In Sofia le donne e la società marocchina di oggi. La recensione

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Genova, 13/03/2019.

Lena guarda Sofia.
Sofia evita gli sguardi. Di Lena, di tutti.
Quando alza il capo, spesso abbassa le palpebre. Spesso si volta. Sofia e Lena sono due cugine, vivono in Marocco ma appartengono a contesti sociali diversi: piccola-media e alta borghesia. 
Eppure sarà proprio Sofia a portare Lena faccia a faccia con la cruda realtà della vita di una donna in Marocco. Sarà il disincanto interiore, la pura ragione pratica di Sofia a svelare a Lena la totale assenza di giustizia e morale in una società maschilista e dominata, come tante altre, da chi detiene il potere economico. 

Sofia è il film dell'esordiente Meryem Benm'Barek, che si è aggiudicato il premio per la Migliore sceneggiatura all’ultimo Festival di Cannes ed è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI.

Un'opera prima, sì, ma del tutto compiuta, intensa e ragionata. Al Cinema Cappuccini la regista, presente in sala per l'anteprima in lingua originale sottotitolata (che bellezza!), spiega la cura impiegata perché il film non corresse alcun rischio di censura in Marocco. Perché è in Marocco che il film è girato, in vari quartieri di Casablanca, ed è a quella società e a quella cultura che si rivolge in prima battuta. «Volevo che i temi del film suscitassero un dibattito, non come spesso accade però, in Francia ma all'interno della società marocchina», afferma con chiarezza Meryem Benm'Barek. Così è stato. La stampa marocchina arabofona, più popolare, ha accolto e recensito il film comprendendone a fondo le complesse tematiche in gioco. La stampa francofona è stata più fredda. Se andare al cinema non è opportunità concessa a tutti, la regista racconta come il film sia stato presto piratato e dunque diffuso per strada per pochi spiccioli. «Non mi fa certo piacere che il film sia visto in questo modo, ma la mia intenzione era che lo vedesse un numero molto alto di persone e sono consapevole che non tutti possono permettersi il lusso di andare al cinema, senza contare che non ce ne sono molti e che, come dappertutto, i pochi rimasti stanno chiudendo in Marocco». 

Per la regista al centro della pellicola ci sono i grandi temi: il potere, la condizione economico-finanziaria e le differenze di classe. Lena (Sarah Perles) e Sofia (Maha Alemi, attrice al suo debutto) sono due giovani donne che incarnano queste tematiche proponendo due formazioni e due caratterialità distinte. L'equilibrio che piano piano emerge nello sviluppo della storia tra le due personalità femminili è altrettanto centrale. Specializzanda in oncologia, Lena è una figura moderna che parla per lo più francese ed è cresciuta in un contesto privilegiato e raffinato. Sofia è schiva e introversa, ubbidiente e servizievole, cresciuta nel contesto della piccola-media borghesia marocchina, alterna il francese all'arabo, pare chiusa in un ruolo antico, di donna sottomessa e destinata alle faccende domestiche.

Una gravidanza clandestina, che la stessa Sofia ha negato a se stessa per nove mesi, determina un processo di crescita repentino e disincantato sia in Sofia che in Lena. Per le leggi marocchine (articolo 490 del codice penale) tutte le persone di sesso opposto che abbiano una relazione sessuale fuori dal matrimonio sono punibile con il carcere, fino a un anno. In preda alle doglie e di fronte alla rotture delle acque, come medico Lena è portata agire secondo un'etica superiore, legata al giuramento di Ippocrate opportunamente aggiornato, insomma a soccorrere Sofia portandola in ospedale. Senza documenti personali e senza un marito però entrare in un ospedale marocchino è impossibile - c'è molta sorveglianza. Così Lena sfrutta le sue conoscenze e porta Sofia nell'ospedale dove si sta formando. Insieme, Lena e Sofia, rintracceranno anche il presunto padre e la famiglia di Sofia seppur sconvolta e chiusa in un silenzio di rabbia sarà partecipe del tentativo di recuperare l'onore macchiato della famiglia. Nessun gesto né parola d'affetto sarà espressa nei confronti di Sofia, se non da Lena. L'unica cosa importante è sanare la faccenda in fretta ed evitare uno scandalo, specie in vista di un accordo economico molto favorevole per la famiglia di Sofia - il padre (Faouzi Bensaïdi) sta chiudendo un grosso affare rispetto a un'attività agricola di tipo industriale come si evince da un pranzo di famiglia all'inizio del film.

L'insistita attenzione della telecamera sulle due giovani donne è tale per cui la loro evoluzione si può vivere in tempo reale, nonostante la vicenda narrativa si estenda su più giornate. La vera verità sulla gravidanza di Sofia non emergerà che molto avanti nel film e la trama non arriverà a un senso di conclusione se non all'ultimo quadro, aggiungendo altre sfacettature non fattuali ma emotive su come si risponde alle forzature a cui la vita ci sottopone.

Potremmo dire un po' banalmente che la lotta di classe continua a creare vittime e produrre sfruttatori e mostri che abusano del proprio potere e in generale di chi è più vulnerabile. Potremmo dire che questo film racconta di come il destino di chi ha denaro è reso più facile, più gradevole, più sereno perché capace di trovare accordi commerciali anche sui valori umani, corrompendo l'integrità professionale e il valore di qualsiasi istituzione. Personalmente trovo questi grandi temi importanti ma collaterali a un racconto di formazione al femminile che propone due donne con i loro diversi strumenti, affettivamente private di ogni conforto, tentare di risolvere la propria condizione. Mi pare che la vicenda di Lena e Sofia potrebbe tranquillamente succedere in tanti angoli della presunta emancipata geografia europea, tanto più in Italia dove i violenti rigurgiti di feroce maschilismo non sono mai stati veramente cancellati tra violenza domestica, abusi, congressi e movimenti in nome di un'unica idea retrograda di famiglia. Tornando al film, si è al cospetto, di fronte a Lena e Sofia, di due modi di vivere e ragionare, di due modi di sognare e guardare al futuro individuale. Ognuna ha un suo personalissimo disincanto, non rinuncia però a tracciare un percorso, seppur ideale, che possa portare a piccoli momenti di felicità, nonostante tutto.

L'amarezza che prova Lena è forse fisicamente e socialmente irrilevante ma il suo sguardo sorpreso di fronte agli imprevisti racconta di un ingenuità verso i fatti della vita concreta, che proprio il contesto privilegiato le hanno acquistato a sua insaputa. Lena guarda Sofia e continuamente ci fa pensare e se fosse stata Lena nei panni di Sofia? Semplice la madre (Lubna Azabal) - a sua volta reduce da un compresso precoce per una vita agiata senza amore - avrebbe comprato il silenzio di un ginecologo e magari l'avrebbe portata in Francia insieme alla neonata. La gravidanza stessa però non sarebbe capitata a Lena che - non sappiamo ma si evince da qualche dialogo - ma propabilmente ha già avuto le sue personali esperienze sessuali fuori dal matrimonio e si può permettere economicamente e culturalmente la pillola o altra forma anticoncezionale.

L'evoluzione culturale, la maturità come cittadina di Lena è frutto del suo percorso di studi, di una vita moderna in cui ha potuto godere i benefici dell'emancipazione femminile cresciuta sui sacrifici di chi è venuto prima: la madre di Lena, sposatasi solo per assicurarsi un futuro agiato per sé e la figlia. Le altre donne della vicenda, le altre madri, compresa Zineb, madre di Sofia (Nadia Niazi) sono conniventi con la cultura maschilista. Nessuna di loro prova tenerezza per la nuova nata, né qualche forma di pietas per Sofia. Tutte sono solo preoccupate di mantenere l'ordine e, come si dice da noi, quieto vivere (odiosa formula che implica mettere a tacere ogni conflitto e forma di protesta). Nessuno chiede mai a Sofia come sta. Solo Lena.

Come se il messaggio fosse: la nuova generazione è sola ed è con i soli suoi strumenti chiamata a salvarsi in un mondo che chi è venuto prima restituisce ingiusto e immorale.

Il film esce ufficialmente nelle sale in Italia giovedì 14 marzo 2019.

Da non perdere. 

Sofia (2018) - il trailer

regia di Meryem Benm'Barek
con Maha Alemi, Sarah Perles, Lubna Azabal, Faouzi Bensaïdi, Nadia Niazi, Hamza Khafif, Nadia Benzakour
produzione Francia, Qatar, Belgio, 2018
drammatico (età consigliata +13) - durata 85 minuti

Vincitore del premio per la migliore sceneggiatura ad Un certain regard all’ultimo Festival di Cannes, Sofia è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI, con la seguente motivazione: “Nella temperie culturale sul ruolo della donna nel mondo islamico, Meryem Benm’Barek esordisce alla regia con un film che scava in profondità sul senso di un cinema che sia politico ed estetico allo stesso tempo, in grado di riflettere sul reale interrogandosi anche sui codici morali e su una società in cui l’ipocrisia è l’unico veicolo di relazione, là dove il ‘vero’ viene invece ripetutamente censurato e nascosto”.

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