, specie nel pubblico di età più matura, l’idea che Cinema e Teatri fossero luoghi pericolosi; la seconda dovuta alla deregulation sui tempi di esclusiva dei film in sala (le cosiddette finestre), figlia anch’essa dei lockdown durante i quali gli esercenti hanno dovuto giocoforza fare un passo indietro ed assistere impotenti al passaggio diretto sulle varie piattaforme dei film destinati originariamente ad un periodo di esclusiva nei Cinema, fissato sino ad allora in 105 giorni da normativa (per i film italiani finanziati anche dal Ministero) e da una sorta di “gentleman agreement” per tutti gli altri inclusi i titoli internazionali.

Mentre auspichiamo a giorni il ritorno alla normalità per quanto riguarda le restrizioni sanitarie, non si comprende perché alcuni attori della filiera non intendano ritornare ad una metodologia che così bene stava funzionando prima della pandemia, con ottimi incassi in sala e produttori, distributori ed esercenti in grado di sostenere le rispettive economie aziendali. Illustri e ben più importanti rappresentanti del settore hanno già espresso il concetto: per recuperare il pubblico delle sale serve tornare al rispetto di un periodo di esclusività dei film al Cinema, preferibilmente più lungo di quello vigente fino al marzo 2020, almeno per un periodo transitorio.

Così come gli esercenti si sono dimostrati ragionevoli e collaborativi nel periodo pandemico, ci si aspetterebbe una analoga partecipazione alla soluzione del problema da parte di autori, produttori e distributori per un accordo che riproponga l’esclusiva della sala per il tempo necessario a ristabilire le abitudini del pubblico, oggi soverchiato da pubblicità che promuovono i film contemporaneamente al Cinema ed in piattaforma entro un brevissimo intervallo e che dissuade dalla frequentazione delle sale essendo il primo sfruttamento necessariamente più oneroso del secondo e giustificabile solo ripristinando una esclusiva temporale di qualche mese e non di sole poche settimane.

Se un film viene prodotto (e finanziato) per la sala, dovrebbe essere questo il luogo deputato alla sua visione esclusiva, dovrebbe essere considerato illegittimo lo slogan “portiamo il Cinema a casa tua”, la parola Cinema dovrebbe essere riferita unicamente alla fruizione collettiva di un film sul grande schermo in una sala buia. I nostri vicini francesi adottano da sempre un sistema di 'finestre' molto più attento alla priorità delle sale che non a caso sono le più frequentate d'Europa anche nel post pandemia e sono considerate luoghi irrinunciabili per la vita sociale e culturale del PaeseIn Italia ad oggi contiamo circa 1.200 strutture, ma di esse più della metà sono sale con un solo schermoe solo 250 sono grandi multiplex che offrono per lo più prodotto commerciale.

Quindi quasi mille cinema sono sale di città e di provincia che si stanno battendo per sopravvivere, ricche di iniziative culturali, incontri, rassegne, dibattiti, attente all’adeguamento strutturale e tecnologico per stare al passo con le esigenze degli spettatorima che hanno necessità di riabituare il pubblico alla frequentazione con film prodotti per la sala ed in esclusiva di sfruttamento per un periodo adeguato che non potrà mai essere oggetto di un accordo tra attori della filiera divisi da esigenze che poco attengono alla sfera socio culturale alla quale il Suo Ministero dovrebbe far riferimento, intervenendo in autonomia con una normativa ragionevole che fissi l’intervallo tra l’uscita in sala ed i successivi sfruttamenti in 180 giorni almeno per un periodo transitorio post emergenza (pur con alcune ragionevoli eccezioni).

La possibile scomparsa delle sale che promuovono cinema di qualità causerebbe inoltre anche il declino di quelle case di edizioni e distribuzione indipendente che portano in Italia decine di film non italiani premiati nei più importanti festival internazionali e che già oggi hanno difficoltà a trovare uno sbocco in questa tipologia di sale, sempre meno presenti sul territorio.

Signor Ministro, vorremmo che il cinema più antico d’Italia potesse festeggiare altri traguardi nel nome della pluralità dell’offerta culturale insieme alle altre mille strutture italiane e non debba soccombere a causa di logiche di mercato, abbiamo bisogno di una politica che riporti il pubblico nelle sale ancor più di quanto necessitiamo di sostegni finanziari per campagne promozionali che sarebbero vane senza una decisa svolta sulla politica della cronologia degli sfruttamenti.

Faccia una scelta coraggiosa, e garantisca un futuro al Cinema nei Cinema".

Di Andrea Sessarego

Argomenti trattati

Newsletter EventiResta aggiornato su tutti gli eventi a Genova e dintorni, iscriviti gratis alla newsletter