Teatro Nazionale: procedura, candidature, Livermore. Intervista al presidente del Cda

Genova, 02/11/2019.

La polemica sulla nomina di Davide Livermore a direttore del Teatro Nazionale di Genova è partita a ridosso dell'uscita della notizia. Si è parlato di possibili ricorsi, in particolare da parte del candidato Luca De Fusco (regista e direttore artistico del Napoli Teatro Festival Italia) e di interrogazioni in Comune e in Regione a partire dalla presa di distanza dalla decisione finale di uno dei consiglieri del teatro, Carlo Repetti (direttore del Teatro Stabile di Genova fino al 2014).

In vista della firma di un contratto (minimo 3 anni, massimo 5) rinnovabile (art. 19 dello Statuto) da parte di Davide Livermore, regista, scenografo e attuale direttore artistico di Palau de les Arts Reina Sofia di Valencia (all'interno del quale era già direttore del Centre de Perfeccionament Plácido Domingo dal 2013), prevista per martedì prossimo (5 novembre 2019), facciamo dunque il punto. Da un lato proponendovi una sintesi su come siano andate le cose all'interno del Cda e dall'altro analizzando gli impegni già in essere di Livermore, utilizzati nel dibattito dei giorni scorsi più per alimentare ulteriormente i dubbi intorno al profilo del regista rispetto al suo carico di lavoro che per comprenderne la figura dal punto di vista artistico-culturale. 

Sembra opportuno dunque ricapitolare i passaggi che hanno portato il Cda del Teatro Nazionale alla decisione finale che facciamo intervistando Gian Enzo Duci, presidente del Cda del teatro che ha lavorato ovviamente con i consiglieri: Marco Salotti – vice presidente; Anna Maria Calcagno – consigliere; Alessandro Giglio – consigliere; Carlo Repetti – consigliere.  

Partiamo proprio dall'inizio. Come siete arrivati a predisporre la procedura per dare avvio alla ricerca di una nuova figura per la direzione del teatro. «Vorrei ricordare che lo statuto del nostro teatro prevede che la scelta sia tutta nelle mani del Cda. In qualsiasi momento quindi è possibile procedere anche per nomina diretta», si vedano gli artt. 19 e 20 dello Statuto del Teatro Nazionale di Genova. «Abbiamo comunque voluto predisporre una Manifestazione d’interesse a partire da un'osservazione scrupolosa rispetto a quelle di altri enti e teatri ma anche vagliando altre tipologie di bandi. Alla fine ci siamo ispirati a quella non vincolante per la direzione del Teatro Argentina di Roma (novembre 2018, ndr)».

Che tipo di documentazione e passaggi erano previsti? «Si prevedeva la raccolta di manifestazioni di interesse tramite CV, quindi delle audizioni, per poi arrivare alla scelta». 

Sono arrivate 11 candidature, solo 5 però era previsto passassero alla fase successiva quella dei colloqui. C'erano tra queste 11 anche figure note del teatro a livello locale? «Sì c’erano anche Sergio Maifredi, Alberto Giusta, e Andrea Liberovici il cui CV però è arrivato fuori tempo massimo. Tra questi 11 solo 5 avevano i requisiti richiesti quindi abbiamo proceduto con 5 colloqui. Tra questi 2 candidati presentavano caratteristiche migliori rispetto agli altri 3: uno è l'attuale direttore del Teatro di Liegi, Serge Rangoni, l'altro Luca De Fusco».

Gli altri tre erano Salvatore Bitonti, dell'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, il regista Massimo Luconi regista e docente presso il Centro Internazionale delle Arti dello Spettacolo Franco Zeffirelli e fino al 2014 direttore artistico del Metastasio di Prato (TRIC) e Gennaro Di Benedetto, sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari (fino al 2012), già al Carlo Felice dal 2003 al 2008 in passato, Di Benedetto è stato anche responsabile del personale allo Stabile di Genova.

Come sono andati i colloqui? «Nessuno dei due candidati - Rangoni e De Fusco - ha riscosso una vera maggioranza per cui abbiamo deciso di annullare la procedura. E ci siamo presi una settimana di tempo per capire se su uno di questi due nomi si potesse trovare maggioranza ma avere anche il tempo di guardarci intorno».

Si poteva annullare la procedura legata alla manifestazione d'interesse? La risposta si trova sul medesimo documento in cui all’Articolo 11 (Disposizioni finali) si legge quanto segue: "Tenuto conto della natura privatistica della presente selezione, l'Ente si riserva comunque la facoltà di sospendere o annullare in qualsiasi momento la selezione medesima e di non procedere all'assegnazione dell'incarico senza che ciò comporti qualsivoglia posizione qualificata e/o diritto al risarcimento danni in capo ai candidati". Il che significa che c'è stata «una votazione specifica per la chiusara della manifestazione di interesse».

Come ha dichiarato lui stesso in varie interviste, il consigliere Alessandro Giglio è entrato in contatto con Davide Livermore e presentatagli la prospettiva di candidarsi ne ha raccolto la disponibilà. A questo punto cosa è successo? «Questa dichiarazione di Livermore ha cambiato le carte sul tavolo. Si sono fatti vari paragoni... dal Metha del teatro allo Schumacher del teatro, al di là delle visioni individuali, lo abbiamo convocato a colloquio, quindi c'è stata la votazione che ha dato l'esito che tutti conosciamo: 4 consiglieri su 5 a favore, unico contro, Carlo Repetti».

All'interno della discussione intorno alla nomina, uno degli argomenti caldi è che il CV di Livermore non corrisponda ai criteri della manifestazione di interesse. «La prima considerazione da fare è relativa alla forma: Livermore non era tra chi ha presentato la manifestazione di interesse. Quindi la sua candidatura si colloca come estranea ai criteri fissati da quel documento. Nella sostanza, invece, Livermore è direttore del Palau des Arts di Valencia, un teatro da 25 milioni di euro di fatturato (quindi oltre 8 volte i parametri che avevamo fissato). Inoltre lo ha gestito in equilibrio di bilancio, con un +60% di crescita di pubblico. Senza contare che il regista torinese vanta anche la competenza della direzione di un piccolo spazio il CineTeatro Baretti in una zona non facile di Torino, quindi dimostra anche una certa duttilità nelle sue capacità gestionali su grandi e piccole sale e su contesti più o meno favorevoli che, data la nuova configurazione del Teatro Nazionale con le sue quattro sale, tra il centro e Sampierdarena, ci pare un elemento di estremo interesse e valore».

Effettivamente il CineTeatro Baretti negli anni ha rivitalizzato un quartiere. Avete pensato al ruolo che il nuovo direttore potrebbe avere nel costruire percorsi che possano stimolare nuovi percorsi per la Sala Mercato e il Teatro Modena? «Certo. Livermore parla perfettamente spagnolo e noi abbiamo un'ampia comunità di lingua spagnola in città che può essere un bacino di utenza per le nostre sale, in particolare a Sampierdarena, ma non solo. Con un intervento sul sociale e sul tessuto creato nel tempo e malgrado le criticità recenti vissute in seguito alla vicenda del Ponte Morandi, noi pensiamo che con Livermore sia possibile mutuare esperienze già fatte e senza dubbio immaginarne di nuove. Lavorare su lingue diverse dall’italiano ci permette di immaginare le nostre produzioni all'estero in tournée, cosa che per altro è già successa, per esempio, con un nostro spettacolo al festival delle scuole di teatro in Russia e quest'anno quando toccherà a Trilogy in two di Liberovici andare in scena a New York».

Ci sono poi preoccupazioni circa la situazione economico-finanziaria del teatro. L'attuale direttore parla di “uno squilibrio di un milione di euro” a cosa è dovuto? I tagli del FUS (circa 350mila euro) in sé non coincidono con questa cifra. Cosa è mancato? «La struttura dei costi non è stata rispettata pienamente. In primis perché il FUS è inferiore rispetto a quanto abbiamo messo a budget, non 350mila euro bensì 450mila in meno. Poi circa 400mila euro in meno sono da annoverare al capitolo delle sponsorizzazioni. Questo però riguarda una città che nell’ultimo anno ha subito una forte contrazione in seguito alla vicenda del Ponte Morandi. In generale, Genova ha meno sponsor e il Teatro Nazionale ne ha raccolti meno di quanti ne avevano Stabile e Archivolto separatamente».

Quindi come definirebbe questa decisione del Cda? «Una scommessa ponderata che guarda a un ulteriore rilancio. Pastore l’avremmo riconfermato ma lui ha dato le dimissioni l‘anno scorso - che per altro noi avevamo rifiutate. Restava la sua richiesta, presentata per tempo, di cercare altri. Vorrei sottolineare che Pastore porta a termine il suo contratto di 5 anni che si chiuderà a dicembre. Per quanto mi riguarda sono pienamente soddisfatto dell'operato dell'attuale direttore. Pastore ha sempre dichiarato di essere un direttore di transizione, che ha portato lo Stabile da TRIC con uno strato di polvere sopra, quale era quando è arrivato, a Teatro Nazionale pronto a rilanciare sul piano nazionale e internazionale. Questa sua affermazione non mi trovava d’accordo. Inizialmente, per me, lui era semplicemente il direttore. Effettivamente però devo concordare con lui, questo è quello che ha fatto: ha riportato Genova a giocare la partita tra i primi tre teatri italiani e a consolidare la situazione. Ora si trattava di proseguire nello stare in equilibrio o nel rilanciare. La scelta presa è espressione di un svolta in avanti». 

Chiusa l'intervista con il presidente Duci, passiamo brevemente alla fittissima agenda di impegni già assunti dal regista per i prossimi mesi, utilizzata da molti tra le argomentazioni a sfavore di Livermore. Diamo un rapido sguardo. Ci sono certo debutti che però viaggeranno su una geografia globale per toccare l'Eurasia (Europa e Russia) e nuovi continenti (paesi arabi e australia). Senza contare che l'incarico di Livermore sarà effettivo alla scadenza di quello in atto, quindi ragionevolmente dal gennaio 2020. Viene anche da pensare che vista la formula della programmazione triennale dettata dal MIUR, le linee generali sulla stagione 2020-2021 le lasci in eredità l'attuale direttore.

In sé la quantità di impegni già assunti per i prossimi 6 mesi non può rappresentare un grave danno perché c'è da immaginare che molto del lavoro previsto per il debutto sia già stato messo in piedi da tempo. Se si guarda poi alla qualità degli impegni, forse forse ci esce più un aspetto che ha il sapore di un valore aggiunto, ma vediamo perché. Il 7 dicembre si terrà come tradizione l'apertura della stagione del Teatro alla Scala di Milano e, per la seconda volta di seguito, tocca a Livermore la regia: l'anno scorso l’Attila di Verdi affiancando Riccardo Chailly, il Maestro e direttore musicale della Scala; quest'anno la Tosca. Non male immaginare che questo evento che riscuote un interesse a livello globale tra i melomani ma in senso più ampio anche tra gli amanti di teatro e musica porti il nome di chi è appena stato nominato, no?

All'inizio di gennaio 2020, Livermore presenterà la nuova produzione con la sua regia della Royal Opera House di Muscat (ROHM) del Flauto Magico, in Oman. Anche qui si tratta di una conferma delle capacità di Livermore che la scorsa stagione aveva curato l'acclamata coproduzione di Lakmé. Questa dell'Oman è un'occasione di un certo interesse e forse persino opportunità di rilancio per Genova tutta, visto che proprio Muscat in Oman da diversi anni collabora con il Galata Museo del Mare di Genova intessendo relazioni culturali intorno alla creazione di un loro Museo del Mare su indicazioni e consulenze tutte genovesi.

Ci fermiamo a questi due per ora e, per il resto, aspettiamo di raccogliere la testimonianza diretta di Davide Livermore.

Di Laura Santini

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