Teatro materico e sensoriale in Macbettu di Teatropersona. La recensione

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Genova, 31/03/2019.

Suono, polvere, pietre, corpi. Quattro dei cinque sensi sono costantemente sollecitati nel Macbettu di Alessandro Serra e della compagnia Teatropersona: l'udito, l'olfatto e il tatto, la vista (e persino il gusto seppur indirettamente e in una sola scena: quando il vino rosso viene versato per inebriare le guardie e facilitare il delitto).  Premiato in numerosi contesti  (UBU 2017 e ANCT), Macbettu in scena al Teatro Modena di Genova dal 29 al 31 marzo 2019, ha dal 2017 intrapreso una tournée internazionale tra Europa e Sudamerica e prossimamente sarà in Giappone. 

In apertura un suono prorompente e incalzante sconvolge il battito cardiaco in platea anticipando il destino di Macbeth e di fatto sintetizzando l'intera trama. Un tumulto di eventi nefasti, truci assassinii e biechi complotti in cui Macbeth si trasforma da leale e amato combattente nella figura del più meschino dei traditori, animato solo dalla sua avidità di potere. Il prorompente tamburellare metallico si fa impetuoso come un'onda che tutto travolge da cui alla fine emergono, come da un calderone in ebollizione, le streghe. Proprio quelle figure di donne con barbe da uomo che nella foresta Banquo fatica a credere creature terrene: "you should be women, and yet your beard forbid me to interpret / That you are so" (The Arden Shakespeare, Routledge, 1991).

Con una compagnia tutta maschile, come nel teatro elisabettiano, in questa produzione la femminilità è negata. Non c'è sensualità nella figura di Lady Macbeth, né tantomeno quell'insistere incalzante che l'ha speso resa motore dell'azione. L'idea di riproduzione naturale è spesso messa in discussione e la nascita da creatura femminile altrettanto nel testo originale ma qui passa in secondo piano. Non c'è quella fragilità del protagonista che è stata spesso messa in risalto in tante letture interpretative di questa tragedia, rendendo Lady Macbeth più determinata e sanguinaria del suo sposo. Si recupera forse, rispetto alla figura femminile, una lettura poco corrente, quella di Samuel Taylor Coleridge che in Lady Macbeth vide una creatura introspettiva tormentata dalla propria prepotente coscienza per una sfida che la vedrà perdente. 

Nessuna esitazione dunque ma un crescente fare efferato nell'appena nominato conte di Cawdor. In lui cresce sì ma una determinazione spietata che ribolle dentro colui che non dà nessun valore alla vita umana e una volta ucciso nel sonno il proprio re, punta esclusivamente a consolidare la posizione sul trono, debole per l'assenza di prole, ordinando l'uccisione di chiunque minacci la sua corona. In scena questi passaggi sono asciugati nella parola materica di un sardo che ha la concreta e ruvida precisione di un codice usato per un solo scopo l'agire innescato intorno a un delirio che ruota intorno all'idea di sopravvivenza, in un brutale ma letterale mors tua vita mea.

D'altra parte la dimensione visivo-compositiva della drammaturgia scenica prende il sopravvento: ora la vista si perde nella dimensione simbolica generata dai corpi che sono attenti esecutori di una partitura ritmica e puntuale, a cui le luci contribuiscono definendo il taglio da dare a gestualità, movimenti e alternanze. Tutto si svolge come un rituale e questo contribuisce a dilatare il senso e il valore di ogni passaggio, amalgama di segni linguistici e corporei.

Il suono è simbolo di forze ancestrali, legate al mondo della natura e ai quattro elementi. Impatta sui corpi in scena e sul pubblico senza escludere nessuno e si propone come personaggio ineludibile di un mondo in cui ogni fattore ha un suo preciso ruolo. Spesso ai sensi umani illeggibile. La polvere avvolge i corpi, ne espande e amplifica i movimenti. La polvere sembra far nascere ognuno dalla terra. Sembra riportare ognuno nella terra. Fasciando parti della scena o scivolando lungo profili di corpi o tavoli è anch'essa personaggio, elemento vivente che collabora alla svolgimento degli eventi e li accompagna. Strisciante presagio che sa dare un contorno materico all'ineludibile e allo spaventoso. Le pietre sono armi, sono punti di orientamento, sono case, sono piedistalli. Emblemi di statica solidità e crollo al contempo.

Nell'incedere arcaico, lingua, suoni, luci, polvere e interpreti ci portano dentro una trasposizione culturale del dramma shakespeariano che ce lo restituisce nella sua più cruda essenza, affatto cambiato. Assistiamo a quell'impasto di cui è fatta una storia ancestrale che si consuma tra rituali, consuetudini, tradizioni e superstizioni dimenticate ma incise nella memoria istintiva. Un'essenza fatta di naturale e innaturale, di battute in cui la carne umana è denudata, strappata, ferita né più né meno che quella delle bestie. Imperdibile.

29-31 marzo 2019 | Teatro Gustavo Modena

Macbettu
di Alessandro Serra, tratto dal Macbeth di William Shakespeare
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino
traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
musiche pietre sonore Pinuccio Sciola
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra
produzione Sardegna Teatro in coproduzione con Compagnia Teatropersona

Shakespeare trasportato in una Sardegna atavica e misteriosa e interpretato in sardo da soli uomini come nell’epoca elisabettiana. Scrive il regista Alessandro Serra: «L’idea nasce nel corso di un reportage fotografico tra i carnevali della Barbagia. I suoni cupi prodotti da campanacci e antichi strumenti, le pelli di animali, le corna, il sughero. La potenza dei gesti e della voce, la confidenza con Dioniso e al contempo l’incredibile precisione formale nelle danze e nei canti. Le fosche maschere e poi il sangue, il vino rosso, le forze della natura domate dall’uomo. Ma soprattutto il buio inverno. Sorprendenti le analogie tra il capolavoro shakespeariano e i tipi e le maschere della Sardegna. La lingua sarda non limita la fruizione ma trasforma in canto ciò che in italiano rischierebbe di scadere in letteratura. Uno spazio scenico vuoto, attraversato dai corpi degli attori che disegnano luoghi e evocano presenze. Pietre, terra, ferro, sangue, positure di guerriero, residui di antiche civiltà nuragiche. Materia che non veicola significati, ma forze primordiali che agiscono su chi le riceve».

Dopo una tournée che ha già toccato Spagna, Francia, Scandinavia, Balcani, Sudamerica e che dopo l’estate arriverà in Perù e Giappone, dal 29 al 31 marzo è in scena a Genova al Teatro Gustavo Modena il pluripremiato* Macbettu, che Alessandro Serra ha tratto dall’opera di Shakespeare. 

Premi*

  • Premio Ubu 2017 come Spettacolo dell'Anno
  • Premio della Critica Teatrale conferito dall'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro
  • Festival MESS Awards (Sarajevo): Best Director  – Alessandro Serra; The Golden Mask Award by Oslobodenje - Macbettu; The Luka Pavlovic Award by theatre critics - Macbettu   

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