Cocteau e Shakespeare ne Le ragazze dis-graziate. Jorio tesse. Pesca anima

D. Aquaro

Genova, 11/01/2019.

Sulla scena un vecchio telefono nero con la cornetta. Lo stesso de L'amore  di Rossellini (1948), il film che il regista elaborò a partire da La voce umana, testo teatrale di Jean Cocteau, interpretato da Anna Magnani. Jorio cita Rossellini e Cocteau ma non ripercorre il tema di una donna disperata. In Le ragazze dis-graziate - in scena alla Tosse fino al 12 gennaio - Jorio chiede a Sarah Pesca di rap-presentare il conflitto esistenziale al femminile sulla questione dell'amore: senza veli (e con), senza appigli, senza tregua, sola. Dannatamente sola sulla scena. E l'attrice non arretra di un centimetro ma si butta nella sfida con prodiga spericolatezza portandoci sulle montagne russe di un'interiorità abitata, tormentata, auto-ironica.

Sfruttando la cinicità, l'ironia e il sarcasmo di Manganelli e Cioran, giocando con il lato sprezzante, scettico, perverso, beffardo della scrittura di questi autori, restituisce in forma grottesca e tragi-comica i passaggi più celebri di quei drammi shakespeariani in cui spiccano tante versioni diverse di amori strazianti e infelici attraverso figure femminili tutte originali: Giulietta dagli occhi brillanti nell'amore contrastato da Montecchi e Capuleti; l'ingenua Ofelia dell'Amleto, strumento di sorveglianza e controllo sul principe di Danimarca; la bella e fiera Desdemona di fronte alla cieca e morbosa natura di Otello; Lady Macbeth e il suo signore e complice nel delitto contro il sovrano d'Inghilterra; e, infine, la bella Lady Anna stregata dal carnefice del marito, Riccardo III.

Una partitura di parole inquiete che procedono come un flusso di coscienza, che si intersecano e si accendono l'un l'altra sfruttando come sempre anche la dimensione non mimetica della scena, per un gioco metateatrale, a cui Sarah Pesca si dedica con una concentrazione e un vigore che non lesinano su dolcezza e sfrontatezza all'occasione. Alle prese con un'irrequietezza testuale che rimanda a un disordine interiore, Pesca è precisa e raffinata nel portare sulla scena l'attrice che rappresenta, infilandosi e sfilandosi dalle pieghe delle eroine da vestire, e restituendo ad ognuna delle celebri figure uno sguardo, un tempo, un tono, una gestualità particolare. In sintesi un piccolo quadro per ognuna. Con un solo costume, su una scena fissa che le vede accanto uno scheletro comodamente seduto in poltrona (il regista? Shakespeare? l'amore?), l'attrice è anche magicamente e magistralmente le streghe di Macbeth.

Non c'è finzione, la rappresentazione è nuda e autocritica in questo senso, l'amore è quello vissuto da quelle donne, ma forse non è neanche soltanto l'amore al femminile, è la relazione a due nelle sue altalenanti scosse di dolcezza, di carnale passione, di veemente odio, di lascivo concedersi. La creatura che emerge sul palco finisce per assumere il carattere mitico e metamorfico di chi incarna l'uno e il diverso, l'altro e il suo opposto e così si completa, ma anche si disfa, perdendosi non appena la parte complementare sfugge, si perde, si presenta come lontana dalle aspettative.

Tra disincanto e incantamento, la dimensione romantica rientra in scena attraverso i suoni: la pioggia battente che accoglie la prima parte e alcuni stacchi musicali che definiscono (forse in modo troppo meccanico) alcune battute. L'amore è un po' come una bevanda inebriante, la stessa che Pesca assapora a grandi o piccoli sorsi per tutta la rappresentazione. Pozione magica, sì, che dona allo sguardo l'opportunità di vedere ciò che non c'è, di trovare quella bellezza che ognuno di noi si costruisce nella mente e forse nel cuore per scaldare a confortare il proprio sé.

Da vedere.

Teatro della Tosse - sala Campana
10 - 12 gennaio, ore 20.30

Le ragazze dis-graziate

da Shakespeare-Manganelli-Cioran
testo e regia di Mario Jorio
con Sarah Pesca

Questo spettacolo è il risultato di una serie di brevi pillole presentate a Bogliasco nel 2018 all'interno di Teatro in gîo, prima edizione della rassegna teatrale organizzata dalla rinnovata direzione della Proloco di Bogliasco che aveva dedicato così un focus al regista Jorio riprendendo anche un'altra applaudita produzione fitta di suggestioni beckettiane: Prima ero schizofrenica... ora siamo guarite  - alla Tosse nel 2013. Apprezzato in varie produzioni allo Stabile di Genova: dal Riccardo III (2012) a Detto Gospodin (2014) fino a Il tempo di Planck (2016) e, già noto, per la rinascita e il rilancio di Palazzo Fattinati nel lontano 2003 l'H.O.P. Altrove (Altrove - Teatro della Maddalena), Jorio sta lavorando ormai da due anni e mezzo a un ambizioso progetto produttivo, I Tupamaros: scrittura originale che prende le mosse dalla felice regia La lotta nella stalla realizzata nel 2013 intorno al testo di Mauricio Rosencof, per la Rassegna di drammaturgia contemporanea dello Stabile di Genova. L'intento è raccontare le vicende rivoluzionarie e politiche, molto rocambolesche, del Movimento di Liberazione Nazionale uruguayano, meglio conosciuto come movimento Tupamaros, di cui Rosencof - scrittore, drammaturgo, giornalista, assessore alla cultura di Montevideo - è stato capofila insieme a Pepe Mújica (presidente dell'Uruguay dal 2010 al 2015) nonché tra i sopravvisuti ai 12 anni di prigionia nel Calabozo, esperienza disumana raccontata nel prezioso volume La Memorias del Calabozo. 

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