Stevo, il Banksy genovese. «La street art è immediatezza. Un messaggio alla portata di tutti». L'intervista

Camilla Campanella

Genova, 05/04/2021.

La street art è l'arte per tutti. Talvolta lascia senza risposte, altre volte il messaggio arriva come un dardo. Il bello della street art è anche questo. Genova, città dai mille volti, è teatro ideale per le opere di arte di strada. Abbiamo intervistato Stevo, genovese classe 1986, il 'Banksy della Superba'. "La street art ha un linguaggio diretto e alla portata di tutti. Non serve entrare in un museo o in una galleria. Per questo, mi ha conquistato. Mi assomiglia, per la sua immediatezza e la sue caratteristiche fuori da confini precisi".

Stevo, quando è iniziata la tua passione per la street art? "Meno di 10 anni fa, un po' per caso. In casa ho iniziato a dipingere con tempere, ad acquerello o a olio. Poi mi sono avvicinato agli stencil, per riprodurre immagini all'esterno". E lì è nato lo Stevo street artist. Ma che cos'è, per te, la street art? "È il tentativo di presentare un messaggio attraverso un'immagine, e dare la possibilità a più persone possibili di vederlo, passeggiando in città. Ognuno può dare l'interpretazione che vuole. Può far pensare, sorridere, emozionare, incuriosire, ma anche lasciare totalmente indifferenti. Questo è il modo che preferisco per esprimermi e passare del tempo in compagnia di me stesso. È il bello della street art". Ma è anche sinonimo di riqualificazione? "Se fatta bene, sì. L'esempio virtuoso è Certosa, dove i murales sono bellissimi". 

Genova si adatta alla tua idea di street art? "Assolutamente sì. È piena di angoli perfetti per l'arte di strada. Anche se ci sono tanti vincoli e anche il momento è un po' particolare". Cosa intendi? "Quello che succede ai Giardini Baltimora, con i muri cancellati per la riqualificazione (poi, per protesta, gli artisti hanno coperta i graffiti per protesta, ndr.), non è positivo. Poi l'interruzione del progetto Walk the Line (sostituito da Repicta - Genova Street Art Project) per i piloni della Sopraelevata. Anche per questo, c'è un bel movimento in città: stiamo creando una rete di 15-20 artisti, una sorta di collaborazione per trovare muri e location da dipingere. Ma soprattutto emergere come artisti genovesi. Ognuno, poi, lavora per sè, liberamente, ma fare gruppo è importante. C'è molta più street art di quello che sembra".

Stevo, scegli prima la location o l'opera? "La street art unisce messaggio, colore e territorio. È difficile dirlo, cambia di volta in volta. Giro in città con lo stencil sotto braccio, e se individio una nicchia o un muro particolare penso subito all'opera da realizzare. Per i murales sulle serrande, sono in contatto con commercianti e titolari di locali. Ci sono anche i vincoli: non si può dipingere su ogni parete. L'idea si lega al messaggio e diventa un tutt'uno con l'ambiente su cui si posa: bidoni, frigoriferi lasciati in strada, bacheche pubblicitarie inutilizzate, muri e così via". Poi c'è la componente tempo: "L'opera ha una durata sconosciuta e limitata. Un'idea riportata su un muro può durare un giorno, ma anche una vita. Magari viene coperta o rubata, oppure mai considerata nè toccata. Questo fa parte del dipinto stesso".

La pandemia Covid che sta fermando il mondo. L'ultima tua opera è Nonno raccontami di quando esistevano ristoranti, musei, teatri e palestre... realizzata ai Giardini Luzzati. Un nonno tiene per mano la sua nipotina. "Per noi artisti, l'importante è stimolare sempre. A prescindere dalla situazione in cui ci troviamo. Con quest'opera, ho voluto fotografare l'oggi. A volte l'opera può essere ambigua, lasciar spazio all'interpretazione. In questo caso un po' meno, è molto più diretta. Ma come sarà il futuro?".

Hai colorato Genova con murales e opere. Cosa ci dici sui "topolini in dialetto genovese" sparsi nei vicoli, che accolsero la mostra di Banksy a Genova? "È chiaro che sia fonte di ispirazione e un modello. Usiamo anche una tecnica molto simile. Lui riesce ad entrare in luoghi spesso inacessibili e sulla sua identità si gioca molto. La sera prima dell'apertura, ho deciso di accoglierlo in città realizzando queste opere. Volevo che anche Banksy diventasse un po' genovese. C'ho messo una nottata, e le persone si sono divertite a cercarle. Con Palazzo Ducale è stata anche organizzata una caccia al tesoro, con possibilità di vincere biglietti omaggio alla mostra. Una bella esperienza".

Stevo, quali sono l'opera più significativa e quella che ti ha divertito di più? "Il murale che porto nel cuore è quello dedicato a Guido Rossa, realizzato nella strada a mare di Cornigliano a lui intitolata. È stato un lavoro lungo, emozionante, il primo con autorizzazione. Mi sono divertito molto, invece, a realizzare il murale del professor Bassetti in stile hawaiano sulla serranda dei Troeggi, nel centro storico. In quel momento, sui vaccini c'era molta confusione e ho voluto sdrammatizzare un po' con il riferimento al film di Terry Gilliam Paura e delirio Las Vegas. Lo stesso Bassetti ha apprezzato, facendosi un selfie vicino al suo 'sosia' caraibico. Credo che uno degli obiettivi della street art sia quella di cavalcare il momento e lanciare provocazioni".

Artisti di strada che stimo?: "DrinaA12 e Giuliogol, una coppia di Voltri. Hanno fatto dipinti splendidi come la stazione di Pra', le mura del centro remiero, la rampa in via Erzelli e un pilone della Sopraelevata Aldo Moro. Lavorano molto sui grigi, con tecniche diverse. Mi piacciono molto". Poi c'è Tiler, conosciuto a Genova con opere come il cane astronauta, Sogno da Desto, in Corso Gastaldi: "Qualunque artista può essere fonte di ispirazione. Lui si mostra solo con la maschera, è una mano invisibile. Anche se tutti abbiamo pagina facebook o instagram (ride, ndr.). Anonimato e illegalità, se così vogliamo chiamarla, non fanno più per me". Intendi dire che sei 'maturato'? "Userei la parola evoluto. Voglio dipengere con calma. Non ho più vent'anni, e ora cerco lavori diversi".

Ultima domanda, quanti ci metti a fare un'opera? "Dipende. Per una serranda, circa 4-5 ore. Ma dipende dalla quantità di livelli e dalle dimensioni. Per la tecnica stencil, parto da una foto che scatto io personalmente o trovo. Poi occorre Photoshop, e realizzare i vari livelli a colori. Paradossalmente, la parte sul muro è quella più veloce". Lo stencil consente una esecuzione più rapida e permette di riprodurre una stessa identica immagine in un qualsiasi numero di copie.

Di Andrea Sessarego

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